Effettua la tua ricerca
More results...
Mutuo 100% per acquisto in asta
assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta
Le difficoltà del passaggio generazionale, la diffusione della cultura d’impresa, la collaborazione tra industria e terzo settore e la sostenibilità ambientale che non può prescindere dalla sostenibilità economica e sociale. Sono i temi che Maria Anghileri, nominata presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria lo scorso novembre, affronta in questa intervista.
37 anni, lecchese, laureata in Giurisprudenza alla Bocconi di Milano, Anghileri ha completato la sua formazione prima alla Columbia University e poi alla Harvard Business School.
Oggi è direttore operativo del Gruppo Eusider, una realtà leader in Italia nel settore della siderurgia, presente con 18 sedi, occupa 900 addetti e lavora 1,5 milioni di tonnellate all’anno. Anghileri vanta una grande esperienza nel mondo confindustriale essendo stata vice presidente dei Gruppi Giovani di Confindustria Lecco e Sondrio, Assolombarda e Confindustria Lombardia.
In passato si è occupata del progetto GenerAzioni dedicato al passaggio generazionale nelle aziende famigliari. Tema molto delicato e sempre attuale. Qual è lo stato dell’arte?
«GenerAzioni tornerà con una nuova edizione 2025 perché il tema del ricambio generazionale è sentito e attuale e rappresenta un fenomeno economico ma anche culturale e sociale. Il 65% delle imprese con fatturato superiore ai 20 milioni di euro è costituito da aziende familiari. Entro i prossimi 5 anni è previsto in quasi il 20% dei casi il passaggio del testimone dei fondatori agli eredi. Purtroppo, solo il 30% delle aziende sopravvive al proprio fondatore e solo il 13% arriva alla terza generazione. E il fenomeno si allarga anche all’Europa. Riguarda, infatti, secondo Eurostat, circa cinque milioni di aziende nell’Unione, pari al 30% di tutte le imprese comunitarie. Le condizioni del successo relativo al passaggio generazionale sono diverse: distinguere l’azienda dalla famiglia, applicare un sistema di governance moderno, valutare la competenza e non solo l’appartenenza, pianificare l’obiettivo e coinvolgere attori terzi, come in ambito finanziario e manageriale. Noi continueremo a lavorare per offrire alle nostre imprese questa visione e questi strumenti».
Si è pure occupata di cultura d’impresa e politica industriale: ma nel nostro Paese quanto è diffusa la cultura d’impresa e come giudica la politica industriale degli ultimi anni?
«In Italia c’è molto desiderio di impresa tra i giovani come emerge da una ricerca di Skuola.net ed ELIS, secondo la quale uno studente su tre delle scuole superiori vorrebbe fondare un’azienda tutta sua dopo gli studi. E come imprenditori giovani abbiamo il compito di sostenere la diffusione della cultura d’impresa. Lo facciamo anche incoraggiando la nascita di nuove aziende attraverso progetti ed eventi di business che favoriscono l’incontro tra nuove imprese, investitori e aziende leader in un ecosistema dinamico e interconnesso, europeo e mondiale in ottica di open innovation. Per questo stiamo rafforzando il nostro progetto Talentis, dedicato proprio alla nascita e sviluppo di nuove imprese innovative.
Innovazione e crescita, infatti, passano attraverso la politica industriale: come Confindustria chiediamo che si definisca un piano triennale per l’industria italiana, che individui i settori su cui puntare con nuovi investimenti e quelli che, invece, devono essere accompagnati a una riconversione. È urgente perché abbiamo forti gap di competitività da recuperare sul costo dell’energia, sulla logistica e le infrastrutture, solo per fare degli esempi. Il livello su cui agire, però, non è solo l’Italia ma anche l’Europa, per questo chiediamo uno strumento come Next generation Eu per rilanciare l’industria europea».
Questi sono anni caratterizzati da grandi cambiamenti. Come reagiscono le imprese di fronte a queste sfide?
«In questi anni l’industria e la manifattura hanno patrimonializzato, investito nella ricerca e internazionalizzato. Da qui nasce anche la ripresa economica che il Paese ha conosciuto dopo il Covid. Altre crisi, purtroppo, sono arrivate e, seppur con gravi difficoltà, il sistema delle imprese sta reggendo. Grazie a questo l’Italia continua a essere la settimana potenza industriale al mondo e la terza più grande economia europea. I fondamentali della sua industria sono solidi. Ci sono settori, però, in grave sofferenza, che vanno sostenuti perché le imprese non crescono a prescindere dal contesto in cui operano. L’energia, le infrastrutture, le competenze, il sistema fiscale, la semplicità delle norme, l’efficienza amministrativa sono fondamentali».
Lei è una convinta europeista, ma come giudica il Green Deal dell’Europa e le difficoltà che sta incontrando la nostra manifattura con particolare riferimento alla crisi del comparto europeo che sta mettendo a rischio non solo la filiera italiana ma anche quella tedesca e francese?
«La sostenibilità ambientale non può prescindere dalla sostenibilità economica e sociale. Condividiamo e sosteniamo l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra e di costruire un modo di vivere sostenibile ed equo e non ci sentirete mai negare i problemi legati al cambiamento climatico. Ma i giovani sono anche la generazione più impegnata e consapevole nell’approccio all’innovazione e alle nuove tecnologie. Le consideriamo il mezzo cardine per risolvere il problema ambientale. Per questo sosteniamo con forza il principio della neutralità tecnologica. Quindi il Green deal va rivisto secondo questa prospettiva.
Non accettiamo che ci venga imposto un solo modo di risolvere il problema, una sola tecnologia utilizzabile, ovvero l’elettrico. È una forma di dirigismo economico che questa generazione non può accettare, perché non c’è mai un solo modo di risolvere i problemi. Fissare un obiettivo e anche un solo strumento per realizzarlo mortificano la ricerca e l’innovazione. Proprio perché europeista convinta, poi, ho in animo di progettare e costruire un Indice “Business Friendly” delle Politiche europee, per misurare l’effetto sulla competitività delle imprese, in particolare giovani, dei principali provvedimenti europei in cantiere. Il 70% della legislazione industriale dipende, infatti, da scelte fatte a Bruxelles. Non possiamo sempre rincorrere».
Nel suo discorso di insediamento ha annunciato una nuova collaborazione tra industria e terzo settore. Una bella novità.
«Stiamo avviando progetti e collaborazioni con alcune associazioni del terzo settore per sostenere le centinaia di migliaia di persone che svolgono quotidianamente un lavoro minuto, gratuito, capillare per dare aiuto a chi è in difficoltà. La responsabilità sociale è anche questo, le imprese sono comunità nella comunità, e svolgono appieno il proprio ruolo quando creano non solo sostenibilità economica, ma anche valore sociale».
Con la nomina a presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria diventa anche vicepresidente nazionale della Confindustria senior. Come intende esercitare questo suo nuovo e ambizioso ruolo? Quali priorità porterà avanti?
«Vorrei che il Movimento dei Giovani Imprenditori continuasse ad avere un ruolo di frontiera. Lo porterò avanti anche come vicepresidente di Confindustria, grazie ai progetti e alle proposte che emergeranno dal nostro “Cantiere delle Policy” un nuovo progetto per immaginare e definire in anticipo nuove traiettorie di sviluppo e nuovi scenari di competitività economica e sociale».
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link