Moria di cozze, il mal comune non è certo un mezzo gaudio

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Abbiamo passato l’estate a parlare della crisi del “mosciolo” e di una molteplicità di fattori che hanno decimato (e in questo caso è un eufemismo) le popolazioni naturali di questa risorsa così importante per il nostro territori, non solo da un punto di vista ambientale, ma anche economico e sociale… proprio i 3 pilastri della sostenibilità. Adesso, complice il periodo invernale, pensiamo ad altro e ne parliamo meno, ma questo non riduce affatto il rischio (e questo è il secondo eufemismo) che la prossima estate possa essere addirittura peggiore di quella appena passata. E’ di solo qualche giorno fa la notizia di un crollo catastrofico delle popolazioni di cozze e vongole negli allevamenti della Galizia, i secondi produttori mondiali di questi bivalvi dopo la Cina, dove il calo è stato del 90% in pochi anni, e dell’80% nel solo 2024 rispetto all’anno precedente. Sotto accusa sono ancora una volta il cambiamento climatico, e in particolare le aumentate piogge torrenziali che hanno ridotto troppo la salinità, e l’inquinamento: ovviamente questi sono sempre gli indiziati classici (come il famoso maggiordomo dei romanzi gialli), ma i pescatori della Galizia chiedono aiuto perché si facciano studi adeguati per capire le reali cause di questo disastro. Un’intuizione che il Comune di Ancona ha avuto a partire dal Novembre 2023 quando ha istituito un Tavolo Tecnico per la salvaguardia del mosciolo selvatico di Portonovo. Questo tavolo ha visto il coinvolgimento di una serie di enti scientifici tra cui il Dipartimento di Scienze della vita e dell’ambiente dell’Università Politecnica delle Marche, l’istituto per le Risorse biologiche e le biotecnologie marine del CNR, l’ Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Umbria e delle Marche, l’ARPA Marche insieme al Presidio Slow Food, i pescatori della Cooperativa di Portonovo, l’Agenzia per l’Innovazione nel settore agroalimentare e della pesca Marche Agricoltura Pesca” delle Marche Amap, la Guardia Costiera, e altri interlocutori che si sono aggiunti nel tempo. Il tavolo è nato proprio dalla volontà di capire le cause del forte calo del “mosciolo” negli ultimi anni, e la novità è stata quella di un approccio davvero multidisciplinare e condotto da prospettive diverse, in cui gli enti scientifici hanno messo a disposizione le loro conoscenze e i loro mezzi, e lo hanno fatto in stretta collaborazione con i pescatori condividendo l’obiettivo finale di arrivare a definire un piano di gestione condiviso tra amministrazione, pescatori, ricercatori ed altre associazioni. Questi 15 mesi sono stati caratterizzati da un’intensa attività di campionamenti, rilievi, questionari ed analisi che hanno accompagnato una delle estati più nere per la maggior parte delle popolazioni e degli allevamenti di cozze di tutto l’Adriatico. Tutto questo ha permesso di identificare numerose cause che hanno interagito tra loro con importanza e ruoli diversi nei diversi periodo dell’anno. Tra questi fattori, spesso variabili anche in funzione della profondità, vanno sicuramente citati il ridotto reclutamento osservato a primavera per le fasi giovanili dei mitili e in parte influenzato dal materiale trasportato dalle esondazioni del 2023: e poi l’elevata temperatura media del mare e i prolungati picchi di calore durante l’estate, le basse concentrazioni di nutrienti e il poco plancton che è il cibo per i filtratori, le scarse precipitazioni e il limitato rimescolamento della colonna d’acqua, la presenza di mucillagini e le attività di prelievo su una risorsa già in sofferenza. Insomma, un quadro molto complesso in cui identificare le cause non basta a risolvere un problema, soprattutto considerando che su alcuni fattori, come quelli legati ai cambiamenti climatici, le soluzioni non possono essere trovate a livello locale. A questo si aggiunge che gli effetti della mortalità massiccia verificatisi nella stagione appena passata non potranno non avere ripercussioni anche sulla prossima quando, anche se il “seme” riuscirà ad attecchire sul substrato, gli organismi non avranno comunque il tempo di raggiungere le taglie commerciali. Esistono però alcuni interventi, che speriamo possano essere realizzati il prima possibile, finalizzati a favorire il reclutamento del nuovo seme, l’attecchimento e la crescita dei “moscioli” adulti, il continuo monitoraggio delle condizioni ambientali nell’area del Conero e dello stato di salute dei “moscioli”. Ma dobbiamo essere consapevoli che questi interventi non porteranno ad un miglioramento nell’immediato, confermando che è molto più facile (e sicuramente rapido) perdere una risorsa piuttosto che ripristinarla. L’uso di tecnologie avanzate e di continue sperimentazioni è l’unica possibilità per arrivare ad una gestione sostenibile e adattativa di questa ricchezza di cui nessuno vorrebbe privarsi…un altro esempio di come la ricerca possa essere utile ed importante per le richieste e le tradizioni di un territorio.

*Direttore del Dipartimento  di Scienze della Vita  e dell’Ambiente

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