Trentadue misure cautelari, comprese quelle nei confronti di Lucia Gargano, ripresa in video con i detenuti durante i colloqui in carcere, e di Vincenzo Saulino, psicologo anti-suicidi dietro le sbarre
Non parlava al telefonino per il timore di essere intercettato. E per questo motivo gli investigatori della polizia penitenziaria hanno dovuto utilizzare telecamere e microfoni nascosti nel carcere di Rebibbia per scoprire come Vincenzo Saulino, 69 anni, psicologo dell’unità Patologie da dipendenza in ambito penitenziario, contattava alcuni detenuti per concordare il pagamento di falsi certificati medici per ottenere permessi d’uscita o misure alternative sulla base di colloqui psicologici. Il professionista è ora ai domiciliari dopo essere stato arrestato su ordine del gip Annalisa Marzano nell’ambito di una doppia operazione di Penitenziaria e carabinieri del Gruppo di Frascati, i quali hanno sgominato un traffico di cocaina dall’Olanda messo in piedi da boss reclusi con la complicità, secondo l’accusa, di un paio di avvocati: Lucia Gargano, arrestata, e Danilo Siliquini, solo indagato.
La condanna in primo grado e poi l’assoluzione
La prima era già rimasta coinvolta nell’inchiesta sulla «pace mafiosa» del 2017 sancita da Salvatore Casamonica e Fabrizio Piscitelli, alias Diabolik, in un ristorante a Grottaferrata nel 2017. Condannata in primo grado, era stata assolta in appello. Siliquini era invece finito ai domiciliari già nel 2018 per aver ceduto a pagamento droga e telefonini a un detenuto sempre a Rebibbia. A distanza di otto anni dalle prime contestazioni, Gargano è di nuovo nei guai: secondo i magistrati della Direzione distrettuale antimafia il suo ruolo era quello di assicurare i contatti fra i narcos detenuti e quelli in libertà affinché gli affari legati al traffico di droga proseguissero regolarmente.
La guerra fra i clan della droga prima del Covid
Cocaina destinata alle piazze di Tor Bella Monaca, Cinecittà, Tuscolano, Valle Martella (Zagarolo). Con un sistema di pizzini e telefonini i trafficanti come Christian Damiani, 42 anni, detto «Tacchino», all’epoca latitante, riuscivano a mantenere il controllo dell’organizzazione. Fra i complici reclusi anche Alessio Lori, collaboratore di Elvis Demce – boss vicino a Diabolik -, suicida nel novembre scorso in un «b&b di via Tripoli, al quartiere Africano, insieme con Fabrizio Capogna, detto «Squalo», pentito e in quest’indagine solo indagato. Protagonisti dell’ultima guerra fra i clan della droga nella Capitale, con morti e feriti, alcuni dei quali sembra in rapporti proprio con lo psicologo arrestato a Rebibbia. Fra i 28 destinatari delle misure cautelari anche alcune «rette», stipendiate con 250 euro al mese per nascondere lo stupefacente a casa loro. L’avvocato Gargano è stato filmato nel 2018 durante i colloqui in carcere mentre passava messaggi ai detenuti da parte di Damiani approfittando della sua professione. «Te lo manda Christian», diceva agli interlocutori ai quali consegnava manoscritti ma anche telefonini.
Il ruolo di un pentito per scoprire lo psicologo
Anche lo psicologo Saulino agiva soprattutto in carcere. Per due operatrici di Rebibbia – Antonella Abate e Claudia Bove – il gip ha disposto la sospensione dal pubblico servizio per un anno. Ai domiciliari anche Maurizio Mastromatteo, uno dei detenuti che hanno pagato mille euro per ottenere un certificato falso. A rivelare l’attività clandestina del medico in servizio presso il Ser.D. del carcere è stato un collaboratore di giustizia sentito dagli agenti del Nic (Nucleo investigativo centrale della Penitenziaria). Loro hanno scoperto come lo psicologo cercava di «aiutare» il maggior numero di detenuti in modo da aumentare così le ore lavorative e i compensi per il suo servizio nel contrasto al rischio suicidi in carcere. E proprio in questo campo Saulino ha tentato per l’accusa di ottenere 100mila euro di contributo dalla Regione per il «Progetto sportello», mai finanziato dopo la revoca del bando.
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