L’8 luglio 2022, Salvatore Carollo, già manager Eni, in un articolo pubblicato da Staffetta Quotidiana[1], avanzava l’ipotesi secondo la quale la decisione del G7 (più la Norvegia) di imporre un embargo petrolifero alla Federazione Russa[2] avrebbe potuto determinare negli anni a venire il tramonto del greggio Brent come principale benchmark (riferimento) finanziario del mercato petrolifero globale[3], a vantaggio della contemporanea ascesa di altri greggi, a partire dall’emiratino Dubai[4], già oggi qualità di riferimento del mercato regionale del cosiddetto Far East, quotato nell’omonima Borsa[5].
Al tempo, Carollo evidenziò altresì che tale ipotesi fosse in linea con le aspettative di Sanusi Barkindo, il padre fondatore dell’OPEC Plus, scomparso in circostanze oscure proprio all’inizio di luglio 2022, in Nigeria.
Più precisamente, scriveva Carollo, “Immaginiamo, in uno scenario teorico, ma anche probabile che, a causa dell’embargo, ai flussi di greggio degli Emirati che vanno in Far East, si vengano a sommare oltre 6.000.000 b/g di greggio russo [che in precedenza muovevano in gran parte verso l’Europa centro-occidentale, così come negli Stati Uniti][6]. Assumiamo che, nella situazione di scontro frontale di sanzioni e ritorsioni, i greggi russi non vengano più quotati sulla base del Brent, ma di Dubai.
Ci troveremmo che il Dubai diventerebbe il benchmark con una liquidità fisica di base di oltre 8.000.000 b/g contro 1.000.000 b/g del Mare del Nord [scesi a 700.000 b/g nel 2023[7]][8]. Su questa base, potrebbe avviarsi una attività finanziaria sulla Borsa di Dubai di dimensioni assolutamente non prevedibile ad oggi. Tutte le operazioni di hedging (copertura finanziaria da rischi di fluttuazione) e di acquisti a futuri che oggi si svolgono sulla piattaforma del Brent potrebbero spostarsi su quella del Dubai. Una enorme liquidità finanziaria che oggi si sviluppa nei mercati della City potrebbe migrare a Dubai, Singapore e Tokyo”[9].
I dati che seguono, mettono in luce l’evoluzione, nonché la correttezza, dello scenario ipotizzato dall’ex manager Eni.
Nel Rapporto CER, intitolato “Il grande gioco dell’energia verso un equilibrio non cooperativo”, pubblicato il 13 marzo 2023, evidenziammo che, “a differenza della qualità Urals, ESPO non è però ancorato al prezzo del Brent, bensì al greggio emiratino Murban, oltre che al Dubai e, da agosto 2022 in poi, ha sostanzialmente cessato d’essere scambiato a prezzo scontato”[10].
Secondo le statistiche fornite dall’Amministrazione delle Dogane Cinesi[11], nel 2024, le esportazioni di greggio russo verso la Cina – scambiate in valute locali – hanno raggiunto 2.170.000 b/g (+1% anno su anno), il massimo da sempre, nonostante il contestuale calo della domanda petrolifera del Dragone (-1,9% anno su anno, il primo segno negativo da 20 anni, se si esclude il periodo Covid). Per di più, le esportazioni di greggio saudita verso la Cina sono nel contempo significativamente diminuite a 1.570.000 b/g (-9% anno su anno).
L’andamento dell’export di greggio russo verso la Cina trova giustificazione, sia in virtù dello sconto applicato al greggio russo e del contestuale calo dei margini dei raffinatori cinesi, sia di una precisa scelta politica di Pechino (fortemente invisa al G7, Usa in primis).
Il 12 dicembre 2024, la major russa Rosneft e l’indiana Reliance Industries, operante nel settore downstream (distribuzione), hanno firmato il più grande accordo petrolifero che sia mai stato stipulato tra i due paesi[12].
Nello specifico, il colosso statale russo fornirà quasi 500.000 b/g di greggio di diverse qualità e prodotti raffinati, equivalenti al 50% delle esportazioni totali via mare della Rosneft, per 10 anni. A prezzi correnti, il valore stimato del contratto è di circa 13 miliardi di dollari annui (nel corso del primo anno, il prezzo di vendita sarà quello di mercato).
