MASSA-CARRARA. «I comuni di Carrara e di Massa, battono il record in Toscana rispettivamente per la presenza di Pfos e di Pfoa e sono tra i primi dieci per Pfas e Tfa. Per quanto riguarda i Pfos, Carrara risulta essere tra i comuni italiani più colpiti». A segnalarlo è la Rete dei comitati e delle associazioni del territorio attive sui Pfas, commentando i risultati della campagna nazionale di Greenpeace “Acque senza veleni”, con cui gli attivisti di questa organizzazione hanno prelevato 260 campioni di acqua potabile provenienti dalle fontane pubbliche di 235 comuni italiani. Pfos è l’abbreviazione di acido perfluoroottansulfonico, di un composto sintetico non biodegradabile; il Pfoa è l’acido perfluoroottanoico, un acido carbossilico di sintesi ; i Pfas sono sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate; il Tfa è l’acido trifluoroacetico è un derivato fluorurato dell’acido acetico. «Si tratta di primati di cui avremmo fatto volentieri a meno, -afferma la Rete- visto che questo territorio è già sufficientemente martoriato».
Il riferimento è ai terreni e falde del Sin/Sir apuano, ancora pesantemente contaminati. Queste strane sigle, infatti, si riferiscono a sostanze chimiche inquinanti. In particolare, le sostanze alchiliche per- e polifluorurate, ovvero i famigerati Pfas, di cui quelli citati sono solo una parte, rappresentano un ampio gruppo, comprendente oltre 10mila molecole di sintesi, non presenti in natura e prodotte solo dalle attività economiche umane, utilizzate in numerosi processi industriali e per la realizzazione di diversi prodotti di uso comune. Definite anche “inquinanti eterni”, per la loro stabilità chimica impossibile da degradare, possono percorrere lunghe distanze nell’ambiente, ad esempio attraverso aria, acqua, polvere, entrare nella catena alimentare e persistere anche nell’organismo umano, senza subire alcuna degradazione. «Nei mesi scorsi -ricordano gli attivisti della Rete- avevamo già informato la Regione prima e poi i sindaci e i consigli comunali di tutta la Toscana riguardo al ritrovamento di Pfas da parte di Greenpeace in alcune aree della regione, soprattutto industriali».
La Rete aveva sollecitato con urgenza l’approvazione di una mozione con la quale ogni Comune si impegnasse a richiedere al proprio gestore del servizio idrico e alla propria Asl di riferimento la quantificazione della somma di Pfas presente nell’acqua destinata al consumo umano nel proprio territorio, secondo quanto disposto dalla direttiva europea 2184/2020. Gli ambientalisti chiedevano anche «l’analisi dell’acqua potabile, o dell’acqua in bottiglia, erogata nelle scuole pubbliche presenti nel Comune» e di «rendere pubbliche integralmente le risultanze provenienti dal gestore del servizio idrico e dall’Asl di riferimento e, eventualmente, da indagini effettuate in autonomia dal Comune stesso, circa la quantificazione della presenza delle singole sostanze Pfas e di farne capillare pubblicità, attraverso tutti i canali istituzionali, al fine di aumentare la consapevolezza della popolazione circa la qualità dell’acqua consumata».
Infine, si sollecitava la Regione a «varare un piano di monitoraggio capillare su tutto il territorio regionale al fine di accertare il reale stato di contaminazione delle acque destinate al consumo umano». Una ventina di Comuni toscani, tra cui Carrara, Forte dei Marmi e Camaiore, hanno già deliberato in tal senso. «A queste deliberazioni -conclude la Rete- chiediamo che siano seguiti subito atti concreti. Ci appelliamo quindi ai sindaci, affinché l’indagine indipendente di Greenpeace sia seguita da approfondimenti più capillari, effettuati dalle istituzioni competenti, condotte in maniera mirata e tale da comprenderne le cause». Al netto del numero differente di campioni analizzati da Greenpeace per ogni Regione, è possibile avere un’indicazione della diffusione della contaminazione su scala regionale, considerando il numero di campioni contaminati rispetto al totale analizzato. Le situazioni più critiche si registrano in Liguria (8 campioni contaminati su 8 analizzati), Trentino Alto Adige (4/4), Valle d’Aosta (2/2), Veneto (19/20), Emilia Romagna (18/19), Calabria (12/13), Piemonte (26/29), Sardegna (11/13), Marche (10/12) e Toscana (25/31). Le regioni in cui si riscontrano meno campioni contaminati sono, nell’ordine: Abruzzo (3/8), l’unica regione con meno della metà dei campioni positivi alla presenza di Pfas, seguita da Sicilia (9/17) e Puglia (7/13). Il quadro che emerge dall’indagine è tutt’altro che rassicurante: milioni di italiane e italiane sono esposti attraverso l’acqua potabile a sostanze chimiche pericolose e bioaccumulabili, note per essere interferenti endocrini e causare l’insorgenza di gravi patologie, tra cui alcune forme tumorali. Sono pochi i territori italiani non intaccati dalla contaminazione, con le maggiori criticità che emergono in quasi tutte le regioni del centro-nord e in Sardegna.
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