Ci sono molte aspettative sui futuri rapporti tra il capo della chiesa cattolica, Papa Francesco, e il nuovo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump che si insedierà il prossimo 20 gennaio. I giornali del continente americano osservano che durante il primo mandato di Trump il legame tra gli Usa e il Vaticano oscillava tra un mero formalismo di cortesia a una certa indifferenza. Gli esperti americani affermano oggi che le relazioni potrebbero cambiare, ma le possibilità di trovare punti in comune tra la Casa Bianca e la Santa Sede per i prossimi quattro anni, sebbene entrambi vogliano porre fine alle guerre, sembrano distanti.
In un paese profondamente diviso, la stampa americana definisce la relazione tra Francesco e il nuovo presidente Trump come “l’olio e l’acqua”, che non si uniscono mai. Sono in disaccordo su questioni che riguardano l’immigrazione e il cambiamento climatico; un’altra linea rossa che separa Francesco da Trump è il traffico di armi. “Non è la soluzione per risolvere i conflitti”. Nel 2017 il magnate americano fu ricevuto in Vaticano da Papa Francesco dopo aver concluso il più grande affare di vendita di armi nella storia degli Stati Uniti. Per gli osservatori americani quell’incontro fu cordiale e disteso.
Ma potrebbe essere un errore soffermarsi solo sulle differenze che esistevano e che persistono tra il Papa e Trump in futuro. Perché, come ha appena ricordato il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, il presidente eletto ha dichiarato durante la campagna elettorale che vuole “porre fine alle guerre nel mondo. Speriamo che possa davvero essere un elemento di distensione e pacificazione dei conflitti che dissanguano il mondo. Ovviamente nemmeno lui ha la bacchetta magica”, ha dichiarato pensando soprattutto all’invasione russa dell’Ucraina e alla rinascita del conflitto in Medio Oriente.
“Per porre fine alle guerre ci vuole molta saggezza perché è la virtù principale dei governanti secondo la Bibbia, ci vuole molta umiltà, ci vuole molta volontà, è necessario perseguire davvero gli interessi generali dell’umanità, piuttosto che concentrarsi sugli interessi individuali.
I media americani ricordano che durante la presidenza del Tycoon, Vladimir Putin non aveva osato minimamente schierare carri armati sulle strade verso l’Ucraina. Come pure segnalano gli sforzi che fece Trump per allentare le tensioni tra le due Coree. Un asse che era stato rivendicato più di una volta dal pontefice nei discorsi al Corpo diplomatico. “Se le stelle si allineassero correttamente verso la pace, potrebbero entrambi passare alla storia come una delle “strane coppie” di tutti i tempi”.
Nel suo primo governo il presidente Trump aveva chiesto l’estensione del muro che divide il suo Paese dal Messico; il Pontefice lo rimproverò dicendo: “Non spetta ai cristiani costruire muri, ma piuttosto ponti”. Recentemente Trump ha diffuso frequenti comunicati su future “espulsioni di massa”, accolte con favore dai suoi elettori, il 20% dei quali ha indicato “questo tema come il loro problema principale”.
Il Papa inoltre è completamente in disaccordo sul capitalismo selvaggio proveniente dai settori più conservatori, compresa parte della Chiesa degli Stati Uniti. È ancora rimasto un vivo ricordo tra i colleghi americani sulla disputa iniziata dall’allora segretario di Stato americano, Mike Pompeo, che rimproverava il Vaticano di rinnegare l’accordo con la Cina sulla nomina dei vescovi, avvertendo che stava mettendo in pericolo di perdere la sua “autorità morale”.
Invece entrambi concordano sull’opporsi alla legalizzazione dell’aborto e all’instaurazione della “ideologia gender”. La Corte Suprema delineata da Trump è più che allineata con il Vaticano su un assoluto rifiuto. Manca, però, la visione umanistica che prevale nella Santa Sede riguardo all’accompagnamento delle madri che vivono questa difficile esperienza. L’aborto, ha dichiarato Francesco, è uno dei peggiori crimini, al punto che i medici che lo praticano sono stati paragonati a dei “sicari”.
I giornali americani tirano fuori, parlando dei “due giganti della terra”, un nutrito elenco di punti di contrasto e di incontro. Sovvertendo le tradizioni, ricorrono a canali insoliti per parlare delle preoccupazioni della gente comune. “Ma il populismo del papa non è una questione di popolarità – affermano i giornali – è qualcosa di cui non ha bisogno, poiché è più popolare di qualsiasi altro politico al mondo. Questo è un pontefice a cui piace avvicinarsi alla gente per far conoscere Cristo”.
