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Tratto da:
Adista Segni Nuovi
n° 7 del 22/02/2025
L’università di Pisa assume l‘impegno a declinare le attività istituzionali nell’ottica della pace e dello sviluppo sostenibile, nonché a non partecipare ad attività legate alla produzione di strumenti da guerra. Lo fa attraverso le delibere del Senato accademico e del Consiglio di amministrazione che, all’unanimità, modificano lo Statuto inserendo in maniera espressa tali principi. Una scelta che infonde speranza e fiducia di fronte alla drammatica realtà in cui si è immersi, in un mondo ormai assuefatto all’idea della guerra, dove le industrie belliche aumentano esponenzialmente i loro profitti e le sorti delle umanità sembrano ritrovarsi nelle mani di un piccolo numero di super-ricchi (i “gigacapitalisti”). Una scelta, per fortuna, in controtendenza, se si pensa che negli ultimi anni il Ministero della Difesa ha promosso il Piano nazionale della ricerca militare (Pnrm), una sorta di contraltare del Piano nazionale della ricerca, gestito dal Ministero dell’Università, per sostenere lo sviluppo di armamenti sempre più efficaci e performativi, che finiscono per essere strumenti di morte e di distruzione.
In un clima di “follia” generalizzata, che arriva persino a considerare la guerra come un male accettabile e necessario per arrivare (un giorno, forse) alla pace, la scelta dell’università di Pisa è una vera e propria boccata d’ossigeno. Il quadro dei principi sui quali si costruisce la vita della comunità accademica è ora definito in maniera inequivocabile a favore della pace, dei diritti umani, della sostenibilità ambientale e sociale. In particolare, l’Università di Pisa «promuove una cultura di pace, il rispetto dei diritti umani e l’impegno per lo sviluppo sostenibile» (articolo 1); «riconosce la pace quale principio fondamentale e si impegna a promuoverne l’applicazione nell’ambito di tutte le proprie attività istituzionali», nonché «imposta le proprie attività su un criterio di responsabilità verso l’impatto che queste possono avere su società e ambiente, nel rispetto dei valori e dei principi sopra enunciati» (articolo 2); «condivide i principi della ricerca e innovazione responsabile» (articolo 3). Infine, ai sensi del “nuovo” articolo 4, la qualità della ricerca è valutata alla luce dei criteri della «ricerca e innovazione responsabile» e l’ateneo «non sostiene e non partecipa ad alcuna attività finalizzata alla produzione, allo sviluppo e al perfezionamento di armi e sistemi d’arma da guerra».
Queste modifiche incorporano i principi alla base del processo individuabile sotto l’acronimo: “RRI – Responsible Research and Innovation”. Il cambio di paradigma è evidente: i risultati della ricerca non possono essere validati esclusivamente o primariamente secondo le logiche del mercato, in un’ottica liberista. Al contrario, la scienza deve essere orientata a «sviluppare società più umane, giuste e inclusive» e a contribuire al «rafforzamento degli ideali di pace e benessere» (Unesco). La scienza non può che avere, quindi, uno sguardo di lungo periodo e rispondere a esigenze di giustizia sociale e distributiva.
Pisa è la prima università in Italia a operare una scelta del genere, assumendo una posizione netta per la costruzione della pace “positiva”. In tale accezione, il termine “pace” non indica tanto l’assenza di guerra (la pace “negativa”), quanto la messa in atto di azioni volte a costruire società più eque attraverso la cooperazione e l’armonia sociale. Peraltro, vi è da dire che il “primato” pisano matura in un contesto particolarmente fertile e sensibile su questi temi: nell’ateneo opera un Centro interdisciplinare di Scienze per la pace (nato nel 1998 come Centro interdipartimentale); nell’offerta formativa figurano una laurea triennale e una laurea magistrale in Scienze per la pace; è tra le università che hanno dato vita al primo dottorato in Italia in “Peace Studies”, nella forma di dottorato di ricerca di interesse nazionale; è sede del Coordinamento della Rete delle Università Italiane per la Pace (RUniPace).
La modifica dello Statuto dell’università pisana non vuole essere un’iniziativa soltanto simbolica. Quasi “a cascata” dovranno essere modificati diversi regolamenti interni per dare attuazione in concreto a quanto previsto dalle nuove norme. Nella pratica, comunque, l’impegno che assume l’università di Pisa si traduce anche nella rinuncia di finanziamenti su ricerche connesse, in maniera diretta o indiretta, allo sviluppo di armamenti. D’altronde, come ha sottolineato il rettore Riccardo Zucchi, sulle colonne del Corriere della Sera (5 febbraio 2025): «Non c’è beneficio economico che valga una vita spezzata».
Può apparire una scelta “coraggiosa” dinnanzi agli ingenti tagli sui capitoli di spesa pubblica in materia di ricerca. Ma la sfida è proprio quella di portare avanti un approccio alla scienza effettivamente “di pace”. Com’è ovvio, rimane aperto il tema del “dual use”, facendo riferimento alla molteplicità di studi, di tecnologie e di materiali che possono trovare applicazione tanto in ambito civile quanto in ambito militare. Una simile “duplice” natura, però, solleva complesse questioni etiche, in quanto l’impiego militare di strumenti nati e sviluppati per l’ambito civile può avere effetti negativi. Si pensi, semplicemente, alla proliferazione di armi (più aumenta la tecnologia e la reperibilità dei materiali più cresce la produzione di armi) o all’aumento degli scenari di guerra (più aumentano le armi più si intensificano i contesti di guerra), con le conseguenti violazioni dei diritti fondamentali. Certo, il “dual use” è da tenere in considerazione, ma è necessario stare attenti al rischio che una simile questione di carattere etico non si trasformi in un’etichetta, “interessi militari”, affini a quelli delle industrie della guerra.
Mentre queste industrie continuano ad arricchirsi, anche a causa di politiche pubbliche scellerate, l’università di Pisa sceglie di prendere le distanze da logiche di guerra e di violenza. Un esempio che si spera possa essere presto seguito pure da altri atenei italiani ed europei.
Luigi Mariano Guzzo è ricercatore di Diritto e religione all’Università di Pisa, dove insegna anche Diritto canonico e Diritto musulmano e dei Paesi islamici. Fa parte del Centro interdisciplinare di Scienze per la pace ed è componente del Collegio dei docenti del dottorato in Studi religiosi
*Foto presa da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza
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