In anteprima “Bridget Jones. Un amore di ragazzo” e “September 5. La diretta che cambiò la storia”

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Oltre le apparenze. Parliamo di due film che rivelano un tema o un approccio inaspettato rispetto alle premesse iniziali. Anzitutto “Bridget Jones. Un amore di ragazzo” diretto Michael Morris, quarto capitolo della saga dedicata all’“antieroina” tragicomica creata da Helen Fielding nel 1996. A interpretarla la due volte Premio Oscar Renée Zellweger, che al di là del tracciato comico-sarcastico del racconto, questa volta si confronta con temi “densi” e importanti come la perdita della persona amata, l’elaborazione del lutto e le responsabilità educativo-genitoriali. Inoltre, dopo il passaggio a Venezia81 arriva in sala l’ottimo thriller storico “September 5. La diretta che cambiò la storia” firmato da Tim Fehlbaum con Peter Sarsgaard, John Magaro, Ben Chaplin e Leonie Benesch. È il racconto dell’attentato terroristico durante le Olimpiadi di Monaco del 1972 nella prospettiva dei giornalisti sportivi dell’emittente Abc.

Bridget Jones (Renée Zellweger) in Bridget Jones: Mad About the Boy, directed by Michael

Oltre le apparenze. Parliamo di due film che rivelano un tema o un approccio inaspettato rispetto alle premesse iniziali. Anzitutto “Bridget Jones. Un amore di ragazzo” diretto Michael Morris, quarto capitolo della saga dedicata all’“antieroina” tragicomica Bridget Jones, creata nel 1996 dalla giornalista Helen Fielding e al cinema dal 2001. A interpretarla la due volte Premio Oscar Renée Zellweger, che al di là del tracciato comico-sarcastico del racconto, questa volta si confronta con temi “densi” e importanti come la perdita della persona amata, l’elaborazione del lutto e le responsabilità educativo-genitoriali. L’impianto narrativo è sempre pop, con un umorismo frizzante e anche un po’ a briglia sciolta, ma non mancano suggestioni interessanti e commoventi. Inoltre, dopo il passaggio a Venezia81 arriva in sala l’ottimo thriller storico “September 5. La diretta che cambiò la storia” firmato da Tim Fehlbaum con Peter Sarsgaard, John Magaro, Ben Chaplin e Leonie Benesch. È il racconto dell’attentato terroristico durante le Olimpiadi di Monaco del 1972 nella prospettiva dei giornalisti sportivi dell’emittente Abc. Uno sguardo originale su una storia più volte trasposta sullo schermo che diventa una lezione di giornalismo e di comunicazione audiovisiva. Sorprendente.

“Bridget Jones. Un amore di ragazzo” (Cinema, 14.02; 27.02)
Fenomeno letterario e audiovisivo pop, etichettato in passato anche come “Chick Lit” – ovvero racconto di evasione profilato per un pubblico per lo più femminile –, il ciclo “Bridget Jones” uscito dalla penna della giornalista Helen Fielding nel corso di venticinque anni, e con quattro film, ha subito una trasformazione. Un’evoluzione che va dalla leggerezza iniziale giocata tra l’irriverente e lo scacciapensieri alla commedia odierna di stampo brillante con lampi di senso, una proposta che rinuncia a un umorismo di superficie per guadagnare profondità.

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Il quarto e ultimo capitolo della saga è “Bridget Jones. Un amore di ragazzo” diretto Michael Morris (suo è “To Leslie”, 2023) e vede ancora una volta protagonista Renée Zellweger, attrice statunitense due volte Premio Oscar – la prima statuetta arrivata nel 2004 per “Ritorno a Cold Mountain”, la seconda nel 2020 per il biopic “Judy” – insieme agli attori britannici Chiwetel Ejiofor e Leo Woodall. Nel cast tornano (come cameo) Hugh Grant, Colin Firth, Emma Thompson, Gemma Jones e Jim Broadbent. Il film è nei cinema con Universal Pictures in anteprima il 14 febbraio e poi regolarmente dal 27 del mese.

La storia. Londra, oggi. Bridget Jones sta attraversando un periodo difficile, perché il suo amore di sempre, il marito Marc Darcy, è morto in una missione in Sudan. A lei spetta il compito di crescere i due figli preadolescenti e provare a rimettersi in partita con la vita. Due gli incontri che lasciano il segno: il giardiniere ventinovenne Roxter e l’insegnante di Scienze Scott Wallaker…

(from left) Mabel Darcy (Mila Jankovic), Bridget Jones (Renée Zellweger) and Billy Darcy (Casper Knopf) in Bridget Jones: Mad About the Boy, directed by Michael Morris.

Cos’ha di diverso quest’ultimo capitolo dedicato all’“antieroina” londinese, ex single in (disastrosa) carriera divenuta moglie e madre felice? Bridget Jones resta una pasticciona dal cuore buono, trascinante e simpatica. Tra i suoi pensieri non ci sono più amori idealizzati, valzer di cocktail o irresistibili goffaggini: Bridget deve assorbire il colpo della perdita dell’uomo amato un’intera vita, Mark Darcy, e al contempo tenersi in piedi per essere una buona madre per i due figli preadolescenti. Sia chiaro, non è un dramma, resta sempre una commedia simpatica e brillante. La differenza rispetto ai precedenti è che Bridget Jones rivede le ascisse e le ordinate delle sue priorità, occupandosi questa volta di vita vera, tra sentimenti, mancanze, dolorose perdite e responsabilità educative.

