Commissione antimafia – Via D’Amelio e quelle bobine…Audizione del Dott. Augusto Lama

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Audizione del 18 dicembre 2024 del Dott. Augusto Lama, nel corso dell’inchiesta sulla strage di via D’Amelio condotta dalla Commissione antimafia, in merito all’indagine dallo stesso condotta sulle infiltrazioni mafiose nelle zone di estrazione del marmo di Massa Carrara.

  • Augusto Lama: “[…] eventuali omissioni o difformità rispetto a qualche mia precedente dichiarazione sono motivate dal fatto che ho dovuto faticosamente ricostruire le carte di questo procedimento, perché, dopo l’incidente professionale del 1992 con l’apertura di un procedimento disciplinare a mio carico, l’inchiesta che promosse l’allora Ministro di grazia e giustizia, onorevole Martelli, e le vicende che l’accompagnarono, io dovetti astenermi, come spiegherò diffusamente più avanti. Dopo la mia astensione, le carte mi furono sottratte e soprattutto non mi fu più consentito di averne alcun accesso […]ancora oggi non sono in grado di dire esattamente che fine abbia fatto questa mia indagine perché, come spiegherò meglio più avanti, questo fascicolo processuale fu trasmesso dalla procura della Repubblica di Massa Carrara a quella presso il tribunale di Lucca e poi da Lucca è andato a finire alla procura della Repubblica presso il tribunale di Roma, dove, francamente, io non ho scritto per cercare di sapere che cosa fosse successo, vuoi perché non ne ho avuto il tempo, vuoi soprattutto perché non ritenevo opportuno fare questo passo. Non penso, date le dimensioni della procura di Roma, che qualcuno avrebbe mai avuto il tempo di andare a cercare questo fascicolo […]”.

Eppure una certa stampa che guarda soltanto all’archiviazione avvenuta a Palermo nel ’92, relativamente all’indagine mafia/appalti condotta dai Ros (da alcuni ritenuta l’unica causa delle stragi di Capaci e via D’Amelio) non si pone alcuna domanda sul perché  39 bobine di intercettazioni verranno spedite alla Procura di Palermo soltanto sei anni dopo che il fascicolo principale era stato smembrato facendo il giro di tre Procure: Lucca, Firenze, Roma.

Nel novembre del 1991, ricostruisce Lama facendo riferimento all’indagine da lui condotta, “il settimanale «Epoca» pubblicava un dossier riservato o almeno stralci di un dossier riservato del ROS dell’Arma dei carabinieri inerente a una presunta mappa delle cosche mafiose e in cui fra l’altro venivano citati questi personaggi e questo mandamento mafioso, sui telefoni intercettati si notava una certa agitazione. Venivano udite almeno due conversazioni fra i dirigenti delle società relative al fatto che, dopo la suddetta pubblicazione, la leadership siciliana sulle società sarebbe stata messa in discussione e si capiva che si poteva arrivare a scoprire chi effettivamente le dirigesse”.

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Il rapporto dei Ros venne depositato il 20 febbraio 1991, privo dei nomi di politici, e portò la Procura di Palermo a chiedere, in data 25 giugno, l’arresto di sette soggetti denunciati nel rapporto e la successiva (13 luglio) archiviazione per altri.

Nell’uno, e nell’altro caso, non c’erano i nomi di quei politici le cui acquisizioni investigative risalivano a un anno prima che il rapporto venisse depositato, e che compariranno soltanto seconda informativa depositata il 5 settembre del ’92.

Ma v’è di più in quanto riferito da Lama in Commissione, e non riportato da certi organi stampa:

