l’Italia accelera, ma i problemi restano

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Gennaio porta con diverse novità sull’idrogeno in Italia, ma a livello internazionale alcuni analisti continuano a essere perplessi su questa opzione energetica.

In primis, è da segnalare un’intesa sottoscritta da Mase, Cig e Inrete distribuzione energia (Gruppo Hera) per verificare l’uso di miscele con il gas in percentuali tra il 5 e il 10% di idrogeno, alimentando così i consumi delle utenze domestiche; attualmente il limite ammesso di “blanding” è al 2% (Idrogeno per il riscaldamento? Bocciato su tutta la linea).

La sperimentazione sarà realizzata su un tratto di rete che alimenta un’area residenziale nel Comune di Castelfranco Emilia (MO), dove nel 2022 è stata già testata la soglia del 2%.

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Le attività saranno avviate dal gestore entro i prossimi sei mesi, con due momenti empirici della durata di 10-15 giorni, in accordo con l’Amministrazione comunale e i cittadini coinvolti.

Dalla sperimentazione sul campo alla ricerca scientifica, è del 31 gennaio l’approvazione della strategia “Idrogeno e batterie” da parte della Provincia autonoma di Trento.

Tra gli obiettivi c’è quello di realizzare a Rovereto un polo scientifico che ospiti il futuro Centro Sustainable Energy della Fondazione Bruno Kessler, oltre ad alcune aziende attive sia sull’idrogeno sia su tutte le forme di accumulo energetico.

Contestualmente l’Ente autonomo ha dato via libera alla Hydrogen roadmap Trentino, con la quale s’intende contribuire agli obiettivi climatici locali al 2030 e al 2050.

La stessa Provincia, però, spiega come, al netto di “un forte interesse da parte di aziende per l’utilizzo dell’idrogeno al fine di ridurre le proprie emissioni”, oggi tale interesse è comunque “limitato dagli elevati costi della filiera e dalla mancanza di sussidi per poterli abbattere”.

Inoltre, “la frammentazione del territorio trentino e della sua rete di distribuzione rendono difficile nel breve termine una diffusione capillare dell’idrogeno come risorsa primaria, se non nella forma miscelata al gas naturale”.

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Di reti e idrogeno si interessa anche Snam, società a cui fa capo il progetto di dorsale che collegherà il nostro Paese a Tunisia, Austria e Germania. A questa iniziativa la Commissione europea ha destinato la scorsa settimana 24 milioni di euro per “studi di sviluppo”, al pari di quanto fatto per altre venti proposte di vari Stati membri, nell’ambito del bando Connecting europe facility.

L’obiettivo complessivo nel caso dei progetti idrogeno ammessi, si legge in una nota dell’Esecutivo Ue, è “alleviare i rischi di investimento associati a questo mercato nascente” (si veda anche Idrogeno, un mercato globale che fatica a decollare).

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Le forti perplessità sul futuro dell’idrogeno

In attesa di conoscere gli esiti di studi, attività di ricerca e sperimentazioni, vanno evidenziate alcune perplessità da parte di analisti di diversa provenienza.

Think, centro studi del gruppo bancario olandese Ing, parla ad esempio di cinque rischi principali sul lato dell’offerta (l’analisi è stata pubblicata il 22 gennaio).

In particolare, le difficoltà si riscontrano sul piano dei finanziamenti, della congestione della rete, dell’aumento dei costi, della possibile guerra commerciale e dei problemi di prestazione.

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I costi di materiali, manodopera e acqua per l’elettrolisi sono visti come un ulteriore freno al settore, al pari di un bilanciamento da trovare per integrare gli elettrolizzatori nel sistema energetico.

È del 21 gennaio, invece, un altro approfondimento dell’Institute for energy economics and financial analysis (Ieefa) degli Stati Uniti, che rileva come “il valore dell’idrogeno nel settore siderurgico risieda nel suo potenziale di ridurre le emissioni di carbonio sostituendo i combustibili fossili nel processo produttivo. Tuttavia, l’utilizzo di idrogeno blu, prodotto da combustibili fossili con cattura parziale del carbonio, non offre alcun beneficio climatico”.

Allo stesso modo l’idrogeno verde, “emerso come la via principale per l’acciaio verde, ha costi che rimangono più alti del previsto” ed è visto come una soluzione “efficace a lungo termine per affrontare la decarbonizzazione della produzione primaria di acciaio”.

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