quattro sfide che l’Europa (e non solo) dovrà affrontare nei prossimi anni

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Microcredito

per le aziende

 


Si scrive Ppwr, si legge Packaging & packaging waste regulation. È il nuovo regolamento dell’Unione europea sugli imballaggi, che entrerà in vigore nelle prossime settimane dopo il voto del Consiglio dell’Ue dello scorso dicembre. L’obiettivo è ambizioso: la drastica diminuzione dei rifiuti da imballaggi. Entro il 2040, ogni Stato membro dovrà ridurli del 15% rispetto al 2018. Per raggiungere questo traguardo, il regolamento prevede una serie di misure: dal divieto di alcuni imballaggi monouso a partire dal 2030 al principio “Recyclable by design”, che impone che tutti gli imballaggi siano progettati per essere riciclabili entro la fine del decennio, con percentuali minime fissate tra il 65% e il 70%. C’è attenzione anche per il riuso: la catena di distribuzione, in particolare quella al dettaglio, dovrà essere ripensata per privilegiare imballaggi riutilizzabili. Il riuso degli imballaggi è già realtà in alcuni Paesi, sostenuto grazie a norme specifiche, ed esistono anche esperienze virtuose di aziende private: packaging riutilizzabile, servizi per progettare la restituzione delle stoviglie, bottiglie di vetro restituibili.

Il regolamento europeo ha riacceso il dibattito sul ruolo di riuso e riciclo nell’economia circolare. Bruxelles, secondo molti attori italiani, sembra favorire il primo, suscitando preoccupazioni per la filiera del riciclo e degli imballaggi, considerata un’eccellenza dell’economia circolare italiana. Da tempo l’industria e la politica europee, oltre a tanti cittadini, riconoscono che il modello lineare, che porta dalle materie prime alla discarica, presenta sempre più criticità: dalla scarsità delle risorse alle difficoltà di approvvigionamento, fino agli impatti ambientali della logistica. Tuttavia, sulle ricette per invertire la rotta sono emerse divisioni tra i Paesi nordici, che favoriscono il riuso, e altre nazioni, tra cui l’Italia, che sostengono il riciclo, anche per l’importanza del settore degli imballaggi nel tessuto industriale nazionale.

Una distanza culturale e politica che non è recente. Nei Paesi dell’Europa settentrionale e in Germania, il riuso è una pratica consolidata, supportata da infrastrutture efficienti e da una cultura radicata nella sostenibilità. Per esempio Aarhus, seconda città della Danimarca, ha avviato un progetto sperimentale triennale per promuovere il riutilizzo nel settore del packaging takeaway. Solo nel primo anno sono stati restituiti oltre 750mila bicchieri, l’equivalente di 7.500 bidoni di rifiuti da contenitori monouso. Anche nei Paesi Bassi il governo lavora molto con la cittadinanza per incentivare il riuso.

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

In Italia, invece, il riciclo ha raggiunto livelli notevoli, trainato da una filiera industriale all’avanguardia. Secondo il rapporto del Conai-Consorzi di filiera, il tasso di riciclo degli imballaggi in legno è al 63%, superando ampiamente l’obiettivo Ue del 30% per il 2030. Nel settore dell’alluminio, il tasso di riciclo è del 74%, ben oltre il 60% richiesto dall’Unione.

Il riciclo richiede comunque energia e risorse: per essere riciclati, i materiali vengono trasportati, scomposti e lavorati e infine riassemblati in un nuovo prodotto. E le sfide climatiche impongono al settore di fare di più: imballaggi sempre migliori e con standard sanitari elevati.


