90 magistrati sono senza computer

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Milano, 25 gennaio 2025  – Fuori dal Palazzo di giustizia, i magistrati milanesi in presidio contro la riforma costituzionale che prevede la separazione della carriere tra giudici e pm. Nell’aula magna il presidente della Corte d’Appello di Milano, Giuseppe Ondei, ha parlato di un “anno giudiziario passato testimone di notevoli e aspri dibattiti sul mondo della giustizia che talvolta sono sfociati in scontri istituzionali”.

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Indipendenza a rischio

Un “clima di tensione”, un contesto che cela “il reale rischio che si vulnerino due principi costituzionali inderogabili quali l’autonomia e l’indipendenza della magistratura”. E la magistratura, ha spiegato nel discorso di inaugurazione dell’anno giudiziario, “non potrà mai tacere laddove dovessero manifestarsi evidenti intenzioni di limitarne in svariati modi il raggio d’azione”. Cita il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che “è sempre intervenuto per difendere due valori essenziali senza i quali la Giustizia sarebbe una farsa: l’autonomia e l’indipendenza della magistratura”.

Temi sollevati davanti al presidente del Senato Ignazio La Russa, al sindaco Giuseppe Sala, al presidente della Regione Attilio Fontana, all’arcivescovo Mario Delpini, alla nutrita schiera di parlamentari della maggioranza di governo radunati per la cerimonia.

Il nodo cause immigrazione

Ondei, che nella relazione batte sul problema della carenza di organico negli uffici giudiziari, non risparmia critiche sulle nuove norme con la priorità per le cause relative all’immigrazione. “Finché non si procederà a un aumento serio degli organici dei Tribunali che trattano queste materia – ha sottolineato – ogni intervento potrà avere solo caratteristica di fumo negli occhi. La sezione immigrazione e protezione internazionale del Tribunale di Milano si è confermata la più gravata d’Italia per sopravvenienze, con un incremento di oltre il 22% rispetto all’anno giudiziario precedente e di oltre il 63% rispetto a due anni fa”. Le pendenze sono oltre 10mila e “i tempi di trattazione competono ormai con quelli biblici”. La protesta dei magistrati ha ricevuto anche il sostegno della Cgil, che ha organizzato due presidi dei lavoratori della giustizia: “Chiediamo risposte serie e tempestive a problemi seri e ormai cronicizzati”.

I tempi della giustizia

Malgrado le carenze, nella sua relazione Ondei ha anche evidenziato i “risultati ampiamenti positivi” raggiunti dal distretto di Milano nel settore civile, con le “pendenze che continuano a diminuire” registrando in quattro anni “una riduzione del 32%”. E con la durata delle cause che è in media di soli “256 giorni contro i 528 giorni nazionali”.  Anche nel penale i tempi di trattazione dei procedimenti si sono ridotti e solo il 5% dei processi in appello a Milano si sono chiusi con la prescrizione.

Uffici sguarniti

La “carenza di organici” impatta soprattutto sugli uffici Gip e Gup. Rimane, si legge ancora nella relazione illustrata da Ondei, il “fenomeno anomalo della percentuale delle sentenze assolutorie pronunciate dai giudici del dibattimento” del primo grado, che è del 25%. Mentre si ricorre sempre di più ai riti abbreviati. Aumentano anche le istanze di “messa alla prova” e di conseguenza sono “in crisi le strutture addette all’elaborazione dei programmi di trattamento” per mancanza di personale. La “giustizia riparativa”, invece, non decolla e si sono registrate poche richieste, solo 23 all’ufficio gip di Milano in un anno. Anche le “sentenze pre-dibattimentali” sono state molto poche, solo il 4%. 

Il paradosso

“Non si può non segnalare che ben 90 magistrati ordinari in tirocinio hanno iniziato a lavorare a Milano nel novembre scorso e ad oggi non sono stati ancora dotati di un computer per poter lavorare con il processo civile telematico”. Lo ha spiegato il presidente della Corte d’Appello di Milano Giuseppe Ondei all’inaugurazione dell’Anno giudiziario, in un passaggio del suo discorso in cui ha parlato anche della “generalizzata situazione di ampia scopertura degli organici”, oltre che della carenza di “risorse materiali”.

Ci sono “punte” di scopertura negli organici dei magistrati del 23% in Corte d’Appello a Milano, ha chiarito Ondei, e soprattutto “disastrosa” è la “situazione” dei giudici di pace: ce ne dovrebbero essere 180 e ce ne sono solo 42. E più in generale, vista la carenza di magistrati assegnati, il problema è “sostituire il personale in maternità”. Tra il personale amministrativo c’è una “scopertura media del 35%” e negli uffici del giudice di pace arriva “al 100%”. E ancora per la carenza di personale negli uffici Unep “per eseguire uno sfratto un cittadino deve aspettare due anni e per eseguire un pignoramento” minimo “un anno”.

