Da tempo in Italia
meridionale ed anche in regione Campania si sta sviluppando un dibattito avente
ad oggetto il futuro delle aree interne del centro – sud Italia, tra le quali
rientra a pieno titolo anche la provincia di Benevento.
Tutti gli
interventi, provenienti da autorevoli personaggi, sono concordi nell’affermare
che il problema dello spopolamento del mezzogiorno è reale ed al momento sembra
inarrestabile. Tale negativa tendenza sembrerebbe interessare tutto il
mezzogiorno ma con diversa intensità tra le aree interne e la zona costiera.
Per quanto
riguarda la nostra regione, del problema se ne è fatto carico l’Ente Regionale,
con l’approvazione del “Piano Strategico Aree interne”. Anche i vescovi delle
aree interne di diverse regioni italiane sono scesi in campo con incontri
annuali a Benevento (non sempre gli stessi ma qualcuno proviene anche da nord
Italia), su iniziativa del capo della diocesi sannita per offrire spunti di
riflessione alla politica e agli organi amministrativi.
Da parte di
qualcuno si afferma che il problema non è solo delle aree interne ma è tutto il
mezzogiorno a soffrire, atteso che nel 2024 anche Napoli e provincia
sembrerebbero avere dati demografici negativi in percentuale pari a quelli di
Benevento e provincia.
Ma qual’è la
verità?
Per fare chiarezza
può venirci in soccorso il rapporto SVIMEZ sullo stato delle aree interne della
Campania che, dal punto di vista delle variabili demografiche, prende in esame
i dati dal 1950 al 2021 (pubblicazione del luglio 2022). Oltre a confermare quanto
già detto circa la tendenza di base, nel rapporto balza agli occhi come la
nostra provincia nel periodo che va dal 1950 al 2021 sia stata l’unica della
Campania, insieme all’Irpinia, ad aver perso costantemente i residenti. Nel
1950 i residenti in provincia erano 330.000 ridottisi a 263.000 nel 2021
(Irpinia da 494.000 a
400.000 nello stesso lasso di tempo).
Nei 70 anni
considerati Napoli e provincia sono passati da 2.081.000 a 2.967.000
con un picco di 3.082.000 nel 2011. Caserta da 601.000 a 900.000 con un
picco di 917.000 nel 2011, Salerno da 837.000 a 1.060.000 con un picco di 1.106.000
sempre nel 2011.
Questi dati in
valore assoluto danno l’idea di come il centro di gravità regionale si sia
spostato nel corso del tempo ancora di più verso le zone costiere. Infatti se
nel 1950 le due province interne della Campania avevano un peso demografico sul
totale regionale (residenti totale regione 4.346.000 anno 1950) del 19%, nel
2021 tale percentuale si era ridotta al 11,8% (totale residenti in regione
5.591.000 anno 2021).
La stessa tabella
del rapporto SVIMEZ indica anche che nel decennio 2011 – 2021 la diminuzione di
residenti a Benevento e provincia è stata di 8,3 ogni 1.000 abitanti superata
dalla sola Irpinia che registra un dato del 8,6 per mille. Nello stesso periodo
la diminuzione dei residenti nel napoletano è stata di 3,8 per mille, nel
salernitano del 4,2 per mille e del 1,9 per mille in Terra di Lavoro.
In Campania nel
complesso è stata del 4,1 contro il 4,9 del mezzogiorno. Nel rapporto è
spiegato che la tendenza è dovuta a fattori ben noti a tutti quali la
denatalità e l’emigrazione non bilanciata da una sufficiente immigrazione.
Quindi, per quanto riguarda il periodo considerato, una prima conclusione che
si può trarre è che nel Sannio la perdita di abitanti è stata ben peggiore
rispetto alle altre province della regione, fatta eccezione per l’Irpinia.
Tra la mole di
dati che il “report” mette a disposizione balza agli occhi la enorme
eterogeneità della densità abitativa del territorio campano. Nelle 19 città di
medie dimensioni individuate dallo studio (quelle con popolazione superiore ai
50.000 ad eccezione di Napoli) viene rilevata una densità abitativa media di
1.752 abitanti per kmq. La media è caratterizzata da una estrema variabilità
dei dati visto che nel calcolo rientrano sia i 433 abitanti per kmq di
Benevento sia gli 11.294 abitanti per kmq di Portici.
Giusto per fare un
paragone, la città-stato di Singapore ha una densità di 7.600 abitanti per kmq
(anno 2022) ed è considerata una delle aree a maggiore densità del pianeta.
Infine il
documento fa una proiezione della popolazione campana al 2030 (partendo dal
2010). Nel decennio considerato il calo demografico si consoliderà. Mentre il
decremento percentuale rimane pressoché inalterato per Benevento ed Avellino,
rispetto al decennio 2011 – 2021, aumenta in altre città della regione.
In particolare ad
Avellino sarà del 6%, a Benevento del 6,5% a Caserta del 7,3%, a Napoli del
5,9% e a Salerno del 6,4%.
Lo studio dello
SVIMEZ snocciola ancora altri dati che non sarebbero di ulteriore utilità per
la comprensione del fenomeno.
Pertanto, volendo
trarre le nostre le conclusioni, bisogna prendere atto che la denatalità,
principale imputata della decrescita della popolazione, interessa tutto il
territorio nazionale. Ma mentre al nord Italia viene più che compensata con la
immigrazione dal sud e dall’estero, nelle regioni meridionali, anche per un
minore dinamismo dell’economia, il deflusso netto è evidente. Non è inoltre
vero, come affermato da alcuni quotidiani che la situazione tra la fascia
costiera e le zone interne si equivale in termini di flussi in uscita.
Il problema è
senza dubbio molto serio. La marginalizzazione dei territori appenninici della
regione potrebbe portare ad un decadimento dei servizi offerti sul territorio
oppure ad un loro trasferimento verso aree con maggiore utenza potenziale.
Vittorio Imperlino
Giuseppe Niccolò
Imperlino
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