LEGGI ANCHE – LA CRESCITA DELL’ECONOMIA CIRCOLARE NON BASTA PER FRONTEGGIARE L’IMPIEGO DI RISORSE


Politiche fiscali circolari

Ora la Commissione europea propone un regolamento che promuove sia il riuso che il riciclo degli imballaggi. Ma c’è chi pensa che serva maggiore ambizione, come le organizzazioni e aziende riunite in Zero waste Europe, che a fine novembre hanno inviato una lettera aperta ai parlamentari europei. Già, ma per chiedere cosa? Molto si gioca sull’introduzione di “giusti strumenti fiscali ed economici per guidare una vera trasformazione”. Ad esempio, spostare gli oneri fiscali dal lavoro all’estrazione delle risorse renderebbe le pratiche più economicamente sostenibili e incoraggerebbe le aziende a ridurre gli sprechi e massimizzare il riuso. Secondo le associazioni, l’Ue dovrebbe poi integrare i principi dell’economia circolare più direttamente nelle sue politiche commerciali, estendendo strumenti come il Carbon border adjustment mechanism per includere l’intensità di risorse dei prodotti importati, e “inviando un chiaro segnale che l’economia circolare non si ferma ai confini europei”.

O si collabora o si “muore”

Se la circolarità sarà un affare per ricchi, non vinceremo la sfida. Ci sono, per fortuna, molti dibattiti in corso sui benefici dell’economia circolare nei Paesi in via di sviluppo. Gli esperti concordano su un aspetto: c’è bisogno di governi che collaborino a livello internazionale. Alla recente Cop 29 di Baku è stato chiesto a Inger Andersen, direttrice esecutiva dell’Unep, se ci fosse ancora la possibilità di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi. L’economista svedese non ha esitato un attimo: l’obiettivo, ha detto, è raggiungibile, ma “molte altre nazioni devono raccogliere il testimone della circolarità nei loro nuovi impegni climatici”. Qualche mese prima, anche il World economy circular forum 2024, che aveva riunito a Bruxelles i più importanti esperti di economia circolare, si era concluso con un messaggio analogo: “Il cambiamento non avviene da soli, l’economia circolare supera i confini geografici, richiedendo la collaborazione tra nazioni, organizzazioni e stakeholder”. Non è un caso che la prossima edizione del forum, in primavera, si terrà per la prima volta in America Latina, in quel Brasile ai primi posti nel mondo per produzione di rifiuti.

Torniamo alle prospettive dell’Ue: secondo l’ultima relazione dell’Agenzia europea per l’ambiente (Aea), rispetto ad altre regioni del mondo l’Europa consuma una percentuale più elevata di materiali riciclati. Tuttavia, i progressi sono stati lenti e l’Ue è ancora lontana dal raggiungere il proprio ambizioso obiettivo di raddoppiare il tasso di circolarità entro il 2030.

Come accelerare verso la transizione? Di certo una delle massime priorità di Jessika Roswall, nuova Commissaria Ue per l’ambiente, la resilienza idrica e, appunto, l’economia circolare competitiva, sarà l’elaborazione di una nuova legge sull’economia circolare, per rafforzare il Circular economy action plan del 2020. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha sottolineato l’importanza di creare una domanda di mercato per i materiali secondari e di stabilire un mercato unico per i rifiuti, in particolare per materie prime essenziali come rame e litio.

Intanto, a partire da quest’anno, in tutti gli Stati membri Ue, le bottiglie di plastica dovranno contenere almeno il 25% di plastica riciclata. Già lo scorso luglio era entrato in vigore un altro obbligo indicato dalla Direttiva Sup che interessava i contenitori in plastica e tetrapak per bevande con capacità fino a tre litri, nello specifico i tappi. Altri passi avanti sono stati fatti con la direttiva Ue sulla riparazione e i regolamenti correlati: la legge, approvata ad aprile 2024, supporta la riparazione indipendente e migliora l’accesso dei consumatori a opzioni di riparazione accessibili.

Carta di credito con fido

Procedura celere

 


LEGGI ANCHE – RIPENSARE IL MONDO. CRADLE TO CRADLE COME UN’OPPORTUNITÀ DI DESIGN


Oro dai rifiuti elettronici

Tutto bene, quindi? Non proprio. Restano sul tavolo alcuni nodi, e il primo riguarda proprio la battaglia contro i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee). La domanda di elettronica è, infatti, in forte crescita in Europa e non solo: secondo il Global E-waste monitor, la produzione mondiale di Raee sta aumentando cinque volte più velocemente rispetto al loro riciclo. Ci sono indubbiamente alcune innovazioni promettenti. Un team di ricerca guidato dalla Cornell University, negli Usa, ha sviluppato un metodo per estrarre oro dai rifiuti elettronici, utilizzandolo poi come catalizzatore per trasformare l’anidride carbonica (CO2) in materiali organici. Per Amin Zadehnazari, uno degli autori della ricerca, questo metodo potrebbe garantire ogni anno un utilizzo sostenibile di circa 50 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici in via di smaltimento.

