Nella “fattoria degli umani” protesta contro il tecno-monopolio

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Oscuri algoritmi ci sottraggono il controllo di ciò che pensiamo, vogliamo e, talvolta, siamo. Davanti al preoccupante erodersi delle democrazie, il dilagare della sfiducia verso i governi e l’aumento dei conflitti globali, il libro di Enrico Pedemonte, La fattoria degli umani, ricostruisce la storia dei nuovi poteri che controllano il nostro presente: i social network e i loro ricchi signori. Il libro è stato presentato il 15 gennaio nella Sala Igea di Palazzo Mattei di Paganica con l’autore e i giornalisti Silvia Bencivelli e Gianni Riotta.

Utopia e disillusione

Agli albori di internet, ha raccontato Pedemonte, molti erano preda della grande illusione che si fosse davanti a straordinari vettori di democrazia. Un “luogo edenico di riscatto”, in cui l’informazione sarebbe stata alla portata di tutti in un mondo interconnesso ed egalitario, dove chiunque avrebbe potuto esprimere la propria opinione. Eppure proprio l’eccesso di libertà senza regole ha portato al crollo di quell’utopia, divenendo terra di complotti e disinformazione e il monopolio di pochi magnati interessati a essere gli unici a mantenerne il controllo. Un potere immenso, eccessivo e preoccupante.

Il monopolio degli algoritmi

“Vorrei che il potere politico si occupasse di obbligare le piattaforme a tirare fuori i dati, a rendere pubblico ciò che vi avviene. Sarebbe giusto svelare come funzionano gli algoritmi che fino a questo momento sono stati tenuti segreti”, ha affermato Pedemonte.

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“Nell’era Biden” eravamo portati a pensare che si fosse all’inizio di un processo di regolamentazione. Lina Khan, presidente della Federal Trade Commission degli Stati Uniti, aveva iniziato a mettere sotto controllo le piattaforme accusandole di monopolio per limitare gli abusi dei grandi gruppi tech”. Un’operazione coraggiosa, che si era spinta fino a fare causa a Google, nella convinzione di dover limitare gli eccessi dei monopolisti per favorire concorrenti più piccoli e talvolta più innovativi. Un lavoro certo incompatibile con l’amministrazione Trump, da cui ci si attende una netta inversione di tendenza.

La società dei social network

Dai grafici di Freedom House citati da Pedemonte emergono dati allarmanti. Secondo la Ong che si occupa di mappare democrazia, libertà politiche e diritti umani nel mondo, nel 2005 il 42% dei P aesi era democratico, nel 2019 solo circa il 20%. Dopo il 2005 salgono i livelli di polarizzazione politica e nel 2008 i giornali iniziano il loro declino in tutto il mondo. A partire dal 2008 le malattie mentali degli adolescenti aumentano e in moltissimi paesi, soprattutto nel Nord America e nel Nord Europa, cresce il tasso di suicidi tra i giovani. L’instabilità politica dilaga e le manifestazioni violente di dissenso crescono tra l’11% e il 15% all’anno. I conflitti locali armati nel mondo nel 2011 erano 32, nel 2021 arrivavano già a 53. Fenomeni che, ha sottolineato Pedemonte, molti studiosi imputano alla nuova “ecologia digitale”.

“Siamo davanti a un’epoca di grande instabilità”, ha continuato, “in cui si è costituita una società granulare. Migliaia di minoranze si chiudono in bolle impermeabili che si autosostengono e dove prevale un sentimento di forte individualismo”. In questo clima si rafforzano i partiti di destra, ha affermato, che privilegiano gli interessi dei monopolisti e sono insofferenti alle regole dello stato.

Peter Thiel, cofondatore di PayPal e finanziatore di alcune delle più importanti startup della Silicon Valley, tra cui Facebook, SpaceX e LinkedIn, nel libro del 2014 “Da zero a uno. I segreti delle startup, ovvero come si costruisce il futuro” ha spiegato questa tendenza: il capitalismo è alimentato dai monopoli ed è ostacolato dalla concorrenza. Solo l’accumulazione dei capitali permette di portare avanti i grandi investimenti che, ha detto, fanno crescere il tasso di innovazione. Un’idea che si esprime appieno in quella che Pedemonte ha definito “la cultura indipendente della Silicon Valley”, dove individui che vivono in una bolla di ricchezza e potere sono tanto convinti della propria capacità di trasformare il mondo, che ritengono di poter cambiare l’essenza stessa della specie umana.

Marc Andreessen, uno dei grandi intellettuali della Silicon Valley, nel saggio “Perché l’IA salverà il mondo” , del giugno 2023,  ha scritto: “Ogni bambino avrà un tutor basato sull’intelligenza artificiale infinitamente paziente, infinitamente comprensivo, infinitamente ben informato, infinitamente utile. Quel tutor sarà al fianco di ogni bambino in ogni fase del suo sviluppo, aiutandolo a massimizzare il suo potenziale con la versione meccanica dell’amore infinito”. Una visione che, nel pronosticare la fine dell’umana e imperfetta trasmissione della conoscenza che ha permesso lo sviluppo della civiltà, promette una perfetta e asettica privazione della libertà.

 

Giulia Maria Giuffra

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