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Contornata dalle cime del gruppo del Lagorai, la Valle dei Mocheni si estende a un’altitudine compresa fra i 700 e 1500 metri ed è solcata dal fiume Fersina, affluente dell’Adige. Pur essendo poco lontana in linea d’aria da Trento, in alcuni dei villaggi della valle può capitare di sentir parlare, oltre all’italiano, una lingua che suona come il tedesco. Attenzione, però: non è il titsch dei Walser, che deriva dall’alemanno. Ed è ben diversa dal tedesco ufficiale. Si tratta di un dialetto del Bavarese, oggi parlato in quattro comuni (Roveda/Oachlait, Frassilongo/Garait, Fierozzo/Vlarotz e Palù/Palai) da circa 1397 persone (dati 2021). La lingua ci conduce a scoprire una storia avvincente, fatta di contadini a caccia di fortuna e di commercianti ambulanti Krumer – così erano chiamati – dediti a un commercio molto speciale: quello dei quadretti dipinti su vetro, di soggetto religioso.
La storia della presenza umana in questa valle inizia ben prima dell’arrivo della comunità di origine germanica. Al Passo Redebus (1455 m), che collega la Valle dei Mocheni all’altopiano di Pinè, sono stati trovati i resti di alcuni forni fusori dell’Età del Bronzo (XIII-XI sec. a.C.). Chi li aveva realizzati? «Forse popolazioni pre-retiche, anche se la valle è stata frequentata anche dai Reti», commenta Leo Toller, collaboratore culturale dell’Istituto Culturale Mocheno (BersntolerKulturinstitut in mocheno) che si trova a Palù. «Esisteva già nella preistoria un commercio continentale del rame». Lo stesso Ötzi, la cui mummia è stata trovata in Alta Val Senales, circa duemila di anni prima aveva con sé un’ascia in rame. Ai tempi di questi forni, gli umani erano in grado di portare i minerali a una temperatura elevata per separare il rame da altri metalli. A Pergine, gli archeologi hanno scoperto sul Montesei un villaggio retico, datato 400 a.C., più o meno coevo dell’ateniese Socrate.
Facciamo un salto in avanti nel tempo, fino all’anno Mille. In quel periodo, nell’attuale Baviera la popolazione aumenta, ma la terra da coltivare è sempre la stessa. Qualcuno decide di partire in direzione sud, a caccia di nuovi campi e pascoli. Questa ondata si dirige in nord e sud Tirolo, oppure a est. Intorno al 1200, alcuni discendenti di questi emigrati si spostano dal Tirolo alla Valle dei Mocheni, che all’epoca era disabitata, mentre più in basso c’erano popolazioni di lingua romanza. «Il territorio era di proprietà di feudatari o di enti religiosi, che vedono di buon occhio l’arrivo di questa gente perché avrebbe pagato loro il “livello”, ossia un prezzo d’affitto», spiega Toller. Erano contadini e allevatori, capaci di strappare ai campi delle terre alte quanto serviva loro per vivere. Anche nella Valle dei Mocheni c’erano i masi? «Sì, il maso era l’unità fondativa della comunità», continua Toller. «Il signore di Pergine attribuiva a ogni famiglia un appezzamento di terra chiamato “maso”. Ogni 19 anni l’investitura – cioè il contratto d’affitto – veniva rinnovata a chi aveva la proprietà del maso originario, o ai suoi eredi. Questa è una differenza importante fra noi e l’Alto Adige, dove c’era il “maso chiuso” cioè indivisibile, con un unico erede. Nella Valle dei Mocheni, la divisione avveniva fra gli eredi maschi». Nel tempo, questo fenomeno porta a una frammentazione delle proprietà.