Ed è italiano il primo impianto europeo per il recupero di metalli preziosi e materie prime critiche provenienti dai Raee. Situato in Toscana, è stato inaugurato a fine dicembre dal gruppo Iren e si estende su una superficie di circa 2.400 metri quadrati. L’impianto è in grado di trattare oltre 300 tonnellate di schede elettroniche all’anno, recuperando in media ogni settimana un chilogrammo d’oro, due chili d’argento, 0,5 di palladio e 500 di rame metallico puro.

Nel frattempo si fanno strada esempi virtuosi come Back Market, il marketplace internazionale dedicato alla vendita di prodotti tecnologici ricondizionati. Come raccontato in questo podcast della Fondazione Ellen MacArthur, è stato creato otto anni fa ed è ora operativo in 17 Paesi tra Europa, Stati Uniti e Asia. Un’idea, quella di ampliare l’economia circolare attorno ai prodotti tecnologici, che diventa anche un business fiorente.

Il secondo tema riguarda lo smaltimento delle batterie delle auto elettriche quando vengono ritirate dalla circolazione. Al momento il processo di riciclo è economicamente oneroso e gli impianti specializzati si trovano solamente in pochi Paesi europei, per lo più in Germania, Francia, Belgio e Spagna. Ma l’Ue farebbe bene a puntarci. Secondo l’associazione Transport&Environment, il riciclo delle batterie potrebbe rendere il Vecchio continente quasi autosufficiente sul cobalto nel 2040. Non solo: già entro il 2030 potrebbe fornire il 14% del litio, il 16% del nichel, il 17% del manganese e un quarto del cobalto di cui l’Europa avrà bisogno per la produzione di auto elettriche. Tuttavia l’Ue, fa notare lo studio, a oggi sconta una carenza di competenze tecniche e la mancanza di sostegno finanziario.

Il terzo nodo riguarda l’industria della moda, ancora troppo inquinante nonostante i progressi verso scelte più green e socialmente giuste. Una recente indagine dell’organizzazione Changing markets ha evidenziato come molti grandi marchi promuovano programmi per il riutilizzo dei vestiti senza garantire il tracciamento della filiera, cadendo in pratiche di greenwashing. Anche le scelte dei consumatori, complice la forte influenza del marketing, hanno il loro peso.

Ogni anno un cittadino europeo compra in media 26 chili di prodotti tessili, e ne butta via 11. Che fine fanno questi vestiti? Non sempre sono riciclabili o comunque sono molto difficili da riciclare. molti di questi finiscono in discariche abusive in Africa, per esempio in Ghana, o in Sud America. In questo contesto la tecnologia può aiutare a mettere a punto strategie virtuose. Poche settimane fa a Torino un gruppo di associazioni ha lanciato il progetto RiVestiTO, che punta a indirizzare ciascun materiale tessile verso la modalità di valorizzazione più adatta. Lo fa attraverso una piattaforma basata sull’intelligenza artificiale, che aiuta a classificare e digitalizzare i vestiti, e un’app per mettere in contatto domanda e offerta.

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

Anche sostituire un oggetto con un’esperienza può essere un modo di incentivare la circolarità: è quello che ha fatto la catena Burger King quando ha smesso di regalare giocattoli di plastica per bambini, offrendo in cambio “Animal Planet”, un gioco di realtà aumentata immersivo e basato sulla natura.

Infine, emerge un interrogativo inedito: che fine faranno i robot che, sotto varie forme, saranno sempre più presenti nella nostra vita quotidiana? Non ancora classificati come rifiuti elettronici, hanno però anch’essi un ciclo di vita. Secondo uno studio dell’Università di Bristol e dell’Università del West England, potrebbero essere riprogrammati per nuovi compiti, anziché smaltiti. Una prospettiva che invita l’industria della robotica a progettare sin d’ora soluzioni orientate alla circolarità.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *