Ladro in casa, si può sparare? La “legittima difesa” e la riforma ‘aggirata’ dai giudici

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La tutela dell’incolumità fisica nella propria abitazione (e in ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale) da intrusioni criminali è un diritto fondamentale dell’essere umano, che merita di essere difeso con fermezza. In Italia, le modifiche apportate all’art. 52 c.p. nel 2006 e nel 2019 hanno finalmente stabilito che chi si trova a fronteggiare il pericolo alla propria incolumità minacciato da un intruso nel proprio domicilio o nel luogo di lavoro non dovrebbe essere costretto a ponderare razionalmente la reazione: è il criminale a creare il pericolo e, pertanto, deve sapere che chi si difende ha diritto a usare ogni mezzo necessario, anche non proporzionato, per proteggersi.

Negli Stati Uniti, dove il possesso di un’arma è addirittura un diritto costituzionale, la “Castle Doctrine” e le “Stand Your Ground Laws” seguono la stessa impostazione, tutelando in maniera ancora più netta chi si difende da aggressioni in casa e non solo. Perfino la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), all’art. 2, comma 2, chiarisce che «la morte non si considera inflitta in violazione di questo articolo quando risulta da un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario […] per assicurare la difesa di ogni persona dalla violenza illegale». Questo principio universale, che parimenti non impone la proporzionalità tra attacco e reazione, conferma l’importanza del diritto di tutti di difendersi con ogni mezzo necessario all’interno della propria abitazione.

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Italia: la legittima difesa come diritto fondamentale del cittadino

L’art. 52 c.p. stabilisce una presunzione legale di proporzionalità in caso di difesa domiciliare quando:

1. si utilizza un’arma legalmente detenuta;

2. l’azione difensiva è rivolta a proteggere l’incolumità fisica propria o altrui;

3. vi è una minaccia concreta e attuale di aggressione alla persona.

Questo significa che chi trova in casa un intruso evidentemente intenzionato ad usare violenza alle persone non dovrebbe preoccuparsi di misurare la propria reazione: la legge gli riconoscerebbe il diritto di difendersi con forza, anche letale, quando il pericolo di aggressione fisica sia concreto. Non, invece quando venga in gioco il pericolo di una offesa al solo patrimonio. L’attuale formulazione dell’art. 52 c.p. consentirebbe, nel proprio domicilio, di rispondere con forza eccedente la proporzione anche ad una aggressione fisica non grave ed anche al semplice percepito pericolo di subirla. Si pensi, del resto, al rischio incombente su un anziano o su una donna, quando anche il pugno assestato da un malvivente disarmato potrebbe risultare fatale. In tal caso, se sussiste la minaccia concreta e attuale di aggressione fisica, le persone fragili avrebbero tutto il diritto di proteggersi.

Il codice penale, nell’attuale formulazione, tutela il diritto del cittadino a intervenire prima che la situazione degeneri e prima ancora che la violenza abbia inizio. Il problema, semmai, è provare ex post, nell’ipotetico processo, di aver percepito una minaccia concreta e attuale di aggressione fisica: se l’intenzione di colpire dell’intruso può essere desunta dall’esposizione di uno strumento atto a offendere, più complicato diventa provare il supposto pericolo in caso di malvivente non armato, ma parimenti violento e minaccioso, o di quello occultamente armato.

Il quarto comma dell’art. 52 c.p., infine, stabilisce che «agisce sempre in stato di legittima difesa» colui che respinge l’intrusione posta in essere con minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica. In altre parole, per il semplice fatto di entrare visibilmente armati in casa altrui, ogni reazione del proprietario dovrebbe essere considerata legittima e proporzionata. Non esisterebbe l’obbligo di “attendere” di essere aggrediti: la mera presenza di un intruso palesemente armato dovrebbe essere sufficiente a giustificare una reazione immediata e forte. Tanto premesso, l’art. 614 c.p. prevede pene severe per chi viola il domicilio altrui, ma è chiaro che l’unica vera deterrenza resta la consapevolezza del malvivente che entrare in casa di altri con intenzioni violente può costare la vita. Secondo il legislatore, chi si difende da un’intrusione violenta o che tale appaia non dovrebbe essere obbligato a cercare soluzioni meno violente: l’aggressione (effettiva, imminente o soltanto percepita o minacciata) è un atto arbitrario che chi ne è vittima avrebbe diritto a neutralizzare con ogni mezzo a disposizione.

