Il Por Calabria utilizzato per comprare droni e componenti militari? L’allarme arriva da Bruxelles

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Il quadro è cambiato e la Commissione Von der Leyen cerca risorse: sotto la lente d’ingrandimento i fondi di coesione, in particolar modo quelli di programmi e nazioni con maggiori ritardi di spesa (tra cui la nostra)


Immaginate un attimo se quei fondi che adesso servono per costruire scuole, infrastrutture strategiche, innovazioni tecnologiche e strumenti di competitività per le aziende venissero invece utilizzati per comprare droni e componenti militari in grado invece di abbattere ponti, scuole e strade. Bella contraddizione, vero?

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È invece quello che sta succedendo nelle ultime settimane a Bruxelles: i venti sono cambiati, la presidenza Trump vuole rinegoziare le percentuali di contribuzione alle spese militari della Nato e moltissimi paesi (tra cui il nostro) sono in enorme difficoltà. I venti sovranisti spirano forte e l’industria delle armi e delle componenti militari garantisce crescita economica: ecco perché, sempre più forte, da Bruxelles arriva l’indiscrezione che vedrebbe sacrificati i fondi di coesione sull’altare della competitività europea. Ecco quindi cosa potrebbe succedere: pesanti sforbiciate, tagli rimodulati a chi non ha ancora speso (o programmato la spesa) e fondi dirottati su nuove esigenze, come ad esempio droni, componenti militari, attrezzature di precisione da utilizzare in campo bellico.

Come si può immaginare che dei fondi, che servono proprio per riequilibrare le disparità tra gli stati membri, possano essere utilizzate per scopi militari: sembra assurdo, anche perché tra le specifiche del regolamento 1060/2021 (l’architrave su cui si basa tutta la politica di coesione 2021/2027) è scritto chiaramente che non si possono utilizzare quei soldi per acquistare armi o materiale bellico. Ma da nessuna parte viene scritto che non si possano utilizzare per componentistica, droni o altro. D’altronde, questa stessa eccezione è stata utilizzata proprio per il Ponte sullo Stretto: fu per prima la nostra testata a dire che a Bruxelles si iniziava a parlare della possibilità di finanziare la maxi-opera con i fondi di coesione. E se quelli non possono finanziare direttamente infrastrutture viarie (ci sono linee di finanziamento apposite) allora si possono utilizzare per le opere accessorie (acquisto di materiale rotabile, opere accessorie, studi di fattibilità e altro): grazie a questa indiscrezione, l’opera ripartì in pompa magna anche con l’ok indiretto di Bruxelles. Cosa che sembra stia avvenendo anche adesso con le armi.

L’indiscrezione confermata e la contrarietà di Fitto

La voce si inizia a diffondere subito prima della vittoria di Trump alle elezioni, quando è iniziato a sembrare incolmabile il divario tra lui e Biden: serve trovare risorse per rispondere immediatamente alla politica economica del tycoon. Dai dazi agli stanziamenti militari per la Nato, tutto cambierà: è quindi chiaro a Von der Leyen e soci che serve trovare, immediatamente, economie. Dunque, il primo indagato diventa da subito la politica di coesione: drena tantissime risorse ed è da sempre nell’occhio del ciclone da parte dei paesi scandinavi che non vedono di buon occhio il dover (continuare a) pagare da anni per far sì che i servizi e il Pil medio si riequilibri all’interno della zona Euro. In più, il fatto che queste somme si vadano a moltiplicare alla risposta Covid ingessando di fatto gran parte del bilancio europeo (aggiunta anche la congiuntura della guerra ucraina, che continua a richiedere pesanti risorse): prima il Financial Times a novembre, in un completo articolo a firma Paola Tamma (mai smentito) e poi un ritorno di qualche giorno fa su Politico mettono a chiaro la questione.

Le politiche di coesione verranno riviste: miliardi di euro di finanziamenti regionali destinati alla costruzione di scuole, politiche sociali e ambientali, verranno orientate nelle nuove priorità, tra cui il potenziamento militare e (forse) l’edilizia abitativa. Questo è solo il primo tassello di un disegno più ampio, che potrebbe cambiare totalmente il volto dell’Unione dei prossimi anni.

I fondi per le scuole usati per fabbricare droni

Eppure, questo piano ha un nemico non indifferente: il suo nome è Raffaele Fitto e da sempre, per cultura e background, è uno dei più profondi sostenitori delle politiche di coesione europee. Viene da una regione, la Puglia, che proprio grazie a questi fondi ha trovato una nuova primavera ed è consapevole di quanto siano importanti queste risorse: inoltre, è in prima linea per mostrare ai paesi del nord Europa che queste politiche vanno difese e che i bassi tassi di spesa, come detto recentemente a Cracovia, dipendono solo dalla priorità data finora ai fondi Covid, che hanno una scadenza più ravvicinata.

Eppure, quanti alleati troverà nella sua difesa dei cohesion funds? Una partita molto difficile e tutta da giocare, che vede sullo sfondo le intemperanze di un presidente degli Stati Uniti che toglie certezze più che darle. Eppure lo spauracchio, seppur non immediato, è dietro l’angolo: il rischio che i fondi per realizzare una scuola a Magisano possano essere utilizzati per realizzare un’azienda che fabbrica droni da lanciare contro le basi Isis in Somalia non è purtroppo fantascienza, è pura realtà. «La sicurezza è una delle tante importanti sfide europee», ha affermato Céline Gauer, funzionaria di alto rango ripresa da Politico che guida la task force della Commissione incaricata del fondo per la ripresa post-Covid. «La politica di coesione rientra nella risposta? Penso proprio di sì».



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