Martedì 11 febbraio all’Asino che vola in via Antonio Coppi 12 una serata di canzoni «non mainstream»: «Io accoglierò gli artisti, i miei brani li lascio eseguire agli altri»
Provocatoria fin dal titolo: si terrà martedì alle 21 all’Asino che vola (via Antonio Coppi 12 d, info: 06.7851563), in coincidenza dell’avvio del festival di Sanremo, la serata «Noi non ci saremo», con la direzione di Luigi Grechi De Gregori. Che sia un’antidoto alla rassegna canora più famosa del Paese è evidente dal nome, non serve sottolinearlo. Luigi Grechi chiamerà sul palco considerato un’eredità dello storico Folkstudio di Trastevere nomi come Leo Folgori, Paolo Capodacqua, Leo Petrucci, Daniele De Gregori, Gaia Clarizia, Carlo Valente, Giovanni Block, Emilio Stella e tanti altri.
Cantautorato «non mainstream»
Esponenti di un cantautorato «non mainstream» che si vuole portare alla ribalta nei giorni in cui ogni altra voce che non provenga dal festival sembra venire inghiottita. «Il mondo della musica si ferma, non dovrebbe accadere – riflette De Gregori, che di Francesco è fratello, più grande di sette anni –. Come quando per il Venerdì Santo la Rai trasmetteva solo musica classica. Io resto geneticamente legato alla fucina del Folkstudio che la domenica pomeriggio si apriva ai giovani talenti». Emergenti che avevano i nomi di Francesco De Gregori, Stefano Rosso, Mimmo Locasciulli, Ernesto Bassignano, Antonello Venditti, Edoardo De Angelis, Rino Gaetano e diedero vita a una scuola romana dei cantautori. Seguendo questa traccia, all’Asino che vola vengono ospitati un martedì al mese musicisti al di fuori del circuito commerciale: «Purtroppo con la morte dell’illuminato gestore Giancarlo Cesaroni l’esperienza del Folkstudio finì. Ma per noi la scintilla non si è spenta».
«Il festival non è il posto giusto per i cantautori»
«Martedì la data coincide con l’inizio di Sanremo, così il confronto è venuto da sé – sorride ancora Luigi Grechi -. Da cantautore indipendente, ho smesso di esibirmi, le esecuzioni delle mie canzoni le lascio ormai a amici di palco come il pesarese Marco Sonaglia, ma all’Asino che vola ho chiamato a raccolta voci libere da tutta Italia: dal parmense Beppe Rossignoli, a Lucio Bardi chitarrista di tanti big, con brani propri, a Leonardo Petrucci con la sua passione per il country americano, a Leo Folgori da Roviano, paese a est di Roma. Diciamolo: il festival non è il posto giusto per il cantautorato, anche se quest’anno una maggiore apertura c’è: ad esempio sarà presente il nostro amico Lucio Corsi, complice la sua partecipazione a “Vita da Carlo III”. L’estate scorsa ha suonato con noi a Fiano Romano nella rassegna dedicata ai “Giovani del Folkstudio”».
«Il futuro della musica è nei live»
«La nostra scelta – conclude – va verso un ascolto attento, consapevole e silenzioso, cosa che non è possibile nei teatri o negli stadi scelti anche da Antonello (Venditti, ndr) e Francesco (De Gregori, ndr), davanti a migliaia di persone – misura le distanze -. Non sarà un mercato evoluto, ma è pur sempre mercato. Dopo aver pubblicato tanti dischi, ho smesso. Le vendite sono crollate, il mercato è crollato. Alla mia età ne ho viste di crisi terribili: la radio soppiantata dagli album registrati, questi dalla televisione con la predominanza dell’immagine degli artisti sulle loro capacità. Chissà quali sorprese ci riserva il futuro. Anzi un’idea ce l’ho». Quale?« Il futuro è nei live. Sarebbe opportuno che nuovi spazi nascessero. Locali di dimensioni limitate che facciano da fucine per grandi interpreti». Da lontano, per chi tiferà sul palco dell’Ariston? «Per Lucio Corsi! Non ho whatsapp, mi basta il pc per dire la mia».
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