Il piccolo, ma importante, commercio dei Krumer in giro per l’Europa
Nel periodo asburgico, dopo il 1848 nuove leggi cancellano le regole medievali e cedono la proprietà al titolare del maso, che non è più affittuario bensì proprietario. Ma dal Settecento la popolazione è in crescita: le proprietà sempre piccole non garantiscono più la sopravvivenza alle famiglie. Come risposta a questo bisogno, nasce il commercio ambulante. «In Boemia meridionale e in Austria superiore c’erano miniere di quarzo, usato per produrre vetro. Per integrare il reddito, le donne si dedicavano alla produzione di pitture sacre dipinte su vetro (Hinterglasmalerei, cioè l’arte di pittura inversa sul vetro, ndr)». Gli uomini della comunità mochena detti Krumer, piccoli commercianti ambulanti, si rifornivano di questi oggetti e durante l’inverno giravano a piedi le zone rurali della Boemia, dell’Ungheria e dell’Austria per venderle. Il commercio prosegue fino alla metà dell’Ottocento, poi dopo il 1860 inizia una fase di decadenza. E le pitture su vetro vengono sostituite da stoffe e mercerie». Come sia nata questa specializzazione commerciale, non si sa. Sarà stato qualche valligiano alla ricerca di qualcosa da vendere a intuire per primo la potenzialità di questa forma di arte popolare, che però non veniva proposta nelle zone di lingua italiana, per motivi di barriere commerciali e protezionismi.
Parlare un dialetto bavarese era un vantaggio per i Krumerche giravano l’Impero austroungarico? «In parte lo era. Ma una volta il problema di capirsi era meno sentito», commenta Toller. «È stato trovato in Austria un documento che racconta di 12 commercianti ambulanti indicando le lingue che parlavano. Oltre all’italiano e al tedesco, alcuni conoscevano anche il ceco e l’ungherese. Magari non benissimo, ma a sufficienza per cavarsela nelle attività commerciali». La vendita ambulante praticata dagli abitanti della Valle dei Mocheni prosegue fino alla Prima guerra mondiale, riducendosi poi alla sola zona del Sud Tirolo. Quest’avventura commerciale ha un’unica nota di rammarico: nessun esemplare di queste immagini sacre su vetro vendute dai Krumer è stato trovato nella Valle dei Mocheni. «Ne sono sopravvissute alcune nella Repubblica Ceca e in Ungheria, e ce n’è una al Castello di Buonconsiglio a Trento», racconta Toller.
Rame e argento, l’importanza delle miniere
Oltre all’attività agricola e di allevamento, unita al commercio ambulante invernale, la valle ha fondato la sua economia anche su quanto già scoperto nella preistoria: le miniere di rame, e quelle d’argento. «Dal XIV secolo in poi, nella Valle dei Mocheni sono giunti lavoratori specializzati dal Tirolo e dalla Boemia», spiega Toller. «Le miniere non offrivano minerale puro, occorrevano una o due fusioni per separarlo dalla roccia e da altri metalli, con un procedimento complesso a temperature differenti. Alcuni di questi forni fusori sono stati ritrovati, altri sono andati perduti». Era un’attività che richiedeva molto legno da bruciare e che nel tempo ha anche portato a disboscamenti. «L’attività mineraria, con la riapertura di vecchi siti e la ricerca di nuovi, è andata avanti fino al 1971, offrendo un’occasione di lavoro per la manodopera locale». Oggi la miniera Gruab va Hardimbl, sfruttata fino all’Ottocento, è visitabile durante l’estate.
Il Lago Erdemolo, la meta prediletta per un’escursione estiva
La Valle dei Mocheni oggi si propone come meta per autentici amanti della natura. Ci sono poche strutture, qualche stanza in affitto e baite d’alpeggio riattate per un turismo lento che vuole assaporare la bellezza della montagna. Un itinerario piacevole e consigliatissimo d’estate parte da Palù per raggiungere il Lago Erdemolo (2005 m). Dal parcheggio di Frotten si prende il sentiero 343 fino al Rifugio Sette Selle, dove ci si può fermare per uno spuntino, poi si imbocca il 324 che porta al lago. All’inizio dell’estate, l’azzurro delle acque dell’Erdemologioca con i colori dei rododendri fioriti. Si può ritornare al parcheggio compiendo un giro ad anello con il sentiero 325. Lunghezza totale: 10,5 km; dislivello: 867 m; tempo di percorrenza: 4ore.
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