Controlli di carabinieri e Asl dopo la decisione del commissario e governatore Bardi di utilizzare come risorsa il fiume. Non bastano le rassicurazioni della politica, in piazza proteste e polemiche
Due giorni fa i cittadini di Potenza sono scesi di nuovo in strada con slogan e striscioni per manifestare tutte le loro preoccupazioni. È nato anche un comitato di genitori: non vogliono che nelle mense scolastiche della città, per preparare i pasti dei loro figli, si usi l’acqua che è tornata a sgorgare dai rubinetti, quella del fiume Basento a cui ha deciso di fare ricorso per fronteggiare la drammatica emergenza idrica, l’Unità di crisi presieduta dal presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi. E adesso anche la Procura di Potenza vuole capire se l’emergenza è stata gestita nel modo corretto. È stata aperta un’inchiesta e i carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale e del Nas (Nucleo antisofisticazione e sanità) hanno acquisito documenti e campioni nelle sedi di Acquedotto lucano, Arpa Basilicata, Autorità di Bacino della Basilicata e Acque del Sud.
La stessa Procura, in una nota, precisa che i militari «unitamente a personale dell’Azienda sanitaria di Potenza, effettueranno la campionatura, per la successiva analisi chimico-fisica presso un ente terzo, delle acque immesse nella rete idrica per il consumo umano». Insomma, per capire se il rimedio è stato peggiore del male.
Per ovviare all’assenza di acqua che riguarda in particolare circa 140 mila cittadini in 29 comuni, tra cui il capoluogo, l’Unità guidata dal governatore Bardi ha deciso di far convogliare nella diga del Camastra (ormai prosciugata) l’acqua del fiume Basento che, dopo la potabilizzazione, arriva adesso con maggiore regolarità nelle case. «L’acqua che arriverà nelle nostre case – ha assicurato il governatore – sarà assolutamente potabile e sicura per il consumo umano». Una decisione che però ha suscitato subito notevoli perplessità e dubbi tra i cittadini. Tanto che la stessa Regione, sul proprio sito, ha deciso di pubblicare dieci risposte agli interrogativi più comuni che in questi giorni sono rimbalzati soprattutto sui social. Spiega ad esempio che «Acquedotto lucano prevede tre controlli al giorno, tutti i giorni, compreso la domenica», e che questa era l’unica soluzione possibile «considerando anche i tempi imposti dall’emergenza. Nessun’altra fonte può garantire lo stesso volume d’acqua».
A chi ha fatto notato che l’acqua che esce dei rubinetti a volte presente un colore non proprio cristallino, la Regione replica che «è “colpa” delle tubazioni rimaste vuote per un po’. Nelle condotte c’è sempre un biofilm, una patina che si crea sulla superficie del tubo. Quando le svuoti, questo film si stacca in parte e quando le riempi di nuovo la pellicola viene trasportata con l’acqua donando un colore marrone-rossastro».
La Regione fa anche sapere che sono allo studio possibili alternative «tra Val d’Agri e lago Pantano con indagini geologiche per scavare pozzi utili» e altri interventi che comunque sono «marginali rispetto ai 400 litri al secondo che assicura il Basento». E chiarisce anche un episodio che ha scatenato l’ira dei cittadini, un’autocisterna di acqua potabile vista entrare nel parcheggio della Regione. «È entrata per rifornire il punto di distribuzione di acqua potabile allestito dalla Protezione civile – puntualizza –, a disposizione di tutti i cittadini e, in particolare, dei residenti di Poggio Tre Galli».
Nei giorni scorsi, anche il sindaco di Potenza Vincenzo Telesca e i consiglieri di maggioranza di centrosinistra, avevano scritto una lettera aperta al commissario per l’emergenza Bardi e all’amministratore unico di Acquedotto lucano, Alfonso Andretta: «La crisi idrica in corso, determinata dall’evidente trascuratezza nella manutenzione delle infrastrutture e dalle gravi responsabilità di una gestione inefficiente evidenzia l’urgente necessità di un impegno più responsabile e incisivo». E avevano chiesto «soluzioni rapide per l’approvvigionamento idrico su tutto il territorio comunale, monitoraggio continuo sulla qualità delle acque immesse, una mappatura della rete idrica cittadina e il suo potenziamento date le perdite che raggiungono picchi del 70 per cento».
Intanto continua, accanto alla mobilitazione dei genitori, quella del «Comitato acqua pubblica Giuseppe Di Bello», intitolato a un attivista scomparso nei giorni scorsi che si era impegnato per denunciare i versamenti inquinanti nei corsi d’acqua.
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