Da un punto di vista politico, l’accordo cementifica la cooperazione tra i due paesi. Tuttavia, non si può nel contempo escludere che la stipula possa avere altresì creato qualche malumore tra sauditi ed emiratini, anch’essi desiderosi di approvvigionare il mercato petrolifero indiano, che già oggi contribuisce più di qualunque altro all’incremento della domanda petrolifera globale (Cina inclusa)[13].
Nonostante le importazioni indiane di greggio russo – scambiate anche in valute locali, dopo il 24 febbraio 2022 – siano attualmente in calo[14], a causa dell’ultimo pacchetto di sanzioni Usa, imposto dall’Amministrazione uscente alla Federazione Russa all’inizio del 2025, il 17 gennaio, la Reuters[15] ha fatto notare che l’inasprimento dell’embargo, oltre a ridurre l’offerta di petrolio russo tra i 7-800.000 b/g, un volume sufficiente a mantenere i prezzi dei benchmark più alti[16], ha costretto l’Indian Oil Corp (IOC), la major statale indiana, ad acquistare greggio mediorientale e africano per sostituire i volumi russi, compreso un carico di greggio Murban, che IOC normalmente non acquista[17].
Ironia della sorte, in base a quanto riportato dall’Autorità di Regolamentazione Navale Indiana[18], Nuova Deli ha altresì ampliato il bacino di assicuratori russi posteriormente le sanzioni statunitensi, permettendo alla compagnia assicurativa russa, Soglasie Insurance Company, di fornire copertura marittima alle petroliere che entrano nei porti indiani, al fine di un approvvigionamento costante di petrolio russo, che è più economico.
Il 2 gennaio scorso, un nuovo articolo di Salvatore Carollo, pubblicato da Staffetta Quotidiana[19], metteva in luce una seconda potenziale conseguenza dell’embargo petrolifero imposto dal G7 alla Federazione Russa – complementare alla prima e da noi precedentemente analizzata[20] – e cioè l’accelerazione del processo di de-dollarizzazione del mercato petrolifero globale portato avanti dai BRICS plus, nonché da alcuni membri dell’OPEC plus.
Secondo Carollo, “Trump ha capito la gravità della situazione ed ha lanciato il suo allarme minacciando i BRICS. Tuttavia, il problema va risolto alla radice. Per Trump, occorre che la Russia torni nel sistema Brent/Dollaro e che l’Arabia Saudita fermi gli ammiccamenti verso i BRICS” (la richiesta del Presidente Usa ai sauditi di abbassare il prezzo del barile mira invece a far saltare la neo Organizzazione dell’OPEC plus in quanto porterebbe Riad a “scaricare” Mosca)[21].
A tal riguardo, è opportuno precisare che il Brent, onde supplire alla forte riduzione fisica, che avrebbe prima o poi messo in crisi lo status di “riferimento” finanziario internazionale, ha dapprima incorporato altri greggi del Mar del Nord, diventando Bfoet (Brent, Forties, Oseberg, Ekofisk, Troll)[22], per poi rafforzarsi ulteriormente nel 2023 con l’inclusione del greggio statunitense Wti Midland, divenendo così espressione politica di entrambe le sponde dell’Atlantico[23].
Secondo l’Intercontinental Exchange[24], ad oggi, il Brent è benchmark dell’80% circa del greggio globale, fattore che conferisce a Donald Trump un potere negoziale comunque non indifferente, sia nei confronti di Vladimir Putin sul dossier Ucraina, sia nei confronti di Xi Jimping sul dossier commercio internazionale.
Nonostante una dipendenza energetica dall’estero rispettivamente pari al 60% e 75% circa, si constata la totale assenza di una propria posizione autonoma sul tema da parte di Unione europea e Italia.
Focus Usa
In conformità con le cifre dell’Oil Market Report, pubblicato dall’International Energy Agency il 15 gennaio 2025[25], la domanda globale di petrolio è stimata in aumento di 940.000 b/g nel 2024 (anno su anno, +100.000 b/g rispetto al Report del mese precedente), per complessivi 104.000.000 b/g, e di 1.050.000 b/g nell’anno corrente (anno su anno, -50.000 b/g rispetto al Report del mese precedente).
A ottobre, le scorte industriali dell’OCSE sono diminuite di 30.900.000 barili, per complessivi 2.778.000.000 barili, circa (91.600.000 barili al di sotto della media degli ultimi 5 anni).
