Vertenza Beko Europe: salgono gli investimenti e si rinuncia a procedura di chiusura e di licenziamento

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FABRIANO – Timidi segnali di apertura, ma si prospettano ancora 3 settimane di vertenza e trattativa dura, anche se non si è proceduto a procedura di chiusura e licenziamento in modo unilaterale. Questo, in estrema sintesi, l’esito del quarto incontro del tavolo sulla vertenza Beko Europe e sul Piano industriale presentato dall’azienda il 20 novembre del 2024 che prevede oltre 2mila esuberi a livello nazionale (quasi 400 a Fabriano) e la chiusura di alcuni stabilimenti, tra i quali il sito di Comunanza, nell’ascolano, con a rischio circa 350 lavoratori. Nella sede del ministero delle Imprese e del Made in Italy, alla presenza del ministro Adolfo Urso, si sono registrate delle aperture. Presenti al tavolo, per quel che riguarda la delegazione marchigiana, il presidente della Regione Francesco Acquaroli, insieme agli assessori Stefano Aguzzi ed Andrea Maria Antonini; il sindaco di Fabriano Daniela Ghergo; la sottosegretaria Lucia Albano. Ovviamente, i segretari nazionali e territoriali di Fim-Fiom-Uilm e, per la newco turco americana, l’AD Ragip Bulcioglu.

Il Governo

«Solo grazie all’uso avveduto della Golden Power è stato possibile scongiurare quanto già accaduto in Polonia, dove due stabilimenti sono stati chiusi con conseguenti 1.800 licenziamenti, o nel Regno Unito, con la cessazione dell’attività. Se non l’avessimo fatto, oggi non saremmo riuniti a questo tavolo per trovare una soluzione sostenibile, mentre gli stabilimenti continuano a produrre con i medesimi livelli occupazionali», l’incipit delle parole del Ministro Urso che ha poi aggiunto di aspettarsi un innalzamento del budget degli investimenti in Italia di almeno 300milioni di euro, «di fronte a questo impegno – ha aggiunto -, noi metteremo in campo gli strumenti del ministero e di Invitalia, come gli accordi di innovazione, i contratti di sviluppo o il Piano Transizione 5.0 per l’efficientamento energetico».

Entrando nello specifico del Piano, per quel che riguarda le Marche, un passaggio significativo da parte del Ministro su Comunanza. «Tutti gli stabilimenti dovranno rimanere produttivi. Proprio per questo il sito di Comunanza, uno dei principali poli italiani dell’elettrodomestico, dovrà continuare a essere motore produttivo e occupazionale del territorio marchigiano: siamo impegnati a valorizzare un’eccellenza del sistema Paese». Per quel che riguarda gli esuberi, Urso è stato categorico. «Ci impegneremo affinché nessuno venga lasciato indietro, nemmeno in questa fase di crisi del settore. Il rilancio produttivo dell’azienda deve avvenire senza traumi sociali come già accaduto con successo su altre vertenze critiche. Chiediamo a Beko di farsi carico con noi della transizione, individuando con i sindacati e il ministero del Lavoro gli strumenti più adeguati per garantire tutti gli occupati. Inizieranno ora tre settimane di confronto nel merito con le parti, per individuare le migliori soluzioni da portare al tavolo che è mia intenzione convocare entro il mese di febbraio. Abbiamo necessità di approfondire i temi emersi: investimenti, occupazione e agibilità del sito produttivo di Siena», ha ribadito il ministro Urso, annunciando che nei prossimi giorni sarà convocato «un incontro tra la proprietà, Mimit e Invitalia, per analizzare gli aspetti relativi agli incentivi e ai sostegni necessari a supportare gli investimenti annunciati da Beko, che mi auguro possano essere supportati anche dalle Regioni interessate. Avvieremo, inoltre – ha aggiunto Urso -, il dialogo con le rappresentanze sindacali e il ministero del Lavoro per affrontare le questioni legate alla salvaguardia dei livelli occupazionali per noi assolutamente centrale», ha concluso.

