Panettone, quando social e innovazione uccidono la poesia del Natale

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Premessa doverosa: quest’anno non ho acquistato e non acquisterò nessun panettone, artigianale o non. Mi sento come se ne avessi mangiati una dozzina senza, in realtà, aver addentato la benché minima fetta. Ho l’impressione di aver contratto una sorta di nausea morale nei confronti di questo dolce natalizio che fino allo scorso inverno amavo senza ritegno, tanto da aver perfino organizzato con un gruppo di amici una colletta sociale per poter acquistare tre, quattro panettoni artigianali d’altissimo livello solo per il piacere di assaggiarli in compagnia, radunati a un tavolo nelle settimane precedenti alle festività.

Il panettone come il pistacchio, la carbonara e l’avocado

Da dove nasce questa repulsione verso il “panetùn”? Semplice, dall’ennesima moda del momento dettata dai social network che, come spesso accade, sono un’ingordigia di contenuti alimentata dalla nostra fame di post, dalla nostra voglia di svago a tutti i costi. Oggi il panettone artigianale sembra aver perso parte della sua identità, travolto da un’ondata di mode alimentari che lo hanno trasformato in un simbolo da social, un dolce da esibire nei reel più che da gustare.

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Si trovano panettoni con gli ingredienti più disparati, che spaziano da sapori esotici a combinazioni improbabili 

Come accaduto nel passato recente per il pistacchio, la carbonara e l’avocado, ora tocca al panettone. Tra ottobre e dicembre, non c’è angolo del mondo gastronomico che non tenti di appropriarsi di questo prodotto: pasticcerie, caffetterie, ristoranti e persino gelaterie (ma cosa c’entra un gelataio con i grandi lievitati?) si lanciano nella produzione di panettoni artigianali. L’intento è chiaro: cavalcare l’onda del consumatore disposto a spendere cifre sempre più importanti (ormai si va raramente sotto ai 40 euro al kg) per acquistare un prodotto che non solo promette qualità, ma si presta perfettamente a un post Instagram patinato.

Il panettone non può essere banalizzato così

Questo fenomeno, se da un lato dimostra un apprezzamento crescente per l’artigianalità, dall’altro rischia di banalizzare un dolce che meriterebbe maggiore rispetto. Fare un panettone artigianale è un’arte complessa, che richiede competenze specifiche, anni di esperienza e una profonda conoscenza delle materie prime. È il risultato di un processo lungo e delicato, in cui ogni fase – dalla preparazione del lievito madre all’impasto, fino alla lievitazione e alla cottura – deve essere curata nei minimi dettagli.

 

Eppure, oggi il panettone è diventato terreno fertile per ogni tipo di sperimentazione, spesso priva di coerenza. Si trovano panettoni con gli ingredienti più disparati, che spaziano da sapori esotici a combinazioni improbabili. Il confine tra innovazione e puro marketing è sempre più sottile. A questo si aggiunge la crescita esponenziale dei produttori improvvisati che in nome dell’artigianalità sacrificano la qualità o, peggio, affidano il processo a laboratori esterni senza reale controllo sul prodotto finale. L’importante, alla fine, è vendere un panetùn. E poi, diciamocelo chiaramente: spesso si acquistano panettoni artigianali a peso d’oro che non sono assolutamente all’altezza della situazione.

Panettone, perché dovremmo preoccuparci

Il rischio più grande è che il panettone artigianale diventi una moda passeggera, svuotata del suo significato originario. Come il pistacchio – ormai onnipresente e spesso di scarsa qualità anche se per anni ci hanno detto che arrivava sempre e solo da Bronte – o l’avocado, trasformato in un simbolo di stile di vita più che in un ingrediente, il panettone potrebbe presto perdere il suo fascino. Quando un prodotto è ovunque diventa banale e il consumatore finisce per stancarsene. Anche se sulla confezione vede il volto e la firma del cuoco pluristellato.



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Un appello per la salvaguardia del panettone

Non si tratta di snobismo o di voler limitare la creatività: credo che l’innovazione abbia il suo spazio nel mondo culinario di oggi, ma deve essere sostenuta da competenza e rispetto per il prodotto. Se da un lato è positivo che le persone siano disposte a spendere per un panettone artigianale – preferendolo a un prodotto industriale – dall’altro è fondamentale che a produrlo siano artigiani capaci e consapevoli, con una conoscenza approfondita delle tecniche e delle tradizioni.

Panettone, quando social e innovazione uccidono la poesia del Natale

Il panettone artigianale va salvato dalle logiche del mercato di massa 

Salviamo il panettone artigianale dalle logiche del mercato di massa e dal desiderio di apparire sui social. Difendiamo il suo valore come simbolo di un periodo dell’anno che (per molti) è magico e affascinante, della pasticceria italiana e della maestria artigianale. Non trasformiamolo nell’ennesimo prodotto inflazionato, ma continuiamo a celebrarlo per ciò che è: un dolce straordinario, che merita rispetto e autenticità. Perché il panettone non è solo un dolce, ma un pezzo della nostra storia e della nostra cultura gastronomica. E l’anno prossimo me ne voglio mangiare almeno un paio.

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