“A scuola e al mercato ci andiamo in funivia”. Lotta allo spopolamento alle pendici del Cervino

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«Chamois tutta la vita». Dasha Salamanca è una mamma di 44 anni e dice di aver fatto la cosa giusta quando a fine 2020 si è trasferita con marito e tre figli dal centro storico di Genova a questa manciata di case arroccate su un altopiano a 1.800 metri di quota nel cuore della vallata del Cervino, un posto dove il tempo si è fermato e in cui non esistono traffico, smog, semafori, clacson e Ztl e dove l’unica via di collegamento con il resto del mondo è una funivia.

È il secondo comune più alto d’Italia e l’unico off limits alle auto, l’asfalto lo hanno posato solo 15 anni fa in alcuni tratti. «La funivia è velocissima, eviti rischi di neve o ghiaccio, perdite di tempo per trovare parcheggio e così via. E poi se sai organizzarti c’è tutto quello che serve».

Dasha è un’informatica e con suo marito Mirko Melis, 47 anni, ha aperto un ufficio ad Antey-St-André, il paese da cui parte la funivia, e tutti i giorni va avanti e indietro per lavorare e portare i tre figli (uno di 10 anni e due gemelle di 5) a scuola e asilo. «È come una metropolitana e se devi portarti la spesa ti prendi il carrello oppure paghi il servizio di trasporto».

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Il biglietto andata e ritorno costa 5,50 euro. Le moderne cabine ti catapultano a Chamois in 4 minuti e 30 secondi in un viaggio mozzafiato, con un’unica campata fino al pilone a sbalzo che precede l’arrivo. Sotto i piedi 700 metri di vuoto. A dare il benvenuto ai visitatori sono due branchi di camosci che brucano serafici attorno al pilone.

Sono le 11 e sulla piazzetta della chiesa c’è un silenzio totale, rotto soltanto dal ronzio della vicina seggiovia. Il primo rumore di stampo cittadino, ossia un motore a scoppio, si sentirà soltanto due ore e mezza più tardi e sarà quello di una motoslitta.


Davanti al municipio è parcheggiata l’auto blu del sindaco, una mountain bike nera fiammante. Lui aspetta al primo piano, si chiama Mario Pucci, a giugno compirà 84 anni e nelle ultime elezioni la sua lista “Continuità Chamois Coraggio” ha vinto con 43 voti, dieci in più di “Chamois Paradise” guidata da Antoine Casarotto.

Qui è tutto in forma ridotta, con Pucci nella stanza c’è l’intera giunta, ossia due persone: il vicesindaco Mauro Torta, assessore al turismo e Laura Lanterna, con deleghe alla cultura e politiche sociali. Pucci è originario di Torino, Torta e Lanterna di Milano.

Il terzetto è la fotografia di uno dei problemi più grandi di questo scrigno perso tra le Alpi: il calo demografico. Un tempo vivevano 400 persone e c’erano bimbi sufficienti per tre scuole, oggi i residenti sono 105 ma gli abitanti effettivi sono la metà sparsi in sette villaggi e 14 chilometri quadrati di territorio.

Le scuole sono chiuse da tempo, idem la biblioteca con i suoi 5mila volumi «ma almeno quella vorremmo riaprirla dedicandola ai testi di montagna» dice Laura Lanterna. «Oggi abbiamo 8 bambini, per molti anni non ci sono state nascite – spiega Pucci – e per fortuna negli ultimi tempi sono arrivate qui due famiglie da fuori».

Il paese sta faticosamente cercando la via per sopravvivere allo spopolamento e gettare le basi di uno sviluppo solido, perché in pochi decenni si è passati dall’agricoltura e pastorizia di sussistenza al turismo che oggi rappresenta il 90% delle entrate.

Gli impianti di risalita (tre seggiovie gestite dalla Cervino Spa) faticano e registrano un rosso di 400 mila euro, ora si progettano family park al lago di Lod e altre strutture complementari. Servirebbero investimenti privati per nuovi alberghi ma al momento non ci sono: c’è solo un hotel a 4 stelle e un ostello, un tempo c’erano cinque alberghi.

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Ai Vip però piace molto questo isolamento, qui aveva preso casa e si era sposata Catherine Spaak e ogni tanto fanno capolino volti celebri del calcio, dell’Nba e del cinema.

