Il caso Almasri: un intrigo internazionale tra giustizia, sicurezza e interessi nazionali

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 


Il caso Almasri: un intrigo internazionale tra giustizia, sicurezza e interessi nazionali

L’avvocato Giulia Bongiorno rappresenterà la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, i ministri dell’Interno, Matteo Piantedosi, della Giustizia, Carlo Nordio, e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai servizi segreti, Alfredo Mantovano, sul caso del generale libico Osama Almasri Najeem.

Il generale, infatti, è stato riportato in Libia con un aereo di Stato dopo essere stato prelevato a Torino durante una partita. Il generale prima di fare tappa in Italia sarebbe passato per la Germania e presumibilmente in altri Paesi europei secondo quanto riferito alla stampa dai membri del governo italiano. L’avvocato Luigi Li Gotti ha chiesto alla magistratura inquirente di indagare anche sulla legittimità dell’utilizzo di un aereo di Stato per prelevare il generale libico a Torino e condurlo in Libia, sebbene l’esecutivo e in particolare la premier Giorgia Meloni abbiano motivato il rimpatrio con “ragioni di sicurezza di Stato”. L’avvocato Li Gotti ha comunque dichiarato che “è fondamentale accertare se il rimpatrio sia avvenuto nel rispetto delle leggi e delle procedure internazionali, e se l’utilizzo di un aereo di Stato fosse giustificato.” Al di la delle strumentalizzazioni politiche del caso e su come il rimpatrio sia stato gestito dal governo italiano, qui proveremo a esaminare quali possano essere state le motivazioni dietro a tali scelte.

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

Chi è Osama al Najem

Per prima cosa cerchiamo di capire chi è Osama Almasri Najeem, la sua influenza, alleanze e di cosa è accusato. Il generale è il capo della cosiddetta Polizia giudiziaria affiliata alla potente Forza speciale di deterrenza (Radaa), una milizia armata guidata dal salafita Abdel Raouf Kara che controlla punti strategici della capitale libica, Tripoli, come l’aeroporto internazionale in ricostruzione, l’aeroporto di Mitiga, compreso il carcere dove sono detenuti terroristi, personalità di spicco del regime Gheddafi ed elementi considerati di elevata pericolosità. Nello svolgimento delle sue funzioni, al Najem ha stretto alleanze ed è considerato con rispetto da altre milizie, come la stessa polizia giudiziaria di Ain Zara, il cui direttore è stato tra i primi a rilasciare dichiarazioni provocatorie contro l’Italia, ma anche a Souq al Jumaa e a Zawiya, già tristemente nota per i continui scontri tra gruppi armati rivali oltre che per essere un hotspot per le partenze dei migranti clandestini.

Le accuse

Il 18 gennaio 2025, la Camera preliminare I della Cpi a maggioranza, ha emesso un mandato di arresto per Almasri. Il generale, come conferma la stessa corte, presumibilmente a capo delle strutture carcerarie di Tripoli, dove migliaia di persone sono state detenute per periodi prolungati, è sospettato di crimini contro l’umanità e crimini di guerra, tra cui omicidio, tortura, stupro e violenza sessuale, presumibilmente commessi nella prigione di Mitiga dal 15 febbraio 2015 in poi. La Camera ha ritenuto che i crimini indicati nel mandato sono stati commessi personalmentedall’ufficiale libico, su suo ordine o con la sua assistenza da membri delle Forze di deterrenza speciali Rada. I crimini hanno avuto luogo nella prigione di Mitiga, contro persone incarcerate per motivi religiosi (come essere cristiani o atei); per le loro presunte violazioni dell’ideologia religiosa promossa dalla milizia (ad esempio, sospettate di “comportamento immorale” e omosessualità); per il loro presunto sostegno o affiliazione ad altri gruppi armati, a scopo di coercizione, o una combinazione di questi.

