Turetta e la condanna al risarcimento da 760mila euro. Il giurista: «Alle vittime non arriverà praticamente nulla, il sistema di tutela è da riformare»

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di
Alessio Ribaudo

Francesco Centonze, docente di diritto penale all’Università Cattolica: «In carcere il condannato potrà lavorare ma le retribuzioni sono modeste e sarà difficile che possa effettivamente rimborsare qualcosa. I Cecchettin potrebbero rivalersi in parte sullo Stato» 

Professor Francesco Centonze, Filippo Turetta condannato all’ergastolo è stato condannato anche a pagare 760 mila euro tra provvisionali e risarcimenti. Chi pagherà queste somme, dato che Turetta è un universitario?
«È stata disposta nei confronti di Turetta perché era maggiorenne nel momento in cui ha commesso il reato ed è l’unico che dovrà provvedere al pagamento. Solo nel caso di minorenni, invece, i genitori sono tenuti al risarcimento per i propri figli. I genitori di Turetta, quindi, non hanno alcun obbligo».

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Quindi, se Turetta non ha beni né stipendio, questi soldi non saranno mai versati? Come funziona il meccanismo legale in questi casi?
«Se Turetta non può provvedere personalmente è assai improbabile che quelle somme provvisionali vengano versate». 




















































E allora qual è il significato delle provvisionali? Perché vengono stabilite somme di questa entità se non c’è alcuna garanzia che saranno pagate?
«
È comunque una decisione che costituisce un titolo giudiziale per i parenti della vittima che potranno agire anche nel futuro nei confronti del condannato».

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Ma esistono strumenti concreti per garantire ai familiari delle vittime di ricevere almeno una parte di queste somme?
«
La direttiva europea 2004/80 prevede l’obbligo per gli Stati membri di assicurare un ristoro equo e adeguato alle vittime di reati violenti nel caso in cui l’autore non possieda le risorse necessarie per ottemperare a una condanna al risarcimento dei danni, oppure non possa essere identificato o perseguito. Ci sono state procedure d’infrazione contro l’Italia e, nel 2020, la Cassazione civile ha riconosciuto la legittimazione ad agire nei confronti dello Stato. In definitiva, secondo questa giurisprudenza, le vittime potranno citare in giudizio lo Stato per richiedere il pagamento di una parte dei danni subiti. Il problema, però, è che i livelli degli importi stabiliti dalla legge sono definiti in maniera fissa e soggetti alle disponibilità del Fondo specificamente istituito dallo Stato e quindi non sono adeguati rispetto ai danni subiti».

Il caso di Turetta ripropone anche una questione: i detenuti devono pagare le spese di carcerazione. Come funziona per chi, come lui, non ha reddito?
«In carcere, il condannato può svolgere attività lavorativa retribuita dalla quale vengono trattenute le spese che lo Stato sostiene per il suo mantenimento. Ci sono però da considerare le difficoltà di accesso all’attività lavorativa in carcere e la modesta retribuzione. Difficile dunque che il detenuto possa effettivamente rimborsare i costi anticipati dallo Stato».

Lo Stato ha un ruolo in queste situazioni? Per esempio, può intervenire con fondi pubblici per tutelare i familiari delle vittime?
«
Come dicevo, al momento non vi è una adeguata tutela delle vittime. Ritengo che sia integralmente da rivedere questo sistema nel nostro Paese, oggi interamente affidato al processo penale che, lo dimostra anche il caso Turetta, finisce per non offrire un ristoro effettivo».

Secondo lei, cosa si potrebbe fare per migliorare questa situazione?
«Se i condannati non possono pagare, il sistema dovrebbe prevedere una personalizzazione dell’indennizzo tenendo conto dei pregiudizi effettivamente subiti anche sotto il profilo psichico e, in generale, non patrimoniale, conformemente alle indicazioni che vengono dal legislatore Europeo e dalla Corte di Giustizia».

Per concludere, esistono precedenti in cui familiari di vittime hanno ricevuto risarcimenti significativi da persone senza patrimonio?
«
Come dicevo nel caso in cui l’autore del reato non abbia un proprio patrimonio, la vittima potrà ottenere solo un indennizzo che, per definizione, è inferiore al risarcimento. I casi, dalla pronuncia della Cassazione nel 2020, sono stati diversi». 

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3 dicembre 2024 ( modifica il 3 dicembre 2024 | 21:29)



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