Le «procedure accelerate» d’asilo finiscono alla Corte costituzionale

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Le «procedure accelerate» d’asilo finiscono alla Corte costituzionale. La Cassazione ha sollevato una questione di legittimità sulla lesione del diritto di difesa nel momento in cui il richiedente asilo ricorre in terzo grado contro la convalida del trattenimento. Il problema rilevato è che la legge di conversione del dl flussi, la 187 del dicembre 2024, non disciplina precisamente le tempistiche di quel contraddittorio rischiando di creare discriminazioni. Si tratta di un aspetto molto tecnico, ma è comunque la prima volta che viene interrogata la Consulta sull’effettività della difesa, art. 24 della Carta, nell’ambito degli iter speciali per la protezione. Non c’è un effetto diretto sulle cause analoghe, pendenti o future, ma ora le sospensioni sono dietro l’angolo.

Le procedure speciali sono salite alla ribalta delle cronache per i casi «in frontiera», nei centri in Sicilia e in Albania, ma sono applicate anche in altre circostanze. Per esempio quando un «irregolare» chiede asilo dopo essere finito in detenzione amministrativa. Diventa un richiedente ma la domanda è sottoposta a «procedura accelerata». È quanto successo a un cittadino algerino che due settimane fa è stato rinchiuso nel Cpr sardo di Macomer. Ha chiesto protezione e così la convalida del trattenimento, dopo un primo passaggio al giudice di pace, è andata alla Corte d’appello, che ha dato l’ok. Il legale del migrante ha fatto ricorso per Cassazione. Da lì è scaturita la questione di legittimità.

Gli ermellini hanno sollevato solo uno dei punti elencati dall’avvocato. Dal rinvio è rimasto fuori un tema importante: se sia legittima la scelta governativa di sottrarre la competenza sulla convalida dei trattenimenti dei richiedenti asilo alle sezioni specializzate in immigrazione, competenti sul resto della protezione internazionale, per consegnarla alle Corti d’appello. Non si può escludere che il tema si riproponga in futuro, come è probabile che vengano sollevate altre questioni di legittimità relative al diritto di difesa. Soprattutto per i centri in Albania, dove i problemi delle «procedure accelerate di frontiera» si moltiplicano.

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L’avvocata Silvia Calderoni ha difeso quattro dei 43 migranti trasferiti oltre Adriatico nell’ultimo round. «La difficoltà principale è che la distanza impedisce la comunicazione con gli assistiti. O li incontriamo direttamente in udienza o comunque attraverso la mediazione del personale del centro. Ma se manca il requisito della riservatezza non si può assicurare una vera difesa», afferma. In pratica i legali devono muoversi al buio, solo sulla base degli atti, senza poter approfondire le singole storie.

Il problema è rilevante perché in ballo c’è un diritto fondamentale. Nelle argomentazioni del rinvio la Cassazione ricorda «il carattere universale della libertà personale che, al pari degli altri diritti che la Costituzione proclama inviolabili, spetta ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani». I giudici specificano che pure quando i problemi di sicurezza relativi ai fenomeni migratori incontrollati sono «percepiti come gravi» le relative misure legislative non devono scalfire «minimamente» la tutela di diritti fondamentali. Esattamente il contrario di quello che vuole il governo.

Ma i problemi che derivano dai centri albanesi non si esauriscono con la questione del trattenimento. Riguardano anche il percorso parallelo della domanda d’asilo. A Gjader le audizioni della Commissione territoriale sono svolte il giorno dopo lo sbarco, ancora prima dell’udienza di convalida. È lo stesso organo che esamina la richiesta a fornire l’informativa sull’asilo. Normalmente lo fanno operatori legali o avvocati. «Questo spiega alcune risposte che abbiamo letto nelle carte. Dimostrano che le persone non avevano compreso il contenuto della protezione: non gli è stato spiegato bene», afferma Calderoni. L’avvocata risponde da Bari dove ieri si è dovuta precipitare per incontrare i suoi assistiti e preparare il ricorso contro il diniego dell’asilo, avuta la nomina anche per quello. Le procedure accelerate impongono sette giorni per presentarlo: scade giovedì. «Approfondire le vicende individuali, soprattutto di persone originarie di altri paesi, richiede tempo. Con simili scadenze diventa tutto molto difficile», continua.

Per non parlare della mancanza di coperture per queste attività: basti pensare che quando la Commissione ritiene la domanda «manifestamente infondata», come tutte quelle dei migranti in Albania, il contributo per il gratuito patrocinio è riconosciuto al legale solo se il ricorso è accolto. Un altro modo per scoraggiare la tutela di chi non può permettersi un avvocato.



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