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Mancano i fondi per le assunzioni, ha proseguito Ondei, e a volte c’è anche il “rifiuto del poco personale assunto a venire a lavorare in Lombardia” per “l’alto costo della vita”, anche perché “a Milano vi sono costi europei con stipendi, però, italiani”.

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Il discorso di Francesca Nanni

Francesca Nanni, capo della Procura generale, nel suo discorso in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario a Milano ha lanciato l’allarme l’allarme: “Preoccupante continua ad essere la diffusione di gruppi criminali composti da giovanissimi, spesso appena maggiorenni e minorenni. Si tratta di bande fluide che si aggregano e si sciolgono alla velocità dettata dai social network. Hanno comportamenti di notevole violenza con l’unico scopo di esprimere odio”. E ha continuato: “Quanto ai delitti in materia di violenza di genere, a Milano si registra un aumento delle iscrizioni con riferimento alla violenza sessuale +15%, alla violenza sessuale di gruppo p+ 8%”. “Queste ultime – ha proseguito – sono avvenute mediante la somministrazione di benzodiazepine alle vittime, approfittando di un loro momento di distrazione, solitamente all’interno di bar, discoteche e locali di ritrovo”. Inoltre sono in lieve aumento i dati delle denunce per atti persecutori (circa il 15%) mentre “significativo” e’ l’aumento dei casi di maltrattamento (circa il 30%). 

Il presidente Fabio Roia

Dopo aver lasciato l’aula magna per protestare contro la riforma della separazione delle carriere, il presidente del Tribunale Fabio Roia spiega le ragioni: “Prima di essere un presidente sono un magistrato e un cittadino. La riforma sulla separazione delle carriere fa diventare i pm un corpo di una potenza di cui tutti i cittadini dovrebbero avere paura”. Sono usciti anche i presidenti dei tribunali di Lodi e Pavia. Quasi tutti i procuratori del distretto hanno lasciato l’aula. Il procuratore di Milano Marcello Viola è invece rimasto seduto al suo posto.

Gherardo Colombo

“Separazione delle carriere vuol dire avere due Csm. Vuol dire ostacolare la possibilità che l’organizzazione degli uffici sia fatta insieme. Vuol dire trasformare il pm in una specie di organo che tende a ottenere la condanna piuttosto che a verificare se le persone hanno o non hanno commesso un reato. Sono tutte cose che vanno contro il cittadino”. Così Gherardo Colombo, uno dei magistrati “simbolo” della stagione di Tangentopoli, boccia senza appello la riforma costituzionale che prevede la separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante.

Armando Spataro

“La Costituzione è la strada maestra, va tenuta forte, va difesa e bisogna manifestare nonostante qualcuno sostenga che i magistrati non debbano farlo, perché questa è un’invasione del potere legislativo e c’è chi dice che i magistrati non possono neppure interpretare la legge ma devono applicarla, non è così e sono felice che i magistrati milanesi abbiano reagito compattamente”. Lo ha detto Armando Spataro, ex magistrato e procuratore, dopo esser uscito con gli altri magistrati milanesi dall’aula Magna in segno di protesta conto la riforma Nordio e la separazione delle carriere. “La magistratura ha già manifestato in questa maniera negli anni passati, perché quando si mettono in campo le proposte di riforme che vanno a ledere gli equilibri che la nostra Costituzione prevede, che mettono a rischio i principi su cui la nostra democrazia si fonda, bisogna che la magistratura reagisca con dignità e coerenza. Non si può dialogare con chi mette un muro, se si dialoga bisogna prendere atto di un sentire diffuso”.

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La protesta da Nord a Sud

La protesta delle toghe è andata in scena nei 26 distretti delle Corti d’Appello, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. I magistrati, tutti con la coccarda tricolore, hanno lasciato le aule quando hanno preso la parola i rappresentanti del governo, come deliberato dal Comitato direttivo dell’Anm. A Napoli l’aula di Castel Capuano si è svuotata mentre parlava il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, con le toghe che tenevano tra le mani un pieghevole della Costituzione. A Roma lo stesso trattamento è toccato al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano. “Il dissenso è il sale della democrazia e ringrazio i magistrati per aver espresso il loro dissenso in maniera composta”, ha commentato il Guardasigilli, “ma pensare che un ex magistrato come me, che ha servito lo Stato per oltre trent’anni, possa avere l’obiettivo di umiliare la magistratura e’ ingiusto”. “E’ legittimo non condividere nulla”, gli ha fatto eco Mantovano, “ma perché rifiutare anche solo di parlarne? Perche’ uscire dai canoni della dialettica per entrare in quelli dell’alternativa ‘o tu o io’?”. Da Torino a Palermo, da Trieste a Bari, il rituale della protesta si è ripetuto da Nord a Sud.



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