La diaspora siriana in Europa tra gioia e ansia

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Questo articolo è stato pubblicato originariamente in inglese

Per i siriani in Europa, assistere alla caduta del regime di al-Assad è stato un momento euforico. L’euforia ora lascia il posto all’incertezza e all’ansia per il futuro politico del loro Paese

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Dal 2015, quasi 4,5 milioni di siriani si sono diretti verso l’Europa, in fuga da una guerra civile senza fine e da una profonda crisi umanitaria.

Molti di loro hanno assistito increduli, durante il fine settimana, all’avanzata dei ribelli guidati dal gruppo Hayat Tahrir al-Sham (Hts) attraverso il Paese, fino a conquistare la capitale Damasco.

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L’improvvisa partenza di Bashar al-Assad verso Mosca ha posto fine a una dinastia pluridecennale caratterizzata da repressioni brutali e violazioni dei diritti umani.

L’esodo siriano

“Tutta la mia famiglia stava piangendo”, ha raccontato Zahra Alhelamy. “Mio padre è entrato di corsa nella stanza gridando ‘La Siria è libera’ – pensavo stesse scherzando”.

Alhelamy, che ha 23 anni, ha lasciato la Siria quando ne aveva 11. Dopo aver viaggiato a piedi fino alla Turchia, insieme alle sorelle, al fratello e ai genitori si è imbarcata su una barca per raggiungere l’isola greca di Lesbo, una rotta pericolosa che dal 2015 ha causato la morte di migliaia di persone ogni anno.

Sono rimasti ad Atene per due anni e mezzo prima di decidere di chiedere asilo in Germania, vivendo dapprima in un campo profughi, poi trasferendosi a Berlino e infine stabilendosi in una piccola città vicino alla città di Hannover, nella Germania occidentale.

Alhelamy ha raccontato che quando la sua famiglia è arrivata in Germania si è sentita “senza speranza”.

“Non riuscivo a capire una parola ed eravamo lontani da qualsiasi città”, ha spiegato Alhelamy. Dopo aver imparato il tedesco, si è formata come assistente in uno studio medico.

Appena un giorno dopo la fuga di al-Assad, la Germania – che ha il maggior numero di rifugiati siriani in Europa, con quasi un milione di persone nel Paese – ha annunciato che avrebbe temporaneamente sospeso le richieste di asilo insieme a una serie di altri Paesi, tra cui Svezia e Grecia.

Alhelamy e la sua famiglia hanno diritto di asilo in Germania. Il ritorno in Siria, tuttavia, non sarebbe necessariamente un’opzione.

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“Non sappiamo chi sarà il prossimo presidente, non sappiamo se ci sarà un prossimo presidente. Ci abbiamo messo tanto a venire qui e non ho più un posto dove vivere in Siria: se tornassi indietro, cosa succederebbe?”.

“In Germania sono discriminata in quanto donna musulmana, ma ho iniziato a lavorare qui, vivo qui e ora è la mia seconda casa. La Siria non è ancora sicura“, ha sottolineato.

“Se non sarà una Siria democratica, non potrò tornare”.

Per Bushra Alzoubi, che vive a Parigi, la decisione dei Paesi europei di sospendere le richieste di asilo ricorda l’incertezza e l’instabilità che ha dovuto affrontare quando ha cercato di chiedere asilo in Francia.

Alzoubi, che è fuggita dalla Siria in Giordania prima di arrivare in Francia grazie a una borsa di studio accademica, ha ottenuto la protezione sussidiaria per quattro anni, decisione che ha impugnato – e vinto.

La Alzoubi racconta che il processo di richiesta di asilo è stato lungo, complicato e, a volte, “umiliante”.

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“Hai costantemente la sensazione che ti venga detto che stai mentendo e che devi dimostrare qualcosa”, ha ricordato Alzoubi.

Le persone che si occupavano delle sue richieste non sembravano avere una conoscenza sufficiente della portata della crisi umanitaria e politica in Siria per prendere una decisione che per lei era fondamentale, ha detto Alzoubi.

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All’inizio della settimana, il ministero dell’Interno francese ha dichiarato di essere al lavoro per sospendere le richieste di asilo dei cittadini siriani. Secondo l’autorità per i rifugiati Ofpra, nel 2023 la Francia ha registrato più di 4.000 richieste di asilo da parte di siriani.

“Quello che sta accadendo ora ai richiedenti asilo è che da una parte si accusano queste fazioni di essere terroristi e, dall’altra, si dice anche di voler rimandare indietro le persone”, ha detto Azoubi. “Qual è la vostra posizione? Dovete essere chiari”.

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L’Hts, che ha guidato gruppi di ribelli verso Damasco, è elencato come organizzazione terroristica in diversi Paesi occidentali. Attualmente figura nella lista delle sanzioni antiterrorismo dell’Ue come affiliato di Al-Qaeda.

Durante il periodo trascorso in Francia, Alzoubi si è impegnata duramente per imparare il francese e integrarsi, ottenendo alla fine un master in diritti umani a Sciences Po.

“Vorrei con tutto il cuore tornare in Siria e lavorare sulla Siria con gli strumenti e la consapevolezza politica che ho acquisito all’estero”, ha detto.

“Ma per tornare, sento che avrei bisogno di rassicurazioni. In questo momento, nessuno sa cosa succederà e nessuno può sapere cosa succederà”.

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“Se non sarà una Siria democratica, non potrò tornare”, ha spiegato Alzoubi.

Un altro Afghanistan

Per Mohamed Khedhr, assistere alla fuga di al-Assad è stato “come un sogno”. “Non avrei mai pensato di vederlo in vita mia”, ha detto a Euronews.

Lunedì, tuttavia, ha sentito di essere tornato alla realtà, poiché la sua provincia di Deir ez-Zor non era ancora stata liberata.

Il 38enne vive in Baviera ed è fuggito dalla Siria nove anni fa, affrontando minacce di morte per aver documentato, in qualità di giornalista e attivista, le violazioni dei diritti umani perpetrate dal regime.

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“(Rimuovere al-Assad) era uno dei tanti obiettivi”, ha spiegato. “Abbiamo fatto la rivoluzione non solo per abbattere al-Assad, ma anche perché avevamo dei sogni. Vogliamo i nostri diritti, vogliamo la democrazia”.

“Ora, quello che vedo non è quello che sognavamo”, ha lamentato Khedhr. “Voglio pensare, diamo loro tempo, ma la mia più grande paura è vedere la Siria trasformarsi in un altro Afghanistan“.

Il leader dell’Hts Ahmad al-Sharaa, precedentemente noto come Abu Mohammed al-Jolani, ha cercato di rassicurare i siriani che il gruppo non dominerà il Paese e che i regolari servizi governativi riprenderanno.

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Tuttavia, Khedhr ha detto che vedere coloro che prima sostenevano al-Assad radunarsi intorno ad al-Jolani dopo che l’Hts ha preso Damasco è stato un segnale preoccupante.

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“Non vogliamo qualcuno che idolatra se stesso. Al-Assad è caduto non per colpa di al-Jolani, ma di milioni di siriani che hanno sacrificato tutto quello che avevano”, ha detto Khadr.

“Ho fiducia in noi siriani, abbiamo pagato il prezzo più alto per questa libertà”.



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