Stati Uniti: autodifesa come pilastro della sicurezza

Negli Stati Uniti, la “Castle Doctrine” (o “difesa del castello”) stabilisce che la casa è un santuario inviolabile e chi vi entra illegalmente può essere affrontato con l’uso della forza letale. In tal caso, il proprietario della casa non ha il dovere di ritirarsi (se possibile) per evitare l’aggressione e sussiste la presunzione che la reazione mortale sia stata necessaria. In alcuni Stati, l’uso della forza letale è altresì consentito in caso di ingresso illecito e forzato in un’azienda o in un veicolo occupato. Questa dottrina è rafforzata in molti Stati dalla Stand Your Ground Law, che può essere utilizzata in luoghi ulteriori rispetto alla casa, all’attività commerciale o all’automobile. Mentre la “dottrina del castello” sostiene che non vi è alcun dovere di ritirarsi all’interno della propria casa, la dottrina “stand your ground” (“mantieni la tua posizione”) elimina il dovere di retrocedere ovunque una persona si trovi e ivi abbia la ragionevole convinzione di essere sotto minaccia imminente da parte di un’altra. Questa impostazione evita che i cittadini vengano criminalizzati per aver difeso la propria incolumità anche quando sarebbero state possibili soluzioni alternative.

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L’applicazione concreta

Le riforme normative del 2006 e del 2019 hanno finalmente previsto che, in Italia, la difesa domiciliare non dovrebbe mai essere considerata eccessiva quando è necessaria per proteggere l’incolumità fisica propria o altrui. Negli Stati Uniti questa tutela è ancora più ampia, con il riconoscimento esplicito del diritto di non indietreggiare davanti al pericolo e di eliminare immediatamente la minaccia. La legislazione italiana ha certamente compiuto un passo nella giusta direzione e ciò merita apprezzamento. Tuttavia, come è noto, l’effettiva efficacia di una riforma si misura nella sua concreta interpretazione e applicazione in giudizio, nel confronto con i principi giuridici generali e con le specificità di ogni caso.

Allora, se si esaminano le sentenze pronunciate sull’argomento, si ha l’impressione che la nuova normativa non abbia, in realtà, inciso in modo significativo sui tradizionali canoni interpretativi e applicativi della scriminante. Infatti, i giudici appaiono attestarsi nella considerazione che chi si difende deve comunque porre in essere una condotta che appaia, fra le possibili condotte difensive, quella meno lesiva per l’aggressore. Valutazione, questa, eminentemente soggettiva e difficilissima per le persone direttamente coinvolte.

Secondo la Corte di cassazione, infatti, l’uso di un’arma, legittimamente detenuta, costituisce una reazione sempre proporzionata nei confronti di chi si sia illecitamente introdotto, ma a condizione «che non siano praticabili condotte alternative lecite o meno lesive» (Cass. pen., Sez. I, Sentenza, 15/01/2020, n. 13191), il che rimette in gioco, direi integralmente, la presunzione di proporzionalità tra offesa e difesa che il legislatore aveva introdotto.

Purtroppo, però, “Adgreditus non habet staderam in manu” (chi è sotto attacco non ha una bilancia in mano), come dicevano i latini per evidenziare l’impossibilità di chiedere a chi si trova in una situazione di pericolo di ponderare freddamente la “giusta” misura della reazione. Quindi, come osservava Lucio Dalla in una nota canzone, «l’America è lontana, dall’altra parte della luna». Ed è questa la ragione per cui, nell’illustrare gli effetti della riforma, ho ripetutamente utilizzato il condizionale.

Giorgio Carta, 9 febbraio 2025

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