Secondo la testimonianza di ex detenuti nella prigione di Mitiga, gli amministratori della prigione hanno sottoposto i detenuti a tortura. Ex detenuti di Mitiga hanno riferito di essere stati sospesi dalle spalle per molte ore, con conseguenti lussazioni, percosse durate fino a cinque ore, percosse con tubi PPV, percosse ai piedi in uno strumento di tortura chiamato gabbia “al-Falqa”; nasi e denti rotti. I leader della Rada Khalid al-Hishri Abuti, Moadh Eshabat, Hamza al-Bouti Edhaoui, Ziad Najeem, Nazih Ahmed Tabtaba, così come il capo della Radaa, Abdulrauf Kara, e i direttori della prigione Osama Najeem e in passato Mahmoud Hamza hanno supervisionato la prigione secondo un ex detenuto nella struttura. La stessa Radaa si è più volte rifiutata di rilasciare membri e leader di sicurezza del precedente regime, nonostante gli ordini del ministero della Giustizia del Governo di Unità nazionale. Così come in passato è accaduto per altre prigioni finite nelle mani dei “rivoluzionari” dopo la caduta di Gheddafi. Il 14 novembre 2015, infatti il direttore del dipartimento di pattuglia del servizio di pubblica sicurezza sotto il regime di Gheddafi, il generale di brigata Nuri al Jalawawi, è morto dopo essere stato torturato nella prigione di Al-Hadhba a Tripoli, secondo attivisti per i diritti umani e resoconti della stampa. Nuri è stato arrestato dopo la rivoluzione del 2011 e trattenuto in questa “gabbia” a sud di Tripoli. La corte d’appello di Tripoli ha sospeso il caso contro di lui e ha ordinato il suo trasferimento all’ospedale psichiatrico di Al-Razi a Gargaresh, tuttavia, non è mai stato trasferito o rilasciato.

La controversia con la Cpi

La Cancelleria della Cpi, agendo in consultazione e coordinamento con l’Ufficio del Procuratore e sotto l’autorità della Camera, ha presentato una richiesta di arresto del sospettato a sei Stati membri, tra cui l’Italia. La richiesta della Corte è stata trasmessa attraverso i canali designati da ciascuno Stato ed è stata preceduta da una consultazione preventiva e da un coordinamento con ciascuno Stato per garantire l’adeguata ricezione e l’ulteriore attuazione della richiesta della Corte. La Corte ha inoltre trasmesso informazioni in tempo reale indicanti la possibile ubicazione e i possibili spostamenti del sospettato attraverso la zona Schengen europea. Parallelamente, come previsto dallo Statuto, la Corte ha inoltrato una richiesta all’Interpol di emettere un red alert. Il sospettato è stato localizzato a Torino, Italia, nelle prime ore di domenica 19 gennaio 2025 ed è stato arrestato con successo dalle autorità italiane. Il sospettato è stato trattenuto in custodia in attesa del completamento delle procedure nazionali richieste relative al suo arresto e alla sua consegna alla Corte. Su richiesta e nel pieno rispetto delle autorità italiane, la Corte si è deliberatamente astenuta dal commentare pubblicamente l’arresto del sospettato. Allo stesso tempo, la Corte ha continuato a perseguire il suo impegno con le autorità italiane per garantire l’effettiva esecuzione di tutti i passaggi richiesti dallo Statuto di Roma per l’attuazione della richiesta della Corte. In questo contesto, la Cancelleria ha anche ricordato alle autorità italiane che nel caso in cui individuassero problemi che potrebbero impedire l’esecuzione della presente richiesta di cooperazione, dovrebbero consultare la Corte senza indugio al fine di risolvere la questione. Il 21 gennaio 2025, senza preavviso o consultazione con la Corte, Osama Elmasri Najeem sarebbe stato rilasciato dalla custodia e riportato in Libia, afferma la Cpi, che sta cercando, e deve ancora ottenere, una verifica dalle autorità sui passi presumibilmente intrapresi. Ma quali sono le motivazioni, ovvero le ragioni di sicurezza dello Stato, che possano aver spinto il governo Meloni in questa direzione?

La stabilità di Tripoli

Il mancato rilascio del sospettato avrebbe potuto gettare la capitale nel caos, mettendo a rischio la tenuta del già fragile controllo del Governo di unità nazionale (Gnu) di Abdel Hamid Dabaiba, principale partner del governo italiano che ha finora garantito interessi strategici all’Italia, compresa la firma di cospicui contratti nel settore energetico e dell’Oil e Gas.

Lo scorso anno è stato testimone di crescenti tensioni, talvolta sfociate in scontri armati, tra la potente Rada di Abdel Raouf Karaa e l’Agenzia di supporto alla stabilità (Ssa) di Abdel Ghani al Kikli (Gnewa). Il Gnu si è mosso bene per scongiurare uno scontro diretto che avrebbe potuto portare a un disastro considerando che hanno sede nelle aree densamente popolate di Tripoli, come Abu Salim e Souq Al Jouma.

