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Negli ultimi anni, il fenomeno dei coloni israeliani e dei loro insediamenti si è esteso oltre i confini tradizionali della Cisgiordania, raggiungendo territori in Siria e Libano. Questa dinamica, alimentata da movimenti ideologici e strategie geopolitiche, sta attirando l’attenzione di analisti e osservatori internazionali per le sue implicazioni sul futuro della regione. Di seguito, un’analisi basata sulle recenti inchieste pubblicate dai coraggiosi reporter israeliani indipendenti di +972 Magazine.
Coloni israeliani anche in Siria: un’opportunità post-Assad
Dopo la caduta del regime di Bashar al-Assad, le forze israeliane si sono rapidamente mosse per occupare aree strategiche, come il versante siriano del Monte Hermon (Jabal A-Shaykh) e la zona cuscinetto tra Siria e alture del Golan. Parallelamente, gruppi di coloni israeliani hanno iniziato a pianificare insediamenti permanenti in queste aree.
Secondo +972, il movimento Nachala, noto per le sue posizioni estremiste, ha già mappato potenziali siti in Siria dove costruire nuovi insediamenti. Attraverso canali digitali come WhatsApp, i membri del gruppo condividono mappe e discutono strategie di acquisizione territoriale. La loro narrativa si basa sul concetto biblico dei “Confini di Abramo”, che include non solo il Golan ma anche ampie porzioni di territorio siriano e iracheno.
Insediamenti in Libano meridionale: il piano di Uri Tsafon
Nel Libano meridionale, il movimento Uri Tsafon (“Risvegliati, o nord”) ha iniziato a promuovere l’insediamento di famiglie israeliane con azioni concrete. Fondato nel 2024, il gruppo considera il Libano uno “Stato disfunzionale” e sostiene che la Galilea si estenda naturalmente fino al fiume Litani. Questo concetto è stato tradotto in azioni concrete, come il tentativo di stabilire un avamposto nella zona di Maroun A-Ras.
Lo scorso dicembre, sei famiglie guidate dal fondatore Amos Azaria hanno attraversato il confine libanese, piantando alberi di cedro in memoria di soldati israeliani caduti. Sebbene l’esercito israeliano li abbia successivamente fatti ritirare, l’episodio evidenzia una strategia di pressione per normalizzare la presenza israeliana in Libano.
La dottrina dei “Confini di Abramo”: religione e geopolitica
Il concetto dei “Confini di Abramo” è centrale nella retorica dei movimenti che promuovono l’espansione territoriale. Questa visione, basata su interpretazioni bibliche, immagina Israele estendersi fino al fiume Eufrate.
Durante la “Prima Conferenza del Libano” organizzata da Uri Tsafon, Hagi Ben Artzi, cognato di Benjamin Netanyahu, ha dichiarato: “Ciò che ci è stato promesso, dobbiamo conquistarlo”.
Questa ideologia è accompagnata da azioni pratiche, come la colonizzazione di territori occupati e la promozione di investimenti immobiliari da parte di israeliani in Siria. Nachala, ad esempio, ha espresso pubblicamente il desiderio di reinsediare la Striscia di Gaza e di espandersi ulteriormente in Libano e Siria.
Strategie di espansione: “Prendi tanto e prima che puoi”
I movimenti dei coloni israeliani seguono una strategia consolidata: creare fatti compiuti sul terreno per costringere il governo a riconoscere nuovi insediamenti. Questa tattica è evidente nelle dichiarazioni di Azaria, che ha spiegato: “La prima volta ci sfrattano, ce ne andiamo. La seconda volta restiamo più a lungo. Alla terza, restiamo la notte. Continueremo così finché non ci sarà un insediamento permanente”.
Gli avamposti vengono quindi stabiliti in zone strategiche, come i confini libanese e siriano, con l’obiettivo di spostare progressivamente il confine e rafforzare la presenza militare israeliana. Questa politica si inserisce in una visione più ampia che mira a ridefinire i confini stabiliti dagli accordi internazionali del secolo scorso.
Reazioni internazionali e implicazioni future
Le attività dei coloni israeliani in Libano e Siria stanno sollevando forti critiche da parte della comunità internazionale. Secondo il diritto internazionale, l’occupazione di territori al di fuori dei confini riconosciuti di Israele è illegale. Tuttavia, il sostegno politico interno a questi movimenti è in crescita, con alcuni membri della Knesset che iniziano a parlare apertamente di colonizzazione in Libano.
Questa espansione rischia di aggravare le tensioni nella regione, alimentando conflitti e destabilizzando ulteriormente un’area già fragile. Al contempo, potrebbe compromettere ulteriormente la posizione diplomatica di Israele, già sotto pressione per i massacri che continua a perpetrare a gaza e con il mandato di arresto spiccato dalla CPI nei confronti di Netanyahu, un danno d’immagine celato dai media ma ben presente invece nel resto del mondo, dall’Africa all’Asia, stanchi del doppiopesismo delle potenze coloniali occidentali.
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