Sotto l’arrivo della funivia c’è anche un altiporto, il primo in Italia, che il Comune vuole valorizzare: «Ci sono imprenditori interessati a investire per creare una scuola di volo. Poi stiamo progettando la Via del Pane, abbiamo mulino, forni, una coltivazione sperimentale di segale, e pensiamo a una comunità energetica. Guardiamo al futuro». Antoine Casarotto: «Il vero problema qui è dal lunedì al venerdì in cui c’è il deserto. Potrebbe essere una sorta di Venezia delle Alpi e invece…».


Patrick Rigollet è al lavoro nell’emporio di famiglia aperto dal nonno negli anni ’40, l’unico del paese, un negozio d’antan dove si trova di tutto, dalla giacca a vento alla passata di pomodoro. «Dovrebbero ampliare il parcheggio di Antey, così arriva più gente e se arriva più gente arrivano anche gli investitori che possono realizzare nuove strutture e così via».

Sara Rosset, che accoglie gli ospiti nel suo ristorante “Chez Pierina” in mezzo a un gran movimento, è contenta: «In alcuni periodi c’è persino troppa gente, ma ci servirebbe una spinta al turismo infrasettimanale».

Hermes Facchini amministra la pagina Facebook Chamois Paradise con oltre 7.300 iscritti, ma il futuro lo vede grigio: «Il paese è già morto, di questo passo diventerà un villaggio vacanza, non c’è alcun ricambio neppure nell’imprenditoria, basta vedere quel che è successo con gli alberghi. Siamo una macchina del tempo inchiodata e immobile e fermarsi vuol dire tornare indietro».

Un paese dal futuro incerto, ma con una certezza bipartisan: la funivia, voluta da un referendum nel 1953, non si tocca e l’idea di avere una strada e un turismo di massa non è un’opzione. L’unico collegamento alternativo oggi è la lingua di 4 chilometri che collega Chamois con La Magdeleine, pista di emergenza che d’estate si trasforma in una delle passeggiate più belle dell’intera Valle d’Aosta. Prima della funivia, la gente scendeva a valle dal sentiero Les Seingles, un’impresa da 93 tornanti e 700 metri di dislivello.

Luigi Bertschy, vice presidente della Regione e assessore ai Trasporti, è in linea con la popolazione e parla della funivia come «bene primario, è la strada del paese e la Regione è convinta di ciò, tanto che sono stati fatti investimenti importanti».

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Elvis Baravex, amministratore unico della Chamois Servizi, la società in-house comunale che gestisce la funivia (e tutti i servizi come rifiuti e pulizia strade), dice che «il 2024 è andato bene, 135 mila passaggi contro i 130 mila dell’anno prima, con punte di mille persone al giorno ad agosto».

La Regione stanzia circa un milione di euro l’anno perché i costi sono alti: 25 dipendenti di cui 21 destinati a funivia e teleferica per le merci, corse dalle 7 alle 22, 30 (e anche più tardi in alcuni periodi) per 365 giorni l’anno e personale in turno notturno per le emergenze.

C’è anche chi ha ipotizzato una terza soluzione: un ascensore nella roccia. Flavia Brulard ha fatto la tesi in ingegneria, pubblicata dal Politecnico di Torino, dedicata al collegamento con Chamois, ipotizzando uno scavo in verticale con il metodo del “raise boring” basato sulla perforazione dei pozzi petroliferi e un altro scavo orizzontale, costo totale 8,5 milioni.

Tra i vantaggi, ha scritto, «quello di poter essere usato senza interruzioni giorno e notte. E basterebbe un solo dipendente a presidiare l’intera opera in sotterraneo».

Il Comune intanto si accontenterebbe di un vigile urbano che non ha. Un paradosso nel paese senza auto? «No, stiamo preparando il concorso, anche Chamois è uno spaccato del mondo e c’è chi si sente libero di far quel che vuole, soprattutto in tema rifiuti» dice il vicesindaco Torta.

Cala il buio e tra le case resta solo qualche luce e una volpe a zonzo. A Chamois si dorme tranquilli, qui la criminalità non entra neppure nei dossier Istat: l’ultimo furto è dell’estate scorsa, qualche spicciolo dal fondo cassa, con i Diabolik delle Alpi che si sono adattati al luogo e sono scappati in bici. No, non li hanno presi.

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