A dicembre, la produzione petrolifera globale è aumentata di 20.000 b/g (mese su mese), per complessivi 103.500.000 b/g, in virtù della ripresa dell’output dei paesi africani dell’OPEC plus, mentre è stimata in crescita di 1.800.000 b/g nel 2025, per complessivi 104.700.000 b/g.
A novembre, le scorte industriali dell’OCSE sono diminuite di 20.100.000 barili a 2. 749.200.000 barili, 118.300.000 barili al di sotto della media degli ultimi 5 anni, il minimo da agosto 2022.
L’output di greggio statunitense (convenzionale e non), dopo il precedente picco di 9.627.000 b/g raggiunto ad aprile 2015, è decresciuto fino al minimo di 8.428.000 b/g toccato il 1° luglio 2016[26]. Dopodiché, ad esclusione della parentesi Covid-19, esso ha ripreso ad aumentare fino al record di 13.631.000 b/g, toccato il 6 dicembre 2024 (stime settimanali). Dal 24 gennaio 2025, l’output di greggio statunitense è di 13.240 b/g (stime settimanali, -345.000 b/g rispetto al 20 dicembre scorso).
Nonostante le esplicite, nonché ripetute richieste del Presidente statunitense, Donald Trump, l’impressione è che le compagnie Usa che operano nello shale continueranno a dare priorità alla disciplina finanziaria e al ritorno degli azionisti, più che all’incremento della produzione[27]. Inoltre, secondo quanto dichiarato da Standard Chartered[28] l’8 gennaio 2025, il rallentamento della crescita dell’output di greggio Usa proseguirà, sia nel 2025, sia nel 2026 il che, a differenza di quanto precedentemente stimato, comporterà un aumento della produzione petrolifera dei paesi non OPEC plus al di sotto di 1.000.000 b/g, in entrambi gli anni.
In base alle proiezioni divulgate da Baker Hughes[29] il 24 gennaio 2025, le 576 trivelle attualmente attive negli Stati Uniti, di cui 472 (81,9%) sono petrolifere, 99 gasiere (17,2%), più 5 miste (0,9%), risultano essere 13 in meno rispetto a quelle rilevate il 27 dicembre 2024, nonché 45 in meno rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente.
A ottobre 2024, le importazioni di greggio degli Stati Uniti d’America sono state 6.356.000 b/g, in calo di 100.000 b/g rispetto ad settembre[30]. Nei primi dieci mesi dell’anno in corso, la media delle importazioni statunitensi è stata di 6.592.000 b/g, in lieve calo rispetto ai 6.610.000 b/g nel 2023, ai 6.281.000 b/g nel 2022, ai 6.114.000 b/g nel 2021 e ai 5.875.000 b/g nel 2020.
NOTE
[1] Carollo S. 2022, “L’embargo petrolifero alla Russia può portarci al tramonto del Brent?”, https://www.linkedin.com/pulse/di-salvatore-carollo-lembargo-petrolifero-alla-russia-carollo, 8 luglio 2022.
[2] L’embargo imposto al greggio russo è ufficialmente entrato in vigore il 5 dicembre 2022, quello sui prodotti petroliferi russi il 5 febbraio 2023.
[3] “Dal 1978, il prezzo del petrolio non è più basato sulle transazioni di greggi fisici, ma su quelle del Brent finanziario (Ice-Intercontinental Exchange), i cui contratti sono scambiati essenzialmente nella Borsa di Londra per valori di trilioni di dollari al giorno. La nascita del mercato del Brent, voluta fortemente da Margareth Thatcher, consentì alla City di Londra di attingere ad una fonte di liquidità praticamente infinita e di trasformarla nella più grande piazza finanziaria dell’Europa e forse del mondo, seconda solo a New York”. Carollo S. 2022, “L’embargo petrolifero alla Russia può portarci al tramonto del Brent?”, https://www.linkedin.com/pulse/di-salvatore-carollo-lembargo-petrolifero-alla-russia-carollo, 8 luglio 2022. “Allora, la guerra fu vinta dalla signora Thatcher che, con l’aiuto di Shell, BP e la Borsa di Londra, e con il supporto dell’allora Presidente americano Reagan, impose al mondo del petrolio il Brent come nuovo benchmark, sostituendo l’Arabian light, espressione di un monopolio tradizionale e rigido. Carollo S. 2025, “I costi della difesa del petroldollaro per l’Europa”, Staffetta Quotidiana, 2 gennaio 2025.
