Nove anni dalla scomparsa di Giulio Regeni, a Fiumicello un’onda gialla abbraccia la famiglia

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La verità: reclamata sabato 25 gennaio, a più voci, illustri ma non solo. Indossata, una lettera per ogni t-shirt, giallo su sfondo nero: «Verità per Giulio Regeni». La folla attorno, radunata, ancora una volta, a nove anni dalla scomparsa del giovane ricercatore friulano. La richiesta non è cambiata, ed è stata espressa anche durante la serata svolta all’interno della palestra di pattinaggio di Fiumicello Villa Vicentina.

Anniversario scomparsa Regeni, Pif: “Questa battaglia è una lezione di vita”

Verità: per tutti i Giulio del mondo, la speranza rinfocolata dalle ultime novità emerse in merito all’assassinio del dottorando di Cambridge, a inizio 2016: il processo a carico dei quattro 007 egiziani accusati del sequestro e dell’uccisione di Giulio Regeni è in corso di svolgimento a Roma. «Qualcosa è cambiato», il pensiero con cui il giornalista Beppe Giulietti ha dato il là allo speciale, sentito evento. «Tutti abbiamo contribuito a queste udienze», ha detto l’ex presidente della Fnsi.

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L’onda gialla

A dare il benvenuto alle centinaia di persone accorse, il sindaco di Fiumicello Villa Vicentina Alessandro Dijust: «Nel 2016 tutto il nostro paese ha subito una ferita che è ancora aperta. Non posso pensare che l’impegno dimostrato dalla famiglia di Giulio e di tutta l’Onda gialla vada sprecata: dobbiamo continuare a lottare e insieme vinceremo questa battaglia». Eccoli, allora, Paola Deffendi e Claudio Regeni, ad abbracciarli gli amici, i concittadini; sul palco, intanto, uno striscione: il motto lo stesso, imperituro, commovente. Tale da generare un’immediata standing ovation, il primo di tanti scrosci d’applausi.

Normalità

Applausi, commozione. Normalità, ormai, per una serata che, di anno in anno, rinnova la stessa lotta. «Chiedere giustizia è la normalità – il pensiero di Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, attore e regista –; ciò che la società vuole, ciò che parte della politica sembra volere è essere passivi, piangere Giulio, senza creare un caso diplomatico con l’Egitto. Ma questo non è normale. E rendere normale ciò che è anormale è pericolosissimo. Grazie a Giulio ho capito che la nostra missione è trasmettere alle generazioni future questo insegnamento».

L’assist colto dal presidente dell’Ordine dei giornalisti Carlo Bartoli: «Questo è un momento per ricordare delle cose che non sono sempre normali, come impegnarsi per ottenere giustizia, per fare in modo che non ci siano più altri Giulio».

In un flash mob l’onda gialla abbraccia la famiglia di Giulio Regeni

Giulio lo studioso

Mentre Lorenzo Terranera, in background, disegna la sua idea di Onda gialla “cartoon”, Alberto Bertoli, figlio di Pierangelo, fa cantare l’audience. Note, immagini.

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Colori instillati anche grazie alle parole usate per descrivere Giulio Regeni: «Giulio lo studioso, il ricercatore – per la senatrice a vita Elena Cattaneo –, che ricorda il valore universale della libertà: di conoscere, di studiare. ..». E poi il giornalista Marco Damilano: «Giulio un ragazzo della Costituzione».

Un paese sicuro?

Il focus, quindi, che è andato sull’Egitto. A parlarne, senza mezzi termini, l’ex presidente della Camera dei deputati Roberto Fico: «Si sente da molti dire che l’Egitto è un Paese sicuro, lo stesso Paese in cui puoi essere torturato fino alla morte. Non c’è cooperazione economica o interesse turistico che possano tenere con un Paese che non rispetta i diritti umani».

Battaglia comune

Di Egitto ha voluto parlare anche la segretaria del Pd Elly Schlein, ma non solo: «Per nove anni non ha fatto altro che nascondere, depistare. Se c’è un processo lo si deve alla tenacia della famiglia di Giulio, all’Onda gialla. Ma questa avrebbe dovuto essere la battaglia di tutti. Invece abbiamo visto Comuni ritirare lo striscione «Verità per Giulio Regeni», aziende partecipate italiane continuare i loro affari in Egitto come se nulla fosse successo.

E accade che il nostro Paese adotti un decreto in cui si dichiara che il Paese in cui Giulio è stato torturato e ucciso è sicuro. Vogliamo essere un Paese che difende i diritti umani o che, per esempio, libera un torturatore libico riportandolo a casa?». L’amarezza lasciata in sospeso.

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«A fronte delle torture su Giulio la maggioranza al governo decise di confermare l’Egitto come Paese sicuro – il commento del deputato Gianni Cuperlo –. Con tutte le difficoltà del caso, la famiglia di Giulio ha continuato a battersi». E continua tutt’ora, col supporto della sua Onda gialla. —



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