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L’AD Ragip Bulcioglu

L’azienda

Apertura sugli investimenti in Italia, 300 milioni, e «disponibilità a valutare ulteriori aspetti del piano, che potranno essere compiutamente analizzati una volta emersa chiarezza sulla disponibilità degli strumenti di accompagnamento per i lavoratori e in base capacità dell’azienda di poter ridurre il livello dei costi fissi», l’aggiornamento proposto dai vertici di Beko Europe al termine dell’incontro. L’azienda ha confermato che in Italia saranno basati importanti centri di Ricerca e Sviluppo, quali il Centro Globale del Design Industriale di Beko ed il centro globale per la categoria Cooking, quindi il sito fabrianese di Melano. È stato inoltre riconfermato che in Italia saranno basati i centri decisionali europei chiave per le funzioni strategiche, tra cui risorse umane, marketing, supply chain e Information Technology. Le attività di Consumer Care, il Centro europeo per le parti di ricambio e centro di ricondizionamento degli elettrodomestici usati continueranno a operare dall’Italia. È stata altresì riconfermata la strategicità della presenza produttiva nel paese, concentrandosi primariamente sulla cottura e sulla refrigerazione da incasso. L’azienda ha ribadito la necessità di continuare nel percorso di efficientamento delle strutture italiane «al fine di poter ulteriormente ridurre i costi fissi secondo il piano presentato». Per quel che riguarda gli esuberi, Beko Europe «conferma disponibilità a valutare ulteriori aspetti del piano, che potranno essere compiutamente analizzati una volta emersa chiarezza sulla disponibilità degli strumenti di accompagnamento per i lavoratori e in base capacità dell’azienda di poter ridurre il livello dei costi fissi», concludono, ribadendo la disponibilità a proseguire le interlocuzioni con Governo, parti sociali e Istituzioni locali, «al fine di individuare in modo collaborativo soluzioni concrete che rendano la produzione e le attività che resteranno in Italia ed in Europa sostenibili nel lungo periodo».

Il Presidente Francesco Acquaroli

La Regione Marche

«Un incontro importante perché, dopo il tavolo del 10 dicembre che non lasciava presagire bene rispetto alle posizioni dell’azienda, oggi abbiamo registrato una disponibilità a ridiscutere un nuovo piano industriale e a bloccare l’avvio di quelle procedure annunciate in precedenza che tanto creavano preoccupazione nei nostri territori sia per lo stabilimento di Comunanza che per Fabriano». Queste le parole del presidente della Regione Francesco Acquaroli al termine del Tavolo. «Sicuramente – ha proseguito Acquaroli –  ancora tanto c’è da fare e da discutere perché il percorso sarà lungo, ma siamo positivi di fronte alla disponibilità del Governo, che ringraziamo, a supportare e sostenere questa fase di rilancio economico di questo settore strategico  intervenendo anche in sede europea per far comprendere la necessità di non delocalizzare questi siti produttivi, tanto più in un settore che per rappresenta l’eccellenza manifatturiera nazionale e marchigiana come in questo caso. È stata anche rinnovata la disponibilità delle istituzioni regionali a collaborare con tutti gli strumenti a nostra disposizione per tutelare tutti i lavoratori. Vogliamo essere fiduciosi ma non abbassiamo la guardia: ci rivedremo tra la fine di febbraio e i primi di marzo per valutare quali sono le reali disponibilità che l’azienda metterà in campo».

Il presidio dei lavoratori Beko Europe

I sindacati

«La disponibilità di Beko a iniziare un confronto su un nuovo piano industriale, senza aprire la paventata procedura di chiusura e di licenziamento, costituisce il presupposto minimo per iniziare una trattativa», scrivono in una nota unitaria Fim, Fiom, Uilm e Uglm. «Tuttavia, le disponibilità aziendali sono ancora estremamente generiche. Beko ha parlato di un piano di investimenti più cospicuo pari a 300 milioni di euro, ha fatto intravedere la possibilità di non chiudere Comunanza e di prevedere un percorso di tre anni per Siena, dove comunque ribadisce la volontà di cessare la produzione. Grazie alla lotta dei lavoratori – Governo e Istituzioni locali hanno offerto il loro sostegno a supportare gli investimenti e a acquistare l’immobile di Siena, garantendone la destinazione industriale. Rivendichiamo che tutte queste prese di posizione si traducano in proposte concrete già nel prossimo incontro previsto per il 10 febbraio. Finché non sarà garantita la continuità produttiva e occupazionale per tutti i 4.400 lavoratori italiani, continua non solo il confronto, ma anche la lotta», concludono le parti sociali.





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