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La FNOMCeO con una comunicazione trasmette la Circolare del Ministero della Salute del 29 gennaio 2025 recante “Focolai di Influenza Aviaria da sottotipo H5N1: aggiornamento della situazione epidemiologica e delle indicazioni di sanità pubblica”.

A livello nazionale, dal 23 settembre 2024 al 20 gennaio 2025 – si legge nel documento – si sono registrati 53 focolai di influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) causati dal sottotipo H5N1, clade 2.3.4.4b, nel pollame dei quali 23 in Veneto, 22 in Lombardia, 6 in Emilia Romagna e 2 in Friuli Venezia Giulia e al 7 gennaio 2025, 77 casi nei volatili selvatici. Nell’attuale stagione epidemica è stato riscontrato in Italia un solo caso casi di infezione in mammiferi selvatici (volpe in provincia di Pordenone) mentre è stata rilevata una positività in un gatto domestico presso un allevamento familiare già oggetto di focolaio confermato per influenza A(H5N1) HPAI. In Italia non sono stati rilevati casi di H5N1 nell’uomo. Attualmente gli esperti hanno valutato che il rischio di contrarre un’infezione da virus dell’influenza aviaria HPAI H5 del clade 2.3.4.4b rimane basso per la popolazione generale. Per coloro che sono esposti ad animali infetti o a materiali contaminati (es. personale che lavora nei focolai di HPAI) nel territorio nazionale, il rischio di infezione viene valutato da basso a moderato“.

Le infezioni da influenza aviaria, suina e altre zoonosi nell’uomo possono causare “forme di malattia che vanno da una lieve infezione delle vie respiratorie superiori (febbre e tosse) a una rapida progressione, fino a polmonite grave, sindrome da distress respiratorio acuto, shock e persino decesso. I sintomi respiratori generalmente sono quelli più rappresentati. I sintomi iniziali comuni sono febbre alta (pari o superiore a 38°C) e tosse seguiti da sintomi che coinvolgono le basse vie respiratorie, tra cui dispnea o difficoltà respiratorie. I sintomi delle alte vie respiratorie come mal di gola o raffreddore sono meno comuni. Anche i sintomi gastrointestinali, quali nausea, vomito e diarrea sono stati frequentemente riportati nell’infezione da A(H5N1). Nel decorso clinico di alcuni pazienti sono stati riportati anche dolore addominale, sanguinamento dal naso o dalle gengive, encefalite e dolore toracico. Nei casi di infezione umana da H5N1 riscontrati a seguito dei focolai negli allevamenti di bestiame negli USA, la congiuntivite è stata una presentazione comune. Anche nell’influenza A(H7) è stata riportata la congiuntivite. Le caratteristiche della malattia come il periodo di incubazione, la gravità dei sintomi e l’esito clinico variano a seconda del virus che causa l’infezione. In molti pazienti con virus dell’influenza aviaria A(H5) o A(H7N9), la malattia ha un decorso clinico aggressivo. Le complicanze dell’infezione comprendono polmonite grave, insufficienza respiratoria ipossiemica, disfunzione multiorgano, shock settico e infezioni batteriche e fungine secondarie. Per le infezioni da virus dell’influenza aviaria A(H5N1) nell’uomo, i dati attuali indicano un periodo di incubazione che varia in media da 2 a 5 giorni e fino a 17 giorni. Il periodo medio di incubazione è più lungo di quello dell’influenza stagionale (2 giorni)”.

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Le infezioni da virus dell’influenza aviaria nell’uomo “possono verificarsi attraverso una varietà di vie di trasmissione ed esposizioni, tra cui il contatto diretto o ravvicinato con animali infetti o con i loro fluidi corporei, tessuti o escrementi, l’ingestione e l’inalazione di virus aerosolizzato e l’esposizione a un ambiente contaminato. Tuttavia, la trasmissione del virus dell’influenza aviaria agli esseri umani è un evento raro e i casi umani segnalati in tutto il mondo finora sono stati sporadici  Secondo EFSA, ECDC ed EURL14 le persone a maggior rischio di infezione per trasmissione da animale a persona sono principalmente quelle a diretto contatto con pollame o uccelli domestici affetti, o con le loro carcasse (ad esempio lavoratori agricoli presso allevamenti di pollame, veterinari e operai coinvolti nell’abbattimento degli animali infetti). I criteri epidemiologici che definiscono un’esposizione a rischio sono la trasmissione interumana per contatto ravvicinato a distanza di un metro o inferiore con una persona contagiata, l’esposizione in laboratorio e l’esposizione ad animali infetti o per i quali sia presente un sospetto di infezione”.

La Circolare

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