[4] Più precisamente, il benchmark emiratino Dubai è composto dalle seguenti qualità: Dubai, Upper Zakum, Al Shaheen, Oman, and Murban.
[5] Da un punto di vista strettamente fisico, invece, a fronte di una domanda mondiale di circa 100.000.000 b/g nel 2022, il Brent (Dated Brent) – inteso come la somma di tutti i greggi del Mar del Nord britannici e norvegesi – pesava per meno di 1.000.000 b/g, mentre il Dubai – inteso come la somma dei greggi Mediorientali (EAU, Qatar e Oman) citati nella precedente nota – per 2.000.000 b/g circa.
[6] Precedentemente il 24 febbraio 2022, le importazioni statunitensi di greggio russo erano di poco inferiori alle importazioni statunitensi di greggio saudita, a loro volta pari a circa 400.000 b/g.
[7] Kennedy C. 2023, “U.S. Crude Joins Biggest Oil Benchmark”, https://oilprice.com/Energy/Oil-Prices/US-Crude-Joins-Biggest-Oil-Benchmark.html, 1° June 2023.
[8] In un articolo pubblicato il 7 gennaio 2025, anche il sito statunitense Oilprice evidenziava la possibilità che il greggio emiratino Dubai evolvesse da benchmark finanziario regionale a globale. Tuttavia, a differenza di Carollo, l’autore (Adi Imsirovic di Energy Intelligence) non prendeva in considerazione la possibilità che ciò avvenisse in virtù della scelta russa di quotare più i propri greggi sulla base del Brent, ma del Dubai per l’appunto, bensì solamente dopo avere incorporato nel proprio basket (paniere) le qualità di greggio saudita e iraniano. Kennedy C. 2025, “Middle East Oil Eyes Global Benchmark Status”, https://oilprice.com/Energy/Crude-Oil/Middle-East-Oil-Eyes-Global-Benchmark-Status.html, 7 January 2025.
[9] Carollo S. 2022, “L’embargo petrolifero alla Russia può portarci al tramonto del Brent?”, https://www.linkedin.com/pulse/di-salvatore-carollo-lembargo-petrolifero-alla-russia-carollo, 8 luglio 2022. Tuttavia, l’operato di Margareth Thatcher in ambito politico energetico, può presentare chiavi di lettura differenti rispetto a quella tendenzialmente apologetica di Carollo. “Nel 1978, all’inizio dell’era Maggie, la produzione di greggio del Mare del Nord ammontava a poco più di 1.500.000 b/g, mentre nel 1990 aveva oltrepassato i 3.500.000 b/g. Le entrate provenienti dall’esportazione di oro nero, nulle all’inizio degli Anni Settanta, erano così cresciute sino al 3% del PIL nel 1984/5 (45 miliardi di sterline del 2013), venendo a sostituire poco alla volta quelle derivanti dall’export dell’industria. In sostanza, si è venuta a determinare una modificazione qualitativa nelle entrate della Bilancia Commerciale di Londra (dal profitto alla rendita mineraria). Questo fattore, certamente poco discusso, è stato il presupposto economico che ha di fatto permesso la distruzione della manifattura britannica (e della classe lavoratrice inglese). Nel contempo, i britannici hanno ampliato il ruolo della finanza, la deregolamentazione dei mercati e l’afflusso di capitali alla City. Siamo così sicuri che la Lady di ferro sia stata “The woman who saved Britain” (“La donna che ha salvato il Regno Unito)? I norvegesi, ad esempio, non hanno utilizzato la rendita petrolifera e del gas naturale per diminuire le tasse ai ricchi, ma per investire in un fondo rivolto alle generazioni future. Nel 2013, un ipotetico fondo inglese era stato stimato attorno ai 450 miliardi di sterline. Purtroppo, il picco del greggio britannico è stato toccato nel biennio 1998-2000. Floros D. 2016, “Alle origini del Brexit, la Germania e Margaret Thatcher”, http://www.limesonline.com/rubrica/alle-origini-del-brexit-la-germania-e-margaret-thatcher?prv=true, 7 luglio 2016. Nel 2018, Oilprice stimò il valore che avrebbe avuto un ipotetico Fondo Sovrano britannico finanziato con i proventi derivanti dal Mare del Nord in 500 miliardi di sterline. Paraskova T. 2018, “UK Oil Wealth Fund Would Have Been Worth $703 Billion Today”, https://oilprice.com/Latest-Energy-News/World-News/UK-Oil-Wealth-Fund-Would-Have-Been-Worth-703-Billion-Today.html, 4 April 2018.