C’è sempre l’abbaglio seduttivo in chiave pop, è il (Toy) Boy del titolo. In verità la commedia non si spiaggia nella banalità prevedibile, ovvero dell’anteporre soluzioni avventurose alle responsabilità. Qui troviamo invece un’antieroina che diventa eroina: capisce, come molti le dicono, a partire dall’amato padre (sempre favoloso Jim Broadbent), che dopo il lutto non può limitarsi a sopravvivere ma deve ritrovare la scintilla per vivere di nuovo in pieno. E poi deve essere una madre presente, attenta a cogliere le esigenze e le fragilità della crescita dei due figli. In questo, la commedia regala alcuni passaggi splendidi e persino commoventi (come i messaggi con palloncini affidai alla memoria dell’amato Mark Darcy). Un film divertente, sempre scacciapensieri, che però schiude suggestioni piacevolmente inattese. Una commedia tarata sempre per un pubblico adulto che voglia coniugare note pop con riflessioni. Consigliabile, problematico-brillante.

“September 5. La diretta che cambiò la storia” (Cinema, 13.02)
Una bella sorpresa il thriller-dramma storico “September 5. La diretta che cambiò la storia” firmato dallo svizzero Tim Fehlbaum. Presentato in anteprima nella sezione Orizzonti Extra all’81a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia (2004), il film è nei cinema con Eagle Pictures dal 13 febbraio nel pieno della corsa ai Premi Oscar, dove è candidato per la miglior sceneggiatura originale. L’opera si confronta con il terrorismo di matrice antisemita, con il tragico assalto alla squadra israeliana durante le Olimpiadi di Monaco del 1972. A ben vedere, però, l’autore non mette in primo piano la vicenda – il confronto con il film “Munich” di Steven Spielberg del 2005 sarebbe stato difficile –, ma la affronta dalla regia di una redazione giornalistica televisiva della Abc. Tutto il film è giocato nel perimetro della comunicazione e della professione giornalistica, tra l’urgenza di dare la notizia, il desiderio di scoop e la responsabilità della verifica dei fatti, delle fonti. Protagonisti gli ottimi Peter Sarsgaard, John Magaro, Ben Chaplin e Leonie Benesch.

La storia. Monaco, 5 settembre 1972, Giochi olimpici. Nel cuore della notte nella redazione sportiva dell’emittente statunitense Abc alcuni giornalisti e operatori sentono degli spari arrivare dal villaggio sportivo. Subito partono i primi controlli e una troupe viene inviata direttamente nella zona degli alloggi: si comprende che è in corso un attentato contro la squadra israeliana. Parte la lunga diretta. Alla guida della redazione c’è il veterano Roone Arledge, alla regia è stato appena ingaggiato il giovane Geoff Mason. Tra gli operatori di lungo corso Marvin Bader affiancato dalla giovane interprete tedesca Marianne…

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Roone Arledge (Peter Sarsgaard), Hank Hanson (Corey Johnson), Jacques Lesgardes (Zinedine Soualem),
Geoff Mason (John Magaro), Carter (Marcus Rutherford)
Gladys Deist (Georgina Rich), Marvin Bader (Ben Chaplin), Marianne Gebhard (Leonie Benesch) star in Paramount Pictures’ “SEPTEMBER 5” the film that unveils the decisive moment that forever changed media coverage and continues to impact live news today, set during the 1972 Munich Summer Olympics.

“Quello che mi ha attratto di ‘September 5’ – ha dichiarato il regista – è la speciale angolazione da cui viene raccontata la storia. Volevamo far luce su un aspetto di questa tragica giornata durante le Olimpiadi di Monaco del 1972: il ruolo dei media. Concentrandoci sulla prospettiva del reporter, ci confrontiamo con i dilemmi morali, etici, professionali e, in ultima analisi, psicologici dei giornalisti”. Tim Fehlbaum dà bene la linea del suo film, indicando dove è direzionato il racconto: recuperare la memoria storica dell’evento e al contempo allargare il campo dello sguardo, soffermandosi su uno degli attori in campo, ossia ruolo di giornalisti, Tv e media in generale.

Il film corre veloce come un thriller compatto e serrato, approfondendo soprattutto la psicologia dei personaggi, entrando nelle stanze della mente del gruppo di giornalisti e operatori chiamati a dare la notizia, a gestire lo scoop evitandone la spettacolarizzazione e facendo un racconto che rispetti etica e professionalità. Fehlbaum passa in rassegna i pensieri, le fibrillazioni di ogni elemento della piccola redazione, tra ambizioni, adrenalina, valori e timori. Così i fatti, i tasselli della storia, si impastano a riflessioni ed emozioni dei protagonisti. Un racconto che abita le 24-48 ore degli accadimenti (dal 5 al 6 settembre 1972), senza ulteriori indugi o sbavature. Tutto è circoscritto lì, a quelle ore e a quella redazione, il resto è sfumato sullo sfondo. Anche la chiusura, per tali motivi, appare asciutta, quasi sbrigativa, allo scadere della diretta. Un film che ha carattere, dinamica e ottimi interpreti, da recuperare soprattutto come acuto contributo alla rappresentazione del giornalismo sul grande schermo. Consigliabile, problematico, per dibattiti.





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