Draghi bacchetta Germania e Paesi falchi del Nord: «Non si può dire no a tutto». «Serve un debito comune in Ue»

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Un’Unione europea tutta carte e normative, dove prevalgono gli interessi nazionali e che, nei fatti, sta dimostrando di non essere in grado di agire come un unico Stato. Un esempio è la Bussola della competitività che ha visto la luce il 29 gennaio, nata con l’obiettivo di dare una spinta all’Ue per quanto riguarda l’innovazione. Tanti gli strumenti, tra i quali proprio la 28° legislazione che punta a spianare la strada dal punto di vista fiscale, normativo e burocratico a tutte quelle aziende che vogliono investire sull’innovazione. Il problema è che per attuare gli obiettivi della Bussola servono tra i 750 e gli 800 miliardi di euro all’anno. Finanziamenti enormi che al momento l’Ue non è in grado di sostenere.

Gli obiettivi della Bussola della Competitività presentati il 29 gennaio

«Per aumentare la capacità di finanziamento, la Commissione propone una gradita razionalizzazione degli strumenti di finanziamento dell’Ue. Ma non ci sono piani per nuovi fondi Ue. Il metodo proposto è quello di combinare gli strumenti Ue con un uso più flessibile degli aiuti di Stato coordinato da un nuovo strumento europeo», spiega Mario Draghi nel suo discorso al Parlamento europeo. Questo significa che il successo della Bussola dipenderà, per la maggior parte, «dall’utilizzo da parte degli Stati membri dello spazio fiscale di cui dispongono e dalla loro preparazione ad agire all’interno di un quadro europeo». E questo è un problema perché all’interno dell’Ue ci sono paesi più indebitati come l’Italia che hanno uno spazio fiscale più ridotto e dunque una minore capacità di spesa.

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La soluzione è dunque quella di mettere in piedi degli strumenti comunitari, come la creazione di un debito comune. Anche perché «tempo fa, ancora prima della conclusione del rapporto, dissi a una riunione che non si può dire no al debito pubblico, no al mercato unico, no alla creazione dell’Unione del mercato dei capitali. Non possiamo dire di no a tutto, altrimenti bisogna essere coerenti, e ammettere di non essere in grado di mantenere i valori fondamentali per cui questa Unione europea è stata creata», ha detto Draghi puntando il dito verso i paesi Ue del blocco del Nord, capeggiati dalla Germania. «Quindi quando mi chiedete cosa sia meglio fare ora dico che non ne ho idea, ma fate qualcosa».

La troppa burocrazia vanifica i passi fatti

L’eccessiva burocrazia dell’Ue è poi un altro ostacolo alla realizzazione dei nuovi piani. «Se seguiamo le nostre consuete procedure legislative, che spesso richiedono fino a 20 mesi, le nostre risposte politiche potrebbero essere obsolete non appena vengono prodotte. Facciamo anche affidamento sul Parlamento affinché agisca da protagonista: per costruire unità politica, per creare slancio per il cambiamento, per chiedere conto ai decisori politici delle loro esitazioni e per realizzare un ambizioso programma d’azione», prosegue Draghi.

Innovazione: l’Unione europea si applica dazi del 45%

Bisogna ridurre le barriere interne, standardizzare, armonizzare, semplificare le normative nazionali «e spingere per un mercato che sia più basato sul capitale azionario». Queste azioni sono necessarie anche perché «abbiamo un mercato interno di dimensioni simili a quello degli Stati Uniti. Abbiamo il potenziale per fare leva sulle economie di scala, ma il Fondo monetario internazionale stima che le nostre barriere interne siano equivalenti a dazi del 45% sul manufatturiero e del 110% sui servizi». Inoltre, nella Ue «abbiamo scelto un approccio regolamentare che ha dato priorità alla cautela a discapito dell’innovazione, specialmente nel settore digitale. Ad esempio, il Gdpr (il regolamento Ue sulla tutela dei dati personali) si stima che abbia aumentato i costi dei dati del 20% per le imprese europee». 

Dazi sulla Cina hanno ripercussioni anche sulle aziende Ue

I dazi che gli Usa hanno messo sulla Cina sono un problema anche per le aziende europee. Il Dragone riverserà infatti la sua sovracapacità in Europa, colpendo ulteriormente le aziende europee. «In effetti – spiega Draghi – le grandi aziende dell’Ue sono più preoccupate per questo effetto che per la perdita di accesso al mercato statunitense. Potremmo anche trovarci di fronte a politiche ideate per attrarre le aziende europee a produrre di più negli Stati Uniti, basate su tasse più basse, energia più economica e deregolamentazione», ha specificato. «L’espansione della capacità industriale negli Stati Uniti è una parte fondamentale del piano del governo per garantire che i dazi non siano inflazionistiche», ha concluso Draghi. Ed è proprio per questo che l’Ue dovrebbe avere la capacità di agire come «unico Stato».

Mario Draghi e Ursula von der Leyen durante la presentazione del rapporto per la competitività europea. Rapporto che poi si è tradotto nella realizzazione della Bussola di competitività presentata il 29 gennaio 2025
Mario Draghi e Ursula von der Leyen durante la presentazione del rapporto per la competitività europea. Rapporto che poi si è tradotto nella realizzazione della Bussola di competitività presentata il 29 gennaio 2025

Su decarbonizzazione abbandonare ideologia

La neutralità energetica è la strada. Per ottenere una decarbonizzazione giusta e che non provochi problemi alle industrie europei e ai cittadini si deve «abbandonare l’ideologia e adottare un approccio neutrale basandoci sui fatti e i fatti sono due: uno è tagliare le emissioni» e il secondo «è raggiungere l’indipendenza energetica», spiega Draghi aggiungendo ce la decarbonizzazione non è negativa per la crescita se gli strumenti sono allineati. «Ecco perché continuo a dire che dobbiamo anticipare prezzi dell’energia più bassi, perché questo è un ingrediente essenzialmente ottimo per la crescita. Ma più in generale, quello che suggerirei su questo e’ di abbandonare l’ideologia e adottare un approccio che sia carbon neutral».

I prezzi alti del gas sono legati a cause autoprodotte dall’Ue

Gran parte dei fattori alla base degli elevati prezzi dell’energia nell’Ue sono autoprodotti, inclusi gli alti margini finanziari che si possono lucrare sul mercato, pertanto possono essere «cambiati», posto che si abbia la volontà di farlo.

Il rapporto Draghi ha infatti identificato una serie di ragioni per gli alti prezzi dell’energia in Europa e questi sono:

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

  • l’Ue non è un grande produttore di gas naturale
  • c’è un coordinamento limitato dell’approvvigionamento di gas naturale,
  • ci sono ritardi nell’installazione di capacità rinnovabile,
  • le reti sono sottosviluppate,
  • la tassazione è elevata e ci sono alti margini finanziari.

«Questi e altri fattori sono tutti causati da noi e quindi possono essere modificati, se abbiamo la volontà di farlo», conclude Draghi.

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