12 condanne con lo sconto in Appello

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Dodici sentenze riformate, sei conferme e trentamilaottocentotrentatrè mila euro di multa. Questo il verdetto pronunciato dalla Sesta Sezione della Corte d’Appello di Napoli nel processo a carico di 18 imputati coinvolti nella maxi operazione dei carabinieri del comando provinciale di Caserta coordinata dalla Dda di Napoli sulla riorganizzazione del clan dei Casalesi, in particolare delle fazioni Schiavone e Bidognetti.

I giudici d’Appello hanno quindi rideterminato la condanna per Giovanni Della Corte a 15 anni e 1 mese di reclusione e 13100 euro di multa; 9 anni e 8 mesi e 8400 euro di multa per Giosuè Fioretto; 9 anni e 5 mesi per Nicola Kader Sergio; 9 anni per Katia Bidognetti; 7 anni e 2 mesi e 7mila euro di multa per Giuseppe Di Tella; 5 anni e 1000 euro di multa per Teresa Bidognetti; 4 anni e 5 mesi per Antonio Stabile, Giovanni Stabile, Clemente Tesone, De Falco Salvatore(1333 euro di multa). Confermate le condanne in primo grado a 10 anni di carcere per Franco Bianco, alias Mussuli; 8 anni di reclusione per Francesco Cerullo, alias Ciccio; 5 anni e 4 mesi di reclusione per Antonio Lanza; 5 anni di reclusione per Onorato Falco e Marco Alfiero; 4 anni di reclusione per Carlo D’Angiolella(assolto dall’accusa di associazione di stampo mafioso e condannato per ricettazione aggravata). Revoca della confisca della somma di 58650 euro per Francesco Cerullo. Condanna al risarcimento del danno per le costituite parti civili- associazioni e comuni di Castel Volturno e Casal di Principe – di 945mila euro.

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Agli indagati, oltre al reato associativo, sono stati contestati reati fine quali estorsioni in danno di numerosi operatori commerciali (al fine di piegarne la volontà, un imprenditore sarebbe stato ferito alle gambe da colpi d’arma da fuoco), traffico di sostanze stupefacenti e contestuale controllo dell’attività di cessione di droga realizzato da terzi soggetti, che sarebbero stati costretti a versare denaro a esponenti del clan per garantirsi la gestione delle piazze di spaccio secondo quanto ricostruito dai magistrati antimafia partenopei.

Nell’arco di oltre tre anni di investigazioni, è stata accertata l’operatività delle due fazioni del clan dei Casalesi consentendo di appurare, tra l’altro, lo svolgimento di incontri tra esponenti di vertice delle due fazioni criminali finalizzati a concordare il ripristino di una “cassa comune”, pur mantenendo la loro sostanziale autonomia nei termini operativi, economici e territoriali storicamente a loro appartenuti. Un indagato, inoltre, avrebbe curato la pianificazione e la realizzazione delle dinamiche criminali della fazione Schiavone al fine di attuare il controllo capillare del territorio e il reperimento di somme di denaro indispensabili per il sostentamento del gruppo, affermandosi quale punto di riferimento non solo per gli affiliati ma anche per coloro che, sebbene non contigui al sodalizio, consapevoli della sua posizione di vertice, a lui si sarebbero rivolti al fine di giungere alla soluzione di controversie e dinamiche private in puro stile ‘Il sindaco del Rione Sanità’, opera di Eduardo De Filippo.

Per quanto riguarda il gruppo Bidognetti, è emerso che sarebbe stato ancora organizzato grazie ai figli dello storico boss. In particolare, il clan sarebbe stato gestito da Gianluca Nanà Bidognetti, il quale, sebbene detenuto, avrebbe utilizzato telefoni cellulari illegalmente introdotti nella struttura carceraria – e rinvenuti con l’ausilio di personale del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria -, impartendo ordini e direttive funzionali alla direzione della fazione e a promuovere le attività illegali eseguite da sodali liberi, arrivando a organizzare un progetto omicidiario in pregiudizio di un noto affiliato, allo scopo di ridimensionare la sua ascesa criminale all’interno del clan. Le altre due figlie dello storico capoclan, in ragione della loro appartenenza alla famiglia, avrebbero invece continuato a percepire stabilmente somme di denaro provento delle diverse attività delittuose. Il gruppo dei Bidognetti avrebbe esercitato il controllo delle attività delle agenzie di onoranze funebri dell’agro aversano, in virtù di accordi criminali stretti già negli anni Ottanta, attraverso un “consorzio di imprese”, che è stato sottoposto a sequestro; avrebbe condotto attività usuraie (con la cessione di somme di denaro in favore di imprenditori e cittadini che, sebbene in condizioni di forte difficoltà economica, si sarebbero visti applicare tassi d’interesse finanche del 240%); avrebbe avuto la disponibilità di armi attraverso le quali avrebbe espresso la propria forza intimidatrice per assicurarsi il controllo del territorio.

Nel collegio difensivo sono stati impegnati, tra gli altri, gli avvocati Vincenzo Di Vaio, Ferdinando Letizia, Giuseppe Stellato, Patrizio Della Volpe, Carlo De Stavola, Fabio Della Corte, Domenico Dello Iacono, Giovanni Cantelli, Angelo Raucci, Pasquale Diana, Generoso Grasso, Carmine D’Aniello, Michele Basile, Domenico Della Gatta, Alfonso Quarto, Giuseppe Guadagno, Mario Griffo, Enrico Iascone Maglieri.



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