[10] Il prezzo del greggio russo ESPO, venduto in Asia, può essere agganciato anche al greggio Dubai, molto più diffuso e generalmente accettato in Far East. Di fatto, non esiste una regola fissa e nulla vieta alle due parti di usare un’altra qualità di greggio per traguardare obiettivi di prezzo più confidenziali. Il greggio russo Urals rappresenta il 60% circa delle esportazioni petrolifere totali della Federazione Russa, mentre il greggio emiratino Murban viene quotato presso la Borsa di Abu Dhabi. Assogna A., Fantacone S., Floros D. e Parco M. 2023, Rapporto CER n° 3/2022, “Il grande gioco dell’energia verso un equilibrio non cooperativo”, https://www.centroeuroparicerche.it/rapporti/rapporto-cer-3-2022/, 13 marzo 2023.
[11] Paraskova T. 2025, “Chinese Crude Oil Imports from Russia Rose to a Record High in 2024”, https://oilprice.com/Latest-Energy-News/World-News/Chinese-Crude-Oil-Imports-From-Russia-Rose-to-a-Record-High-in-2024.html, 20 January 2025.
[12] Kimani A. 2024, “Russian Rosneft, India’s Reliance Strike Biggest-Ever Oil Deal”, https://oilprice.com/Latest-Energy-News/World-News/Russian-Rosneft-IndianReliance-Strike-Biggest-Ever-Oil-Deal.html, 12 December 2024.
[13] Widdershoven C. 2024, “What The Largest-Ever Oil Deal Between India and Russia Really Means”, https://oilprice.com/Energy/Crude-Oil/What-The-Largest-Ever-Oil-Deal-Between-India-and-Russia-Really-Means.html, 12 December 2024.
[14] A causa dell’ultimo pacchetto di sanzioni, le importazioni indiane di greggio russo potrebbero teoricamente diminuire sino ad un massimo di 500.000 b/g. Bradstock F. 2025, “U.S. Sanctions Are Squeezing India’s Russian Oil Imports”, https://oilprice.com/Energy/Energy-General/US-Sanctions-Are-Squeezing-Indias-Russian-Oil-Imports.html, 26 January 2025.
[15] Slav I. 2025, “India Replaces Russian Oil With Mideast and African Barrels”, https://oilprice.com/Latest-Energy-News/World-News/India-Replaces-Russian-Oil-With-Mideast-and-African-Barrels.html, 17 January 2025.
[16] Kimani A. 2025, “Oil Price Rally Continues After U.S. Sanctions Russia’s Biggest Oil Sellers”, https://oilprice.com/Latest-Energy-News/World-News/Oil-Price-Rally-Continues-After-US-Sanctions-Russias-Biggest-Oil-Sellers.html, 13 January 2025. L’inasprimento dell’embargo ha riguardato tutte le esportazioni di petrolio russo, non solo quelle verso l’India. Da un punto di vista strettamente logistico, le petroliere Aframax, che servivano le esportazioni di greggio dai porti occidentali russi, sono quindi state reindirizzate sulla rotta Estremo Oriente-Cina per servire le esportazioni di greggio russo ESPO, uno dei preferiti dai raffinatori cinesi. Paraskova T. 2025, “Russia Reshuffles Tankers to Keep Shipping Oil to China After US Sanctions”, https://oilprice.com/Latest-Energy-News/World-News/Russia-Reshuffles-Tankers-to-Keep-Shipping-Oil-to-China-After-US-Sanctions.html, 22 January 2025.
[17] Kennedy C. 2025, “India Seeks Alternative Crude Pricing From Middle East as Shipping Costs Soar”, https://oilprice.com/Latest-Energy-News/World-News/India-Seeks-Alternative-Crude-Pricing-From-Middle-East-as-Shipping-Costs-Soar.html, 20 January 2025.
