differenziata bassa e tariffe record

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Catania tra rifiuti e costi record, differenziata al 36% e la tassa più alta d’Italia: un’analisi dei dati su raccolta e tariffe evidenzia le difficoltà nella gestione dei rifiuti nella città etnea e in Sicilia.

Catania, raccolta differenziata lontana dagli obiettivi

Catania continua a rimanere lontana dai risultati virtuosi registrati da alcuni Comuni siciliani in materia di gestione dei rifiuti. Secondo il dossier “Comuni Ricicloni Sicilia 2024” di Legambiente, la città etnea si ferma a un modesto 36% di raccolta differenziata, una cifra ben al di sotto dell’obiettivo del 65% fissato dalle normative europee e già raggiunto a livello nazionale nel 2022. La situazione è aggravata dall’elevata produzione di rifiuti indifferenziati, che contribuisce alla crisi delle discariche siciliane.

Accanto a Catania, anche Palermo mostra dati critici, con una percentuale di differenziata che si attesta al 16,5%, una delle più basse dell’intera regione. Questi numeri pongono in evidenza le difficoltà di gestione del ciclo dei rifiuti nei due principali capoluoghi siciliani, che insieme rappresentano un peso significativo per l’intero sistema regionale.

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Esempi virtuosi, piccoli comuni in controtendenza

Nonostante le difficoltà di Catania e Palermo, alcune realtà siciliane dimostrano che un modello alternativo di gestione è possibile. Comuni come Santa Cristina Gela, San Giuseppe Jato e Mazara del Vallo sono stati premiati come “Comuni Rifiuti Free”, grazie alla loro ridottissima produzione di rifiuti indifferenziati: rispettivamente 16, 17,4 e 49,8 chili per abitante.

Tra i capoluoghi siciliani, Ragusa si distingue con una percentuale di raccolta differenziata pari al 70,8%, pur non rientrando ancora nella categoria dei Comuni a impatto ridotto. Questi dati dimostrano come, con un’efficace organizzazione e il coinvolgimento dei cittadini, sia possibile ottenere risultati positivi. Tuttavia, il contrasto tra i risultati di questi centri e quelli delle principali città sottolinea l’urgenza di interventi strutturali e una maggiore uniformità nella gestione dei rifiuti su scala regionale.

Catania, primato negativo per i costi di gestione dei rifiuti

Se Catania non brilla per la raccolta differenziata, si distingue purtroppo come la città più costosa d’Italia per quanto riguarda la tassa sui rifiuti. Secondo il report di Cittadinanzattiva, una famiglia tipo residente nella città etnea spende in media 594 euro all’anno per la gestione dei rifiuti, una cifra ben superiore alla media nazionale di 329 euro.

Le differenze all’interno della Sicilia sono marcate: Enna si conferma il capoluogo più economico con una spesa media di 266 euro annui, mentre Caltanissetta ha registrato un significativo aumento delle tariffe (+24,1%) rispetto all’anno precedente. Questi dati rivelano una gestione disomogenea delle tariffe, che grava particolarmente sui cittadini catanesi, senza però garantire un servizio efficace o risultati soddisfacenti in termini di differenziata e riduzione dei rifiuti.

A livello nazionale, il Trentino-Alto Adige si conferma la regione più conveniente con una media di 203 euro all’anno, mentre la Puglia è la più cara con una spesa media di 426,50 euro. Tuttavia, nessuna città italiana supera Catania nel primato dei costi, consolidando così il suo record negativo.

Le sfide e il futuro della gestione dei rifiuti

La situazione di Catania riflette le sfide che molte città siciliane affrontano nella gestione dei rifiuti. Come sottolineato da Legambiente, la soluzione non può essere solo rappresentata dalla costruzione di inceneritori, ma deve concentrarsi sul potenziamento della raccolta differenziata e sul sostegno all’economia circolare. Investimenti nei Centri comunali di raccolta e nei centri del riuso potrebbero ridurre sensibilmente la produzione di rifiuti indifferenziati e limitare gli abbandoni illegali.

Accanto a queste azioni, è necessario un maggiore impegno da parte delle istituzioni per ridurre le tariffe, garantendo al contempo un servizio efficiente e rispettoso dell’ambiente. Senza interventi mirati, il divario tra i comuni virtuosi e le città in difficoltà come Catania rischia di ampliarsi ulteriormente, con pesanti ricadute economiche, sociali e ambientali.

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