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Dieci giorni dopo il Giorno della Memoria, il consiglio regionale torna a riunirsi in seduta solenne per onorare il Giorno del Ricordo commemorando gli italiani dell’Istria, Fiume e Dalmazia, uccisi o costretti all’esodo alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Il prossimo 10 febbraio, infatti, ricorrerà il 78° anniversario del Trattato di Parigi che assegnò alla Jugoslavia territori che, fino ad allora, facevano parte dell’Italia come il Quarnaro, l’Istria, la Venezia Giulia, la città di Zara e la sua provincia.
“Il Trattato di Parigi ha assegnato alla Jugoslavia territori italiani”, dichiara il presidente del consiglio regionale Stefano Balleari, “ma occorre ricordare che l’Italia fascista ha imposto a quelle terre la lingua e gli usi italiani e dopo la guerra c’è stata una vendetta contro i nostri connazionali. Gli esuli sono italiani due volte, per nascita e per scelta, e quando sono arrivati a Bologna l’accoglienza nei loro confronti è stata pessima; più di 8500 profughi sono venuti in Liguria e sono stati creati quartieri per loro. La visita alle foibe del Presidente della Repubblica Cossiga è stata una grande svolta e la legge 92 del 2004 ha creato il Giorno del Ricordo ma non è assolutamente condivisibile l’assegnazione di onorificenze al Maresciallo Tito; il ricordo degli esuli ed il loro amor di Patria è importante per far sentire italiano chi non lo era più. Queste persone hanno abbandonato le loro terre ed i loro averi per venire in Italia con un’accoglienza difficile; tutto ciò può portare diversi spunti per l’attualità senza dimenticare le targhe vandalizzate ma occorre fare chiarezza. La presenza degli studenti permette di ricordare evitando errori”.
Parole simili da parte del presidente della regione Marco Bucci :”Si onora il Giorno del Ricordo per ricordare il sacrificio dei morti e gli esuli che hanno lasciato le loro terre venendo anche a Genova; non dobbiamo dimenticare una brutta parte della nostra storia soprattutto per i giovani perchè senza memoria non c’è futuro. Il ricordo permette di costruire il nostro avvenire e per la nostra regione la Giornata della Memoria e la Giornata del Ricordo hanno lo stesso valore”.
“Il Giorno del Ricordo è presente solamente in Italia mentre la Giornata della Memoria si celebra a livello mondiale; sabato 8 febbraio sarà inaugurata la Capitale Europea della Cultura congiunta tra Gorizia e Nova Gorica ricordando che i confini non esistono più e la moneta è la stessa con la necessità di far ripartire l’amicizia. L’Italia è entrata nella Prima Guerra Mondiale nel 1915, una sorta di Quarta Guerra di Indipendenza, poichè voleva Fiume, Trento, Trieste, il Quarnaro ed altri territori completando il percorso del Risorgimento; alla fine della Grande Guerra il nostro Paese ha avuto una vittoria mutilata e nell’aprile del 1945 c’è stata la liberazione dell’Italia ma la situazione era diversa per Trieste. Gli Stati vincitori del conflitto, Stati Uniti, Regno Unito, Francia ed Unione Sovietica avevano idee diverse e dopo l’ingresso dei titini a Trieste le truppe statunitensi hanno liberato la città; a quel punto Tito ha deciso di spostare la sua ferocia in Istria con le foibe dove sono stati gettati coloro che non appoggiavano il regime socialista. Nel 1945 il dittatore iugoslavo risale per i Balcani volendo imporre la sua idea sul territorio fino al Tagliamento e gli italiani si sono rivelati perfetti per il suo piano di sterminio; sono stati circa 100.000 i morti nelle foibe slovene e 150.000 in quelle croate ricordando inoltre che nel marzo 1946 ci sono state le prime elezioni libere e due mesi dopo un decreto luogotenenziale ha bloccato il voto nel confine orientale. Il Giro d’Italia nel 1946 è passato in quelle zone facendo il percorso Rovigo-Trieste; voglio ricordare che l’apertura dell’Assemblea Costituente ha poi portato al successivo Trattato di Pace del 10 febbraio 1947 in cui è stato ufficialmente riconosciuto il fatto che l’Italia ha perso la guerra portando alla cessione dei territori di Tenda e Briga, la perdita delle colonie, la riduzione degli armamenti e ristabilendo i confini orientali con la perdita di Pola, Fiume e Zara. Il Territorio Libero di Trieste era gestito dall’Onu e proprio qui, a differenza di Tenda e Briga, non è stato possibile partecipare alle elezioni del 2 giugno; la ratifica dell’Italia del Trattato di Parigi era pressochè inutile e quando il Presidente del Consiglio De Gasperi è andato negli Stati Uniti per chiedere l’accesso ai fondi del Piano Marshall gli è stato chiesto di accettare le condizioni del trattato. Il Memorandum di Londra del 1954 aveva previsto un accordo con la revisione del trattato del 1947 assegnando la zona A all’Italia e la zona B alla Jugoslavia senza dimenticare come il Trattato di Osimo del 1975 venne gestito malamente dal nostro Paese; negli anni 90 con le guerre nei Balcani l’Italia ha perso una grande occasione ma vi era una crisi interna a causa di Tangentopoli. Nel 2004 la Slovenia è entrata nella Nato e nell’Unione Europea e nel 2012 la Croazia ha fatto lo stesso; nel 2019 la raccomandazione sulle memorie europee ha equiparato il nazismo allo stalinismo. Dobbiamo riconnettere la storia italiana al confine orientale visto che abbiamo avuto una sorta di buco culturale fino alla caduta del Muro di Berlino; allo stato attuale il nostro Paese risponde bene e non c’è lo stesso silenzio di 40 anni fa”, conclude Davide Rossi, docente di Storia del diritto al corso di laurea in Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Trieste e Presidente della Federazione delle Associazioni degli Esuli Fiumani, Istriani e Dalmati.
Al termine anche la premiazione degli studenti che hanno vinto la 13ª edizione del concorso regionale “Il sacrificio degli italiani della Venezia Giulia e Dalmazia: mantenere la memoria, rispettare la verità, impegnarsi per garantire i diritti dei popoli”.
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