Domenica 16 febbraio, l’arcivescovo Gian Franco ha presieduto la Celebrazione eucaristica nella parrocchia di San Vincenzo a Sassari in occasione della Visita pastorale in città.
Di seguito si riporta l’omelia dell’Arcivescovo:
«Condividiamo la gioia della Visita pastorale. Qual è il senso della Visita pastorale? Già ieri sera lo abbiamo spiegato e messo in evidenza. La Visita pastorale consiste nel lavorare insieme per radunare attorno al Signore il popolo santo di Dio. Questo è il primo obiettivo della Visita pastorale: annunciare la Sua Parola.
Oggi, la Parola che il profeta Geremia ci dona porta al cuore di questa azione della Visita pastorale, di questo servizio, quando esorta il popolo dicendo che l’uomo che confida nell’uomo, che confida nella carne, nelle proprie forze, capacità e qualità, è destinato a non portare frutto. Anzi, tutto questo porta alla rovina e allontana il cuore dal Signore.
Ecco, credo che la Parola del profeta Geremia esprima molto bene il senso della Visita pastorale: esortare e invitare ciascuno di noi, le nostre comunità parrocchiali, e in modo particolare oggi la comunità parrocchiale di San Vincenzo, a portare il cuore al Signore, a non allontanarlo da Lui. In ciascuno di noi vi è la tentazione di allontanare il cuore. Ma cosa significa? Significa riporre la nostra forza, le nostre capacità di giudizio, di valutazione, i nostri sentimenti, soltanto in logiche umane, in mezzi e modi di pensare umani.
Il profeta dice che il popolo di Dio ha sempre trovato la sua forza e la via della vittoria conducendo il suo cuore al Signore. Tante volte nella Sacra Scrittura sentiamo il dolore di Dio per il cuore dell’uomo che si allontana da Lui.
La Sacra Scrittura si apre con la storia dell’umanità, quando Dio dona tutto ai nostri progenitori: la gioia piena, la pienezza della vita. Tuttavia, a un certo punto, Dio prova grande dolore perché i progenitori hanno allontanato il loro cuore da Lui. In loro si è radicata l’idea, la tentazione, che Dio fosse un avversario e non un Padre. È la tentazione insinuata dal serpente.
Eppure, il dolore che Dio prova si apre a una prospettiva di speranza: Egli annuncia all’umanità una nuova stagione di vita, una nuova possibilità. E questo mi sembra davvero importante. Dio cerca il cuore dell’uomo, anche quando questo si è allontanato e ha percepito in Dio non un Padre, non una presenza d’amore, ma un rivale.
Lungo il cammino dell’Esodo, a un certo punto, il cuore del faraone si indurisce di fronte alla richiesta di Dio di liberare il Suo popolo: è un cuore lontano, non disponibile ad ascoltare la voce di Dio. Ma anche il popolo di Israele, chiamato a compiere un itinerario di liberazione, inizialmente esulta e gioisce per questa promessa e questo dono. Tuttavia, a un certo punto, sente il timore di essere stato abbandonato da Dio. Ed ecco che arriva la tentazione: “Oh, se fossimo rimasti in Egitto! Quando eravamo schiavi stavamo meglio”. Ma Dio interviene. Quando il popolo cede all’idolatria, Dio dice: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me”.
I profeti costantemente esortano alla fedeltà al Signore: durante la deportazione a Babilonia e poi nel ritorno a Gerusalemme, ricordano che la fedeltà del cuore al Signore è il fondamento, perché Dio è vicino anche nei momenti di tristezza, sconforto, dolore e prova, quando il cammino diventa faticoso e pesante.
Ecco, allora, tutta la storia della salvezza è segnata dall’esortazione di Dio, dal Suo incoraggiamento a riportare il cuore a Lui. Questa è anche la via della conversione.
La Visita pastorale, in fondo, è un’esortazione, un momento di verifica, di riflessione davanti al Signore per chiederci: il nostro cuore è legato a Dio o ad idoli? Il nostro cuore è preso dall’idolatria di altre cose, oppure questa porzione del popolo di Dio – le parrocchie della nostra Chiesa Turritana, della Chiesa particolare, della Chiesa locale – è un popolo che lega il suo cuore al Signore? Ritornare con tutto il cuore: questo è frutto di vita, è frutto di rinascita.
Oggi le nostre comunità parrocchiali sono chiamate ad affrontare le sfide di un grande cambiamento sociale e culturale. Certamente, le strategie sono importanti, i mezzi sono utili, ma il fondamento di tutto è ancorare la vita nell’ascolto del Signore.
Una parrocchia dove fonda questa esperienza di ascolto? Anzitutto nell’Eucaristia domenicale, il giorno del Signore. Questo è il luogo privilegiato, il punto essenziale: ascoltare la Parola, spezzare il pane eucaristico, servire e amare i fratelli più poveri. Perché poi l’Eucaristia ci apre alla missione, alla missione della carità e alla missione dell’annuncio.
Questa è la prospettiva nella quale desideriamo muoverci: un momento di crescita, un’opportunità che il Signore ci dona, una grazia che ci offre per metterci in un atteggiamento di fede.
La Visita del Vescovo è la visita del pastore della Chiesa, che viene per sollecitare e incoraggiare la comunità a fondare la propria vita nel Signore.
Può essere anche un momento di verifica e di valutazione: ciò che è buono va portato avanti, mentre ciò che necessita di essere migliorato può essere affinato con accorgimenti particolari. Ma, prima di tutto, è un’occasione per prendere consapevolezza che la comunità cristiana cammina nella misura in cui radica la sua vita nel Signore. Non vi è altra strada.
Questa è la via che Dio ci propone: una via di speranza, di fiducia, di amore, che siamo chiamati a seguire con fede.
Dunque, cos’è la Visita pastorale?
Anzitutto, un momento di fede. Un momento di famiglia, la famiglia dei figli di Dio.
Cos’è la parrocchia? È una famiglia di figli di Dio, battezzati, tutti partecipi dell’unica mensa eucaristica, la mensa della Parola.
Siamo chiamati a edificare questa famiglia – la famiglia di Dio. Come la famiglia naturale, ha bisogno di essere coltivata, di essere curata, di essere costantemente generata e rigenerata. Così anche la famiglia della Chiesa ha bisogno di essere costantemente formata alla scuola della Parola di Dio».
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