Francesco viene definito, nonostante le sue precarie condizioni di salute, come un leader spirituale di straordinaria maturità; Trump viene definito, invece, come narcisista e puntiglioso. Uno vive il celibato nella semplicità e sobrietà della vita quotidiana, visitando e abbracciando disabili e malati, l’altro è un uomo che ha la fobia per i germi, è stato sposato tre volte e ha vissuto per anni in un edificio dorato. Il canale televisivo conservatore Fox News, vicino ai repubblicani, affonda, affermando che Francesco è “l’uomo pericoloso del pianeta”.
Tuttavia, i due leader di maggior successo al mondo hanno più cose in comune di quanto spesso si riconosca. Ad esempio, una straordinaria capacità di entrambi è quella di entrare in contatto con le persone superando i metodi tradizionali. Sono rafforzati dall’opposizione, anche se rispondono in modo diverso: Trump lo fa sminuendo e inveendo contro i suoi critici, Francesco non lo fa mai direttamente, ma in modo sottile e con commenti taglienti.
Mentre i confini in Europa si restringono e i movimenti autoctoni si assicurano il loro posto nelle elezioni, quelle coraggiose rivendicazioni umanitarie universali di Francesco, sostenute dall’azione, ne hanno fatto un costruttore di ponti in quest’era di costruzione di muri, anticipando l’attuale crisi politica molto prima che accadesse.
Cardinale Robert Walter McElroy (gettyimages)
Le sfide del neo porporato americano
Uno dei primi assi da tenere in considerazione per il nuovo legame che avranno Francesco e Trump è la nuova nomina del cardinale Robert Walter McElroy ad arcivescovo di Washington, che lo renderà un interlocutore chiave nei loro rapporti. La Tv americana lo definisce come uno dei migliori alleati tra i più progressisti che Francesco abbia avuto alla guida della Chiesa cattolica nella capitale. Il porporato è divenuto simbolo dei cardinali anti-armamentisti e pro-immigrazione nel loro passaggio attraverso la frontiera di San Diego. Oltre alla sensibilità politica del ruolo, McElroy assumerà anche la guida di oltre mezzo milione di cattolici nella zona di Washington DC e nel sud del Maryland, diventando il loro terzo arcivescovo dal 2018. McElroy nonostante sia stato critico durante il primo governo di Trump, recentemente ha chiarito che non intende essere antagonista dell‘amministrazione nel suo nuovo ruolo.
Citando la necessità di “creare una maggiore unità nella nostra società nella sfera politico-culturale”, il cardinale ha affermato che “tutti noi, come americani, dobbiamo sperare e pregare affinché il nostro governo abbia successo nell’aiutare a migliorare la nostra società, la nostra cultura, la nostra Nazione”. “Prego che l’amministrazione del presidente Trump e tutti i legislatori e governatori statali e locali del nostro Paese lavorino insieme per rendere la nostra nazione davvero migliore”.
McElroy compirà 71 anni a febbraio e succederà al cardinale Gregory, 77 anni, nominato successore del cardinale Donald Wuerl nel 2019, le cui dimissioni erano state accettate da Papa Francesco in seguito allo scandalo che circondava il predecessore di Wuerl, Theodore McCarrick, l’anno precedente.
Una figura polarizzante per un ruolo diplomatico chiave
Da parte di Trump la nomina di Brian Burch ad ambasciatore presso la Santa Sede è stato un segno chiaro. Burch, 40 anni, è cattolico, laureato in filosofia, sposato con Sara e padre di nove figli; è anche co-fondatore del gruppo CatholicVote. Nei suoi social ha criticato il magistero di Francesco, nonostante in un video reso virale abbia dato il benvenuto, in passato, all’elezione di un Papa latinoamericano. Gli esperti affermano che il lavoro del diplomatico americano non sarà facile, soprattutto districarsi su alcuni eventi che si terranno in Vaticano nel 2025. Temi per esempio come la richiesta di eliminazione del debito ai paesi poveri o il decennale, il prossimo maggio, della pubblicazione della Laudato Sì.
Mentre i sostenitori di Trump applaudono la nomina come una vittoria dei valori cattolici conservatori, i critici affermano che questa nomina rischia di minare lo spirito di collaborazione tra gli Stati Uniti e il Vaticano. Burch dovrà affrontare queste tensioni promuovendo e rafforzando l’unità dentro la Chiesa e al tempo stesso guardare agli interessi americani.
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