Il mancato rilascio dunque del generale da parte dell’Italia avrebbe potuto esacerbare il già precario contesto di sicurezza e mettere ulteriormente in pericolo i civili che vivono in queste aree. Finora l’approccio di Dabaiba ha puntato sull’espansione militare di piccole fazioni allineate con lui, insieme alla sua deliberata esclusione ed emarginazione di alcuni gruppi che in precedenza erano centrali per qualsiasi governo, tra cui la stessa Radaa, oltre a Nawasi, Juwaili e gli Amazigh. Considerato ciò un torto da parte dell’Italia avrebbe sicuramente messo in difficoltà l’alleato sulla sponda sud del Mediterraneo, che avrebbe indubbiamente comportato una generalizzata instabilità, terreno fertile come sappiamo per terrorismo e traffici illegali, compresi quelli della peggior specie come la tratta di esseri umani.

La minaccia dei tagli al gas

Secondo una fonte vicina ad Abdel Raouf Karaa, sentita da “Strumenti Politici”, il leader salafita avrebbe minacciato lo staff dell’ambasciata a Tripoli, consigliando loro di “dormire in ambasciata” la notte in cui Almesri sarebbe poi stato rilasciato.Karaa, capo delle Forze Speciali di Deterrenza, sarebbe stato pronto a chiudere il gasdotto Greenstream, che collega la Libia all’Italia, interrompendo i flussi di gas verso il paese. Il gasdotto, lungo 540 chilometri, parte da Mellitah in Libia e arriva a Gela in Sicilia, e trasporta il gas proveniente da diversi giacimenti libici. Al momento, non è stato possibile verificare queste ricostruzioni da fonti indipendenti.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

A rischio interessi strategici

In caso di una nuova escalation di violenza a Tripoli, sarebbero a rischio non solo la sicurezza della sede diplomatica italiana e del suo staff, ma anche numerosi interessi nazionali. Una reazione della potente milizia Radaa e di altri gruppi armati anti-Gnu avrebbe potuto avere gravi conseguenze, con potenziali attacchi e danni.L’Italia è particolarmente coinvolta nella ricostruzione dell’Aeroporto internazionale di Tripoli attraverso un consorzio di società che sta realizzando due nuovi terminal, un progetto da decine di milioni di euro. I lavori, iniziati sette anni fa, sono stati più volte sospesi a causa del conflitto armato, della pandemia e di recenti problemi con i subappaltatori. Nonostante le richieste del primo ministro Dabaiba di accelerare i lavori e completare l’aeroporto entro la fine dell’anno, la scadenza è stata recentemente posticipata al 2025. Lo scalo è chiuso dall’estate del 2014 a causa dei danni subiti durante gli scontri tra milizie rivali.

Mentre la Magistratura è chiamata ad accertare le dinamiche dei fatti, il governo si appresta a decidere se e con chi intenda riferire sulla questione in Parlamento la prossima settimana. Questo articolo si propone di gettare luce sulla complessità del fascicolo libico, proponendo una riflessione sui fattori da valutare per salvaguardare gli interessi nazionali e la sicurezza del Paese, due elementi che sembrano essere stati trascurati nel dibattito politico finora.

Libia mappa concettuale

I precedenti

La caduta del regime di Gheddafi nel 2011 ha innescato una lunga stagione di instabilità politica e conflitti armati, con la proliferazione di milizie e gruppi terroristici.

L’intervento militare della NATO nel 2011, sebbene motivato da ragioni umanitarie, ha contribuito al caos libico.

Le diverse iniziative di mediazione internazionale, promosse da ONU, Unione europea, Unione africana e Lega araba non sono riuscite a pacificare il Paese.

Le sfide attuali

La presenza di milizie armate che controllano porzioni di territorio e risorse naturali.

Microcredito

per le aziende

 

La minaccia terroristica rappresentata da gruppi jihadisti.

I traffici illeciti di armi, droga e esseri umani che alimentano l’instabilità.

La crisi umanitaria con centinaia di migliaia di sfollati e migranti bloccati nel Paese.

Gli interessi nazionali

La sicurezza dell’Italia, minacciata dalla presenza di gruppi terroristici e dai flussi migratori incontrollati.

La stabilità del Mediterraneo, regione di vitale importanza per l’Italia.

Gli interessi economici legati alle risorse energetiche e alla presenza di imprese italiane in Libia.

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

Le possibili strategie

Un maggiore coinvolgimento dell’Italia nelle iniziative di mediazione internazionale.

Il sostegno al governo di unità nazionale libico,

La cooperazione con i Paesi vicini per affrontare le sfide comuni.

Un approccio integrato che tenga conto degli aspetti politici, economici e sociali della crisi libica.



Source link

Prestito personale

Delibera veloce

 

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *