Foggia, ecco perché il gip ha detto no all’arresto dei familiari di Natascia: «Non c’è il rischio di nuove aggressioni ai medici»

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CERIGNOLA – “Pur ricorrendo a carico dei 5 indagati i gravi indizi di colpevolezza, non ci sono esigenze cautelari”: ossia né il rischio concreto di ulteriori aggressioni, né quello di inquinamento delle prove. Per questi motivi il gip del Tribunale di Foggia Carlo Protano lo scorso 20 settembre rigettò la richiesta del pm Paola De Martino di disporre gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico per Luigi Pugliese di 54 anni, i figli Vittorio e Mario di 35 e 31 anni, il fratello Giuseppe cinquantenne; e di imporre a Tatiana Pugliese di 26 anni, (figlia, sorella e nipote dei 4 coimputati) il divieto di avvicinare le parti offese.

I 5 cerignolani sono accusati di concorso con altre persone rimaste ignote in lesioni, minacce, violenza privata ai danni di alcuni medici e chirurghi degli ospedali riuniti di Foggia la sera del 4 settembre scorso, dopo aver appreso della morte in sala operatoria di Natasha Pugliese (figlia di Luigi), ricoverata dal 18 giugno in seguito alle lesioni riportate in un incidente stradale; di danneggiamento; e d’aver opposto resistenza a un poliziotto che si frappose tra i numerosi aggressori e i chirurghi. Il 16 dicembre inizierà l’udienza preliminare in cui il gup deciderà se rinviare a giudizio i 5 imputati, difesi dall’avv. Francesco Santangelo. E’ invece ancora in corso l’indagine a carico di 20 medici e chirurghi per l’ipotesi di reato di omicidio colposo per la morte della paziente; il ventunesimo indagato per omicidio stradale è il conducente dell’auto che si scontrò con il monopattino su cui viaggiava la giovane cerignolana.

Il pm ha presentato appello al Tribunale della libertà di Bari contro il “no” del gip, chiedendo domiciliari e divieto di avvicinamento per i Pugliese. La data in cui verrà discusso in camera di consiglio dev’essere ancora fissata; l’avv. Santangelo chiederà il rigetto. Se il Riesame dovesse concordare con la tesi della Procura, il ricorso difensivo in Cassazione bloccherà l’esecutività delle misure cautelari.

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“Non è il pm a aver ripercorso con enfasi l’accaduto, come sostenuto dal gip; ma è quest’ultimo che appare minimizzare la vicenda. Per quanto quello degli indagati sia un dolore straziante” scrive il pm De Martino nell’appello al Tdl “nessuna mitigazione può essere addotta sul fronte delle esigenze cautelari. Con pervicacia gli indiziati si sono mostrati aggressivi nei confronti delle persone offese, ed è altamente probabile che attentino alla loro incolumità. C’è quindi il pericolo concreto e attuale di esplosioni incontrollate di aggressività; è ragionevole ritenere che nel prossimo futuro, in assenza di misure cautelari, producano ulteriori effetti intimidatori, aggredendo le persone offese e/o persone a loro affettivamente vicine. C’è inoltre il rischio che avvicinino chi è a conoscenza dei fatti, prospettando ritorsioni perché fornisca versioni tese a edulcorare le loro responsabilità”.

Il giudice Protano nel motivare il rigetto della richiesta del pm rimarcò sia “la contingenza particolare e l’onda dell’impeto scatenato da quel drammatico frangente”, rappresentato dalla notizia del decesso sotto i ferri di Natasha Pugliese; sia “la constatazione che, cessata quella emergenziale esplosione di rabbia, dalla sera dell’aggressione non si segnala alcuna ulteriore iniziativa e ritorsiva. L’affermazione del pm che ‘nessuno si sente sicuro sul posto di lavoro e non può escludere d’essere esposto a ulteriori minacce e pregiudizi per l’incolumità personale’, attiene all’interiorizzazione soggettiva dei timori dei sanitari coinvolti ma non si fonda su alcun dato obiettivo; tanto che lo stesso pm non può che ricorrere a un mero ragionamento ipotetico”

Il gip rimarcò inoltre che “l’iscrizione nel registro degli indagati di tutti i sanitari coinvolti” (nel decesso della paziente) “è una sopravvenienza tale da sedare e scongiurare ulteriori iniziative giustizialiste private; e il clamore mediatico del caso a livello nazionale potrà fornire quella forma di vigilanza e contenimento auspicata dal pm, in virtù dell’interesse pubblico che si è coagulato sulle persone”. Quanto all’ipotizzato pericolo di inquinamento delle prove prospettato dalla Procura, per il gip “a parte il rilievo che l’accaduto risulta pienamente documentato e illustrato, nulla induce a credere che una futura possibile occasione di contatto possa essere promossa e finalizzata a scopi di autotutela processuale”.



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