  • Lama: “Si fa riferimento alle mie dichiarazioni del 2000 sul discorso dell’esposto Martelli e poi sul procedimento disciplinare. Si fa poi riferimento a un altro fatto e questo chiaramente penso sia un errore di conoscenza. Il procedimento iniziato a Massa Carrara a carico di Buscemi Antonino, fu archiviato a Palermo il primo giugno 1992, subito dopo la strage di Capaci e le relative intercettazioni furono smagnetizzate. Qui chiaramente si tratta di un errore perché, come abbiamo visto, il fascicolo a Palermo non c’è mai stato, e quindi l’archiviazione riguardava il fascicolo 3589/91, quello che era stato gestito dal collega Natoli, e le smagnetizzazioni, che poi sembra non siano avvenute, riguardavano le intercettazioni che aveva disposto quell’ufficio e non quello di Massa Carrara. Come ripeto, non sono in grado di dirvi purtroppo che fine abbia fatto il mio fascicolo perché, a quanto ho saputo, è poi finito al tribunale di Roma […] Quanto alla prima cosa che mi ha chiesto – rispondendo a una domanda di Scarpinato – , so che nel gennaio-febbraio del 1993 – sono riuscito a ricostruire il documento – l’allora procuratore di Palermo, dottor Caselli, chiese la riapertura delle indagini a carico di Buscemi Antonino e degli altri. So, ma non ho la documentazione, che a seguito di questo il Buscemi Antonino fu sottoposto ad arresto e mi risulta che sia stato condannato con sentenza irrevocabile nel 1996, mentre il 2 luglio 2002, quando andò a sentenza il complesso dei rapporti con la Calcestruzzi, in cui alcuni dirigenti, non so se lo stesso Panzavolta e altri furono condannati – perché quella sentenza non sono riuscito a trovarla – il Buscemi Antonino fu dichiarato non procedibile per ne bis in idem essendo già stato condannato. Questo risulta a me, e fondamentalmente è quello che ha detto anche lei. Circa le motivazioni, quello che avevo scoperto è quello che le ho detto, cioè che c’erano queste cointeressenze societarie che secondo me apparivano estremamente sospette. Non sapevo nulla all’epoca del nascente rapporto del ROS e di quello che poi si è saputo in quegli anni e che aveva interessato anche il collega Borsellino con i rapporti difficili con il procuratore Giammanco. Queste sono tutte cose che ho saputo dopo, però a me apparivano molto sospette già all’epoca. È chiaro che se io avessi avuto ancora la titolarità del fascicolo avrei sicuramente proceduto anch’io a delle iscrizioni e avrei sicuramente approfondito le indagini prendendo contatti con il collega Natoli. Al momento, sapevo solo che il collega Natoli aveva sottoposto ad ascolto con intercettazioni telefoniche, però non avevo contezza del loro esito. Se avessi avuto ancora il fascicolo sicuramente avrei approfondito. All’epoca io mi muovevo molto, già altre volte ero andato a Palermo per prendere contatti. Credevo molto nel contatto diretto con il collega, quindi sarei andato a Palermo per collaborare. Mi rammarico quanto al fatto della trasmissione degli atti a Lucca, su cui ho già detto, formalmente corretta, ma nel momento in cui si ipotizza un 416-bis, mi è sembrata una lettura molto sminuente, molto formale e limitata agli aspetti societari della vicenda. Mi ha rammaricato molto perché penso che se tutto il fascicolo, comprese le famose bobine delle intercettazioni telefoniche, le nostre, che, non tanto, ma qualcosa avevano detto, fossero state mandate a Palermo, probabilmente non ci sarebbe stata l’archiviazione del giugno 1992”.

Se da un canto è vero – come scrive il giornalista che attribuisce solo al dossier mafia/appalti le stragi nelle quali morirono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino –  già nel 1992 la Procura di Palermo avrebbe potuto richiedere l’intero materiale proveniente dall’indagine carrarese per integrarlo nel procedimento avviato dal dossier ‘Mafia-Appalti’ – e quindi forse, ricevere le bobine che vennero poi inviate nel 1998 per il procedimento contro i Buscemi – è anche vero ciò che a detto Lama in Commissione antimafia rispondendo alla domanda “Non poteva il collega Natoli prendere contatto con lei? Un’indagine così importante poteva rimanere a livello di un puro e semplice scambio epistolare? Non sarebbe stato normale che la procura di Palermo le chiedesse maggiori chiarimenti sul punto?

  • Lama: A parte che forse andrebbe chiesto a lui, di fatto però devo stare anche io zitto, perché anche io nel novembre 1991 potevo prendere il telefono.

Stendiamo invece un velo pietoso su quello che il giornalista-mafiologo scrive a proposito di una seconda nota inviata da Massa Carrara a Paolo Borsellino e dallo stesso assegnata ai colleghi Pignatone e Lo Forte, precisando “Quest’ultimo, ricordiamolo, insieme a Scarpinato, sottoscrisse la richiesta di archiviazione del dossier “Mafia-Appalti” dove erano attenzionati anche i Buscemi”.

Ma da quando in qua un sostituto – tale era in quel momento il giudice Borsellino – assegna fascicoli d’indagine?

Nessuno ha da chiedersi oltre Palermo cosa avvenne in altre procure?

Le difficoltà di Lama nel condurre le indagini, quelle di Di Pietro, le possiamo attribuire a Palermo, o forse a ben altri livelli le indagini venivano bloccate?

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Gian J. Morici





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