[18] Verma N. 2025, “India expands Russian insurers’ pool after US sanctions”, https://www.reuters.com/world/india/india-expands-russian-insurers-pool-after-us-sanctions-2025-01-22/, 23 January 2025. Kern M. 2025, “Sanctioned Russian Oil Tankers Get Temporary Reprieve in India”, https://oilprice.com/Energy/Crude-Oil/Sanctioned-Russian-Oil-Tankers-Get-Temporary-Reprieve-in-India.html, 24 January 2025.
[19] Carollo S. 2025, “I costi della difesa del petroldollaro per l’Europa”, Staffetta Quotidiana, 2 gennaio 2025.
[20] Secondo JPMorgan, nel 2023, il 20% del commercio globale di petrolio – pressoché 40.000.000 b/g, a fronte dei circa 100.000.000 b/g consumati – è stato regolato in valute diverse dal dollaro (all’incirca 8.000.000 b/g). Per un approfondimento, si rinvia il lettore a: Floros D. 2024, “Si rafforza il processo di de-dollarizzazione del mercato petrolifero globale”, https://www.centroeuroparicerche.it/rapporti/n-2-febbraio-2024-4/, 13 aprile 2024.
[21] Carollo S. 2022, “L’embargo petrolifero alla Russia può portarci al tramonto del Brent?”, https://www.linkedin.com/pulse/di-salvatore-carollo-lembargo-petrolifero-alla-russia-carollo, 8 luglio 2022.
Il 20 gennaio 2025, a latere del Forum di Davos, il Ministro dell’Economia saudita, Faisal bin Fadhil Alibrahim, ha dichiaro che il suo paese sta tutt’ora valutando l’adesione ai BRICS plus. Bercetche J., and Abu Omar A. 2025, “Saudi Arabia Is Still Assessing BRICS Membership, Minister Says”, https://www.bloomberg.com/news/articles/2025-01-20/saudi-arabia-is-still-assessing-brics-membership-minister-says, 20 January 2025. In merito alla richiesta di abbassare il prezzo del petrolio, secondo quanto dichiarato dalla Reuters il 28 gennaio, essa sarebbe stata categoricamente ignorata dall’Arabia Saudita, così come dagli altri membri dell’OPEC plus. Saba Y., El Dahan M., Lawler A. and Ghaddar A. 2025, “Saudi, other OPEC+ ministers meet after Trump calls for lower oil price”, https://www.reuters.com/business/energy/energy-ministers-saudi-arabia-iraq-libya-discuss-market-stability-2025-01-28/, 28 January 2025.
[22] Trattasi di greggi britannici e norvegesi presenti nel Mar del Nord.
[23] Kennedy C. 2023, “U.S. Crude Joins Biggest Oil Benchmark”, https://oilprice.com/Energy/Oil-Prices/US-Crude-Joins-Biggest-Oil-Benchmark.html, 1° June 2023.
[24] Ice: https://www.ice.com/brent-crude.
[25] International Energy Agency 2025, Oil Market Report, https://www.iea.org/reports/oil-market-report-january-2025, 15 January 2025.
[26] U.S. Energy Information Administration: http://www.eia.gov/dnav/pet/pet_sum_sndw_dcus_nus_w.htm.
[27] Paraskova T. 2025, “Shale Firms Stick to Discipline Despite Trump’s Drilling Plans”, https://oilprice.com/Energy/Crude-Oil/Shale-Firms-Stick-to-Discipline-Despite-Trumps-Drilling-Plans.html, 2 January 2025. Paraskova T. 2024, “Shale Investors Unlikely to Heed Trump’s Call for an Oil Boom”, https://oilprice.com/Latest-Energy-News/World-News/Shale-Investors-Unlikely-to-Heed-Trumps-Call-for-an-Oil-Boom.html, 24 January 2025.
[28] Kimani A. 2025, “Standard Chartered: U.S. Oil Production Growth To Decline In 2025”, https://oilprice.com/Energy/Crude-Oil/Standard-Chartered-US-Oil-Production-Growth-To-Decline-In-2025.html, 8 January 2025.
[29] Baker Hughes: https://bakerhughesrigcount.gcs-web.com/na-rig-count?c=79687&p=irol-reportsother (North America Rotary Rig Count (Jan 2000 – Current).
[30] U.S. Energy Information Administration: http://www.eia.gov/dnav/pet/pet_move_impcus_a2_nus_epc0_im